Nel trattare la recente crisi coreana, le fonti occidentali sottolineano costantemente che la Corea Popolare è un paese completamente isolato dalla cosiddetta “comunità internazionale”. Sembrerebbe inutile sottolineare che nella concezione occidentale la “comunità internazionale” è solamente la somma delle nazioni che seguono i dettami atlantisti, salvo qualche sporadica apparizione di altre realtà nazionali che, vuoi per convenienza, vuoi per particolari circostanze storico-politiche, aderiscono alle posizioni occidentali. È quindi evidente che tale concezione occidentalocentrica è parziale e partigiana e mira a presentare i paesi che non si allineano come estranei al resto della “civiltà mondiale”.

Ma basta dare una semplice occhiata all’archivio della Korean Central News Agency per rendersi conto come la RPDC mantenga stabili e costanti rapporti diplomatici, politici e economici con numerose nazioni. Naturalmente i rapporti bilaterali sono di diversa natura: ci sono paesi legati con Pyongyang da alleanze strategiche, da posizioni ideologiche similari, da rapporti di amicizia storici, da comuni interessi tecnologici, da investimenti nelle risorse del paese oppure da semplici rapporti di cortesia. Giungono a Pyongyang anche delegazioni di paesi che hanno rapporti ostili con il governo centrale, composte anche da personalità conosciute, come ad esempio il cestista statunitense Dennis Rodman o il lottatore giapponese Antonio Inoki, che ha recentemente visitato il paese con delegazioni americane e nipponiche, o come la delegazione sudcoreana che hanno reso omaggio alla salma del defunto Kim Jong-Il, con a capo Lee Hee-ho, vedova dell’ex presidente Kim Dae-jung, e Hyun Jung-Eu, vedova Hyun Jung-Eu, due personalità che si spesero per la riunificazione coreana. Esistono anche associazioni e movimenti politici che fanno diretto riferimento a Pyongyang, come il Fronte Democratico per la Riunificazione della Corea, con sede a Seul, l’associazione dei Zainichi Chongryon (Associazione Generale dei Coreani residenti in Giappone), che riunisce i coreani che vivono in Giappone che rimangono fedeli al governo socialista di Kim Jong-Un, o la Korean Friendship Association, con sezioni in numerosi paesi del mondo.

Tutti elementi che dimostrano che la Corea Popolare è tutt’altro che un paese “totalmente isolato”.

Per andare più nello specifico dei rapporti internazionali di Pyoangyang, va Innanzitutto sottolineato che la RPDC appartiene, dal 1976, al Movimento dei Non Allineati, che recentemente ha ripreso vigore, in particolare grazie all’indirizzo critico nei confronti dell’unipolarismo americano impresso dagli iraniani e dal Venezuela (vedi ad esempio l’ultimo summit di Tehran del 26 – 31 agosto 2012, con il prossimo incontro già programmato per il 2015 a Caracas). Nel summit di Tehran, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad nell’apertura dei lavori dell’incontro, propose ai partecipanti di esprimere profonde condoglianze per la scomparsa di Kim Jong-Il, deceduto il 17 dicembre precedente. Tutti i delegati dei 120 paesi presenti osservarono un minuto di raccoglimento.

Tralasciando le storiche relazioni con Russia e Cina, su cui già molto si è scritto, il paese che ha una più stretta alleanza con la Corea è la Repubblica Islamica dell’Iran. Fin dai tempi della guerra Iran-Iraq, Pyongyang svolse un ruolo di alleato strategico di Tehran, fornendo il governo degli Ayatollah di armamenti che permisero di fronteggiare l’invasione irachena. Attualmente tra i due paesi sono costanti gli scambi economici e militari e per lo sviluppo tecnologico (ad esempio la tecnologia dei missili balistici iraniani Shahab è basata sul modello del missile nordcoreano No-Dong) e nucleare. Nel 2012, nell’ambito del summit dei Paesi non allineati, i due paesi hanno siglato un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica, oltre che numerosi intese di natura economica ed energetica con la “benedizione” dell’Ayatollah Ali Khamenei: «la Repubblica Islamica dell’Iran e la RPD di Corea hanno comuni nemici e in particolare gli Stati Uniti e Israele, con questo accordo entrambi dovrebbero riuscire a resistere alle comuni minacce». Il sostegno iraniano non è venuto meno nemmeno durante questa crisi, come dimostrano le dichiarazioni del generale Massoud Jazaeri, che identificano nelle provocazioni statunitensi la causa dell’aumento delle tensioni nella penisola coreana: «tutta questa crisi dimostra che la politica guerrafondaia nordamericana vuole creare crisi in tutto il mondo, per poter intervenire militarmente e ledere la resistenza dei popoli, in questo caso contro la nazione coreana e i suoi dirigenti».

