Fonte: http://www.realclearworld.com/ 7 aprile 2010
Mentre l’influenza di Washington nel mondo e nel Medio Oriente diminuisce, i paesi del Golfo si stanno liberando dal loro tradizionale orientamento verso la dipendenza dagli Stati Uniti. La supremazia politica ed economica dell’America nella regione, che data dal dopoguerra, è minacciata a causa della propria politica estera, ma anche dalla crescita di importanza delle potenze emergenti. Nessun paese ha capitalizzato su tale mutamento più della Cina, che coerentemente con le sue azioni a livello globale, si è votata assertivamente a rafforzare i suoi legami con la regione del Golfo, in generale, e in particolare con la sua potenza economica e politica più importante, l’Arabia Saudita.
Le radici dell’alleanza Cina-Arabia Saudita
Dal punto di vista cinese, la sicurezza energetica pone al centro le relazioni bilaterali con l’Arabia Saudita, come è stato nel caso di molti delle più importanti relazioni strategiche della Cina, negli ultimi dieci anni. La Cina ha adottato una politica a più livelli, ideata per acquisire e garantire l’approvvigionamento energetico a lungo termine, diversificando le proprie fonti di petrolio e gas, impegnandosi nella ‘diplomazia energetica’ e a stabilire delle riserve di energia. Con le più grandi riserve di petrolio del mondo, l’Arabia Saudita è destinata a svolgere un ruolo importante nella politica energetica cinese.
Il Regno ha dimostrato la sua intenzione di adottare un approccio indipendente negli affari globali, più di 20 anni fa, con i colloqui tra l’ex Unione Sovietica e i ribelli afgani nel 1988. Cina e Arabia Saudita hanno firmato un memorandum d’intesa e hanno aperto uffici commerciali nei reciproci altri paesi quell’anno, che ha portato alla istituzione formale di relazioni diplomatiche bilaterali. Le loro relazioni sono cresciute costantemente da allora. Just as China has been vociferous in its pursuit of a deeper relationship with the region, Saudi Arabia has been the most assiduous in the region in cultivating a stronger relationship with China. Si è vociferato che proprio con la Cina, nella sua ricerca di un rapporto più profondo con la regione, l’Arabia Saudita è stata la più assidua, nella regione, a coltivare il rapporto più forte. Per questo motivo, l’Arabia Saudita, dall’11 settembre 2001, è stata percepita con sospetto dagli USA – già durante gli anni di Bush. La prima visita all’estero del re Abdullah, dopo l’ascesa al trono, è stata in Cina. E il presidente Hu ha compiuto due visite in Arabia Saudita, nel giro di tre anni.
L’Arabia Saudita volge lo sguardo sull’Asia con maggior fervore, negli ultimi dieci anni, riconoscendo che la sete del Giappone per il petrolio, combinata con la crescita economica e la crescente influenza sull’economia mondiale della Cina e dell’India, ha fatto sì che l’Asia sostituirà il Nord America e l’Europa come il più grande consumatore di petrolio saudita. Nel 2009, le esportazioni di petrolio saudita negli Stati Uniti è scesa a 989.000 barili al giorno – il livello più basso in 22 anni, oltre un terzo in meno rispetto al 2008. Per contro, le esportazioni di petrolio verso la Cina sono raddoppiate tra il 2008 e il 2009, a più di un milione di barili al giorno. Il Regno fornisce attualmente un quarto di tutte le importazioni di petrolio della Cina. L’importanza economica reciproca non può quindi essere esagerata.
Un aumento sostanziale delle esportazioni cinesi verso l’Arabia Saudita, si è verificata dopo il 2000, quando i prodotti cinesi sono diventato più competitivi. In conseguenza all’ascesa dei prezzi del petrolio, nella prima parte dello scorso decennio, l’appetito dell’Arabia Saudita per i prodotti cinesi è aumentato drammaticamente. Tra il 2002 e il 2004, le importazioni dalla Cina nell’Arabia saudita, sono balzate del 160 per cento – un tasso di crescita non eguagliata da nessun altro paese durante questo periodo, in termini di valore. Nel 2006, il presidente cinese Hu ha dichiarato la volontà di incrementare il commercio bilaterale tra i due paesi a 150 miliardi di rial, entro il 2010. Dal 2008, le esportazioni saudite hanno raggiunto i 116 miliardi di rial, e le importazioni dalla Cina hanno raggiunto i 40 miliardi di rial, mentre il volume di petrolio esportato dal Regno saudita in Cina, ha raggiunto i 720 mila barili al giorno.
