Il 24 giugno prossimo importanti elezioni generali riguarderanno la Turchia: in quella data infatti si terranno le elezioni presidenziali (che vedranno molto probabilmente un secondo turno – fissato all’8 luglio – qualora nessun candidato raggiunga la maggioranza assoluta dei voti) e quelle legislative per il rinnovo del Parlamento (Meclis).
Diamo un quadro sintetico delle due competizioni.
Le elezioni presidenziali
Per l’elezione a Presidente della Repubblica/Capo del Governo (ricordiamo che le due cariche sono state accorpate in seguito alla revisione costituzionale approvata dal referendum dell’aprile 2017) si presentano 6 candidati:
- Recep Tayyıp Erdoğan, Presidente della Repubblica uscente, candidato dell’AKP (Adalet Kalkınma Partisi, Partito della Giustizia e dello Sviluppo) e dell’MHP (Milliyetçi Hareket Partisi, Partito di Azione Nazionale)
- Muharrem Ince, candidato del CHP (Cumhuriyet Halk Partisi, Partito Repubblicano del Popolo)
- Meral Akşener, candidata dell’IYIP (İyi Partisi, Partito del Bene)
- Selahattin Demirtaş, candidato dell’HDP (Halkların Demokratik Partisi, Partito Democratico dei Popoli)
- Temel Karamollaoğlu, candidato dell’SP (Saadet Partisi, Partito della Felicità)
- Doğu Perinçek, candidato del VP (Vatan Partisi, Partito della Patria)
Le elezioni legislative
A queste elezioni (la cui soglia per arrivare a conquistare deputati è molto alta – il 10%; lo scrutinio è del tipo proporzionale plurinominale e le circoscrizioni sono 85) partecipano:
- La Cumhur Ittifakı (Alleanza Popolare), sostenuta da AKP, MHP e dal BBP (Büyük Birlik Partisi, Partito della Grande Unità)
- La Millet Ittifakı (Alleanza della Nazione), sostenuta da CHP, YIYP, SP e DP (Demokrat Partisi, Partito Democratico)
- L’HDP
- Il BTP (Bağımsız Türkiye Partisi, Partito della Turchia Indipendente)
- L’HÜDAP (Hür Dava Partisi, Partito della Causa della Libertà)
Due aspetti particolari balzano all’occhio: il primo è la presenza di una nuova formazione – l’ İyi Partisi – nata nei mesi scorsi per impulso della Dama di Ferro (il riferimento alla Thatcher non è casuale) Meral Akşener, che fu Ministro degli Interni fra il 1996 e il 1997. Il nuovo partito, originato da una scissione interna al MHP, si contraddistingue per la sua ostilità all’AKP e la sua opzione per la “società libera” e l’apertura all’Occidente; nel suo vasto (72 pagine) documento programmatico figurano “l’immediato adeguamento agli standard dell’Unione Europea in materia di libertà” e la convinta adesione alla NATO, “una struttura politica che soddisfa le esigenze comuni di difesa dei suoi membri”, mentre non una parola viene riservata alla Russia e l’Ortadoğu (Medio Oriente) è liquidato con 17 righe di una genericità veramente insuperabile. L’İyi Partisi – accreditato in alcuni sondaggi del 5 % dei voti – si presenta alle elezioni grazie alla collaborazione del CHP, che gli ha “prestato” 15 parlamentari necessari per formare un gruppo parlamentare e poter accedere alla competizione (sarebbe infatti stato fuori tempo massimo come semplice formazione non rappresentata alla Grande Assemblea Nazionale). Certamente il ruolo del partito della Akşener è interessante, perché rappresenta il primo tentativo di colpire le forze di governo partendo “dall’interno” di queste al fine di scalzarne la credibilità: proprio per questo ha suscitato un certo interesse nei media europei e occidentali in genere.L’altra particolarità è data dalla formazione di un raggruppamento – la Millet Ittifakı – comprendente partiti diversissimi fra loro; in particolare il Saadet Partisi – movimento di ispirazione tradizionale contrario a derive occidentalistiche – rispetto agli altri tre (ma anche il Demokrat Partisi, che si richiama ad Adnan Menderes, il Primo Ministro rovesciato e condannato a morte dai militari filoNato nel 1961, ha posizioni diverse da CHP e İYİP). Questo raggruppamento eterogeneo risponde però alla concreta necessità di superare lo sbarramento del 10 % e di portare così qualche rappresentante in Parlamento; eventualità questa che riguarda soltanto Cumhur Ittifakı, Millet Ittifakı e, forse, l’HDP, il cui segretario Demirtaş come è noto si trova in carcere con la problematica accusa di fiancheggiamento del terrorismo; Demirtaş però può – giustamente – presentarsi come candidato alle presidenziali, non figurando al momento condanne a suo carico.
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