Alleato di ferro con l’Iran, è la Siria, che intrattiene anche un rapporto prioritario con i coreani, con i quali, già nel 2002 siglarono un accordo simile  quello siglato a Tehran 10 anni dopo. I tecnici di Pyongyang contribuirono alla costruzione di una centrale nucleare in Siria, vicino a Dayr az-Zawr, tanto che quando la centrale fu bombardata dagli israeliani (Operation Orchard del 6 settembre 2007) alcune ricostruzioni riportano tra le vittime anche esperti coreani (circostanza mai confermata da Pyongyang). Nell’attuale tragico periodo di tensione, sia in Siria che nella penisola coreana, i due stati hanno confermato la vicinanza anti-imperialista, anche con dichiarazioni ufficiali di stima tra i due leader.

Dopo aver parlato di Iran e Siria, diventa fondamentale discutere del ruolo del Pakistan, in questo arco di paesi che cercarono un deterrente nucleare per affrontare l’ingerenza statunitense. Già nei primi anni ’90 il governo di Pyongyang con esponenti pakistani, in particolare con quel Abdul Qadeer Khan, considerato “il padre dell’atomica islamica”. Secondo alcuni analisti, nella rete di contatti di Khan si trovava oltre a Iran, Siria e Corea Popolare, anche la Libia di Gheddafi (paese in cui lavoravano molti nord-coreani, rimpatriati con lo scoppio della rivolta antigovernativa), con la compiacenza di Pechino. Il Pakistan aprì le relazioni diplomatiche con Pyongyang nel 1970, con i buoni uffici di Pechino nel periodo di governo di Zulfikar Ali Bhutto. Un accordo di difesa tra Pakistan e Corea fu firmato nel 1990 per volontà di Benazir Bhutto, presidentessa considerata molto vicino all’Iran, che venne uccisa nel 2007 dopo il rientro in patria in un attentato. Attentato che secondo il marito e attuale presidente pakistano, Asif Ali Zardari, è stato commissariato dall’ISI, il servizio segreto pakistano, e dal governo di Musharraf, probabilmente proprio a causa di questi rapporti amichevoli nei confronti di Iran e RPDC.

Un altro paese con il quale la Corea Popolare ha un rapporto privilegiato è la Mongolia, dopo una ventina d’anni in cui le relazioni erano assenti, in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica e del passaggio alla democrazia parlamentare ad Ulaanbaatar. In particolare negli anni ’90 i rapporti tra i due paesi divennero tesi, salvo migliorare radicalmente nei primi anni 2000, quando, nel 2002, Paek Nam-Sun, allora ministro degli esteri, visitò Ulaanbaatar. Nel luglio 2007, il Presidente dell’Assemblea Popolare Suprema, Kim Yong-Nam incontrò il presidente mongolo Nambaryn Enkhbayar e firmò importanti accordi in campo sanitario, auspicando una maggiore collaborazione nei settori della scienza e della cultura. Accordi che infastidirono non poco Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti che sono interessati allo sfruttamento delle ricchissime miniere mongole. Questi accordi hanno inoltre trovato un seguito e sono moltissimi i rapporti bilaterali mongolo-coreani come ad esempio un interscambio di tecnici, studenti e sportivi. Inoltre nel novembre scorso, sempre su iniziativa mongola, si sono incontrati ad Ulaanbaatar rappresentanti diplomatici di alto livello di Giappone e RPDC per discussioni bilaterali sui rapporti tra i due paesi e sulla questione dello sviluppo del nucleare. Negli ultimi anni è riscontrabile in Mongolia un interessante dinamismo diplomatico multivettoriale con prospettiva multipolare, con il presidente Enkhbayar (esponente della sinistra nazionalista) che, ad esempio, si è posto come garante del nucleare iraniano e che ha revocato le licenze al colosso statunitense Rio Tinto  per l’estrazione in una sezione chiave dell’enorme giacimento di oro e rame Oyu Tolgoj (oro e rame) che, da solo, dovrebbe produrre un terzo del Pil mongolo.