La domanda di petrolio della Cina dovrebbe crescere di quasi un milione di barili al giorno, nel corso dei prossimi due anni, con il consumo complessivo di petrolio che è quasi raddoppiato tra il 2000 e il 2009 (a 8,5 milioni di barili al giorno). La Cina rappresenta un terzo del consumo mondiale di petrolio nel 2010. Così, mentre il consumo di petrolio della Cina è ancora solo la metà di quella degli Stati Uniti (a 18,5 milioni di barili al giorno), l’Arabia Saudita sa che è solo questione di tempo prima che la Cina ne diventi il principale consumatore. Il Regno sta riorientando la politica estera ed energetica, per adattarsi a tale eventualità.
Il Regno saudita è già un partner commerciale della Cina, nel Grande Medio Oriente, e la Cina è il quarto più grande importatore dall’Arabia Saudita e il quinto più grande esportatore, in generale. I prodotti industriali cinesi stanno sempre più sostituendo le merci occidentali nei mercati dell’Arabia saudita, cosa che influisce nell’atteggiamento saudita per quanto riguarda l’importanza relativa della Cina – e quindi dell’Occidente – nei rapporti strategici di lungo termine. Se la Cina firma un accordo di libero scambio con il GCC, l’importanza percepita della Cina in tutta la regione, crescerà.
Attualità
La verità è che molti, nel GCC, si sono stancati delle pressioni degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo, e percepiscono l’ingerenza statunitense negli affari interni. Molti Stati del Golfo trovano che i loro rapporti in evoluzione con la Cina, siano di sollievo, in quanto la Cina – che essa stessa è oggetto della percepita ingerenza statunitense negli affari interni – tende a non fare lo stesso con i suoi partner commerciali. Ma i cordiali rapporti della Cina con gli Stati del Golfo non sono privi di punti sensibili. In particolare, la repressione dei musulmani nella provincia della la Cina dello Xinjiang, hanno complicato il dialogo politico con gli Stati della regione. Gli attivisti religiosi nel Golfo, tendono a tracciare un parallelo tra Xinjiang, Gaza, e Kashmir. In ultima analisi, la forza delle relazioni economiche della regione con la Cina, dominerà le sue relazioni politiche con la Cina, e gli eventuali disaccordi sulle politiche statali, avrà il contrappeso necessario per garantire che le relazioni, regionali e bilaterali, restino cordiali e sulla strada giusta.
Presumendo che l’acquisto di petrolio resti centrale per la politica economica ed estera della Cina, non passerà molto tempo prima che la Cina porterà il suo rapporto con l’Arabia Saudita, a un altro livello. Se vorrà trasformare il proprio rapporto, da quello di un corteggiatore un po’ schivo, verso un impegno più formale. Per fare ciò, si deve scegliere tra lavorare entro i confini del paesaggio diplomatico post-Guerra Fredda, predisposto dagli Stati Uniti, o impugnare tale ordine in modo audace. Facendo questo, si potrebbe rompere il secolare predominio che gli USA e dei suoi alleati, hanno avuto sulle relazioni diplomatiche del Golfo, e consentire alla Cina di iniziare, veramente, a plasmare le sue relazioni bilaterali e regionali a propria immagine. Questa scelta può avvenire prima di quanto la Cina, o l’Occidente, possano immaginare, poiché il potere politico della Cina ha, per molti aspetti, già superato il suo potere economico – e qualche sapientone non riesce a comprenderlo. Per esempio, la Cina ha scatenato un’ondata fiscale e diplomatica, nel tentativo di proteggere le risorse economiche in Africa, per la maggiore parte del decennio.
Ma questo sarebbe una cosa che la Cina oggi cerca? Spezzando lo status quo ante e disfacendo un secolo di storia e di influenze, comporterebbe enormi sforzi in termini di persuasione, generosità fiscale, influenza commerciale e creazione di rapporti. L’Africa è stata una noce relativamente facile da rompere – molte delle nazioni africane hanno bisogno dei soldi e delle infrastrutture che la Cina ha fornito, e hanno seguito la Cina semplicemente per il fatto che, essa, ha perseguito un rapporto con loro. Ma il Golfo non ha bisogno dei soldi della Cina, o delle sue infrastrutture, e generalmente non è così facilmente accomodante in simili aperture.
Così, di cosa la Cina avrebbe bisogno di fare, per far compiere una simile impresa nel Golfo? Sarebbe necessario sostituire l’ombrello di sicurezza degli Stati Uniti, che hanno così attentamente costruito nel corso degli ultimi 60 anni. Chiaramente, questo non è qualcosa che sarà facile da realizzare – se si può fare. La Cina non è una potenza navale mondiale, anche se Pechino sta costruendo le sue capacità a tal proposito – attraverso la protezione del trasporto marittimo internazionale contro i pirati somali, proprio al largo delle coste dell’Arabia Saudita, nel Mar Rosso. Ma ha proiettato la sua potenza militare nel Golfo dagli anni ’80, attraverso la proliferazione dei missili e la vendita di armi. L’Arabia Saudita ha acquistato missili a raggio intermedio CSS-2 dalla Cina, nel 1988, sollevando sospetti, allora, circa le ambizioni nucleari del Regno saudita. La Cina rispondeva a una necessità strategica del Regno, che gli USA non avrebbero accettato di soddisfare. Gli Stati Uniti hanno continuato a commisurare il loro sostegno militare a favore del Regno, con i suoi imperativi strategici con Israele – qualcosa che la Cina non ha e non farà.
Implicazioni
Il comportamento cinese nel Golfo è dettato principalmente da due fattori potenzialmente contraddittori. Uno, Uno, la Cina ha ritrovato lo status di ‘stato-pilastro’, che favorisce un regime di stabilità. Ma questo è un po’ in contrasto con la tendenza della Cina ad aprirsi la sua strada nei rapporti che ritiene importanti, e alla sua storia di dettare le condizioni alle quali affronterà i temi ritenuti di importanza cruciale. La Cina, inoltre, sta ancora cercando il suo posto sulla scena mondiale e, a volte, gestisce goffamente le relazioni bilaterali. L’altra è la ricerca cinese per l’energia, alla luce della sua esplosione economica, il perseguimento opportunistico che può portare la Cina ad avere un’influenza destabilizzante nel Golfo. L’Arabia Saudita ha fatto capire che può aumentare le forniture di petrolio alla Cina in tempi di crisi militare, cosa che potrebbe spingere la Cina a oltrepassare la sua presenza nel Golfo, e altrove.
Per ora, l’Arabia Saudita non mancherà di tenere il piede nelle due staffe statunitense e cinese, ritenendo che i propri interessi, a lungo termine, sono ben serviti dal mantenere i vantaggi comparativi offerti da entrambe le nazioni. Detto questo, il pendolo si sta chiaramente spostando verso il campo cinese. Nel tempo, come i legami economici del Regno saudita con la Cina cresceranno più decisamente, il loro rapporto militare si espanderà. Quando potenza militare della Cina corrisponderà la sua potenza politica ed economica a livello mondiale, diventerà il più forte alleato militare dell’Arabia Saudita. Tuttavia, un potenziale ostacolo si trova nella Shanghai Cooperation Organization (SCO). Se la SCO porterà l’Iran da osservatore a stato membro, il calcolo potrebbe cambiare, con Pechino, e Mosca, che arrivano nel Golfo Persico attraverso la porta iraniana.
Nel complesso, le forti relazioni commerciali della Cina con l’Arabia Saudita, e il suo acerrimo rivale, l’Iran, sono anteriori alla guerra in Iraq, ma il nuovo panorama geo-strategico creato dall’Iraq, dall’Iran e dall’AFPAK, ha cambiato le dinamiche dei rapporti. Con l’Arabia Saudita contrariata dagli effetti