Nell’area del sud-est asiatico i rapporti migliori sono con Cambogia, Laos e Vietnam. Con Phnom Penh la vicinanza risale agli anni ’70, anche grazie all’amicizia personale tra Kim Il-Sung e il Re Norodom Sihanouk. Ora le due nazioni puntano a stabilire un solido legale commerciale e la recente visita di delegati coreani nella capitale cambogiana ha stabilito le linee per potenziare le esportazioni tra i due paesi: Phnom Penh mette sul piatto la produzione alimentare (in particolare di riso, frumento e patate), Pyongyang offre in cambio tecnologia a basso prezzo. Inoltre una ditta coreana sta costruendo un museo altamente tecnologico sulla civiltà Khmer per un valore di circa 10 milioni di dollari nei pressi dello scavo archeologico di Angkor Wat. Con il Vietnam, oltre che la tradizionale vicinanza ideologica tra i due partiti comunisti al potere, sono in corso relazioni proficue per lo sviluppo delle tecniche agricole. Rapporti prevalentemente nel campo militare sono attivati con il Laos. Sono ormai in crisi invece i rapporti con il Myanmar, dopo la liberalizzazione del paese, in particolare dopo la visita di Hilary Clinton a Naypyidaw, nel dicembre 2011, che ordinò un blocco dei rapporti bilaterali tra la Giunta guidata da Than Shwe e il governo di Pyongyang, in particolar modo attivi nel campo dello sviluppo nucleare e dell’interscambio degli armamenti.

Non mancano gli interscambi commerciali con l’India, seppur complicati dal rapporto pakistano-coreano. Solamente nel 2010-2011 lo scambio tra Pyongyang e Nuova Delhi toccava i 572 milioni di dollari.

Legata ad una comune visione ideologica è l’amicizia con Cuba. Nel 2010 l’ambasciatore coreano ha celebrato a L’Avana il cinquantesimo anniversario delle relazioni tra i due paesi (29 agosto 1960) e ha ricordato i vincoli e le posizioni comuni dei due governi. Due anni dopo, il 16 dicembre 2012, l’ambasciatore cubano Germán Ferrás Álvarez e il ministro del commercio estero coreano Ri Ryong-Nam hanno firmato a Pyongyang un protocollo di collaborazione e sviluppo del commercio, della scienza e della tecnologia per il 2013.

Nel continente indiolatinoamericano ottimi rapporti sono intrattenuti anche con la Repubblica Bolivariana del Venezuela, fin dal 1999, anno del primo governo Chávez.

Nell’Africa nera i paesi con i quali i rapporti sono prioritari sono lo Zimbabwe e l’Eritrea, anche se intercorrono rapporti costanti con numerosi altri paesi del continente tra i quali Sud Africa, Nigeria ed Egitto. Nel 1980 il Presidente Kim Il-Sung siglò con la controparte zimbabwese, Robert Mugabe, un accordo per l’interscambio delle conoscenze militari e per l’addestramento delle truppe di Hararae, che tutt’ora è in vigore. Nei confronti dell’Eritrea, i coreani sono, con Pechino, i maggiori fornitori dell’esercito di Asmara e, assieme all’Iran, l’unico paese a non aver rispettato le sanzioni ONU del 2008 contro il governo di Isaias Afewerki. Per quanto riguarda l’Egitto, rapporti miranti allo scambio tecnologico risalgono già agli anni ’80 quando il governo di Hosni Mubarak firmò un accordo per la fornitura di armamenti. In Egitto è anche presente l’ufficio navale commerciale coreano per il Mediterraneo. Recentemente la compagnia egiziana Orascom Telecom ha creato la rete per la telefonia mobile in Corea con la compagnia Koryolink. Ma le relazioni con l’Egitto risalgono già al 1967 quando circa 30 piloti dell’Armata Popolare Coreana parteciparono alla guerra dello Yom Kippur a fianco delle armate egiziane di Gamal Abd Nasser.

Da questa breve (e sicuramente parziale) analisi delle relazioni estere di Pyongyang si evidenzia che il governo socialista non ha pregiudiziali politiche o ideologiche (fermo restando una prospettiva multipolare e, di fatto, antimperialista, definita anche nell’ideologia Juché) nei confronti di nessun possibile alleato, ma cerca supporto e amicizia tra i paesi sovrani, che possano dialogare con Pyongyang su un piano di parità (e non secondo quella la velleità occidentale di guardare gli altri paesi “dall’alto al basso”) ponendo come unica precondizione la rispettiva non ingerenza negli affari interni. Ragionare secondo questa logica dovrebbe rappresentare una pilastro fondamentale di qualsiasi politica estera di qualsiasi paese sovrano.

 

 

 

 

Fonti:

La Repubblica Islamica dell’Iran a fianco della Corea Socialista
 
Minacce nucleari: Mongolia in primo piano nei rapporti diplomatici con la Corea del Nord
 
L’Eritrea e i suoi rapporti con Cina, Iran e Corea del Nord
 
Le relazioni tra la Corea socialista e la Siria di Assad
 
North Korea Leadership Watch

 
 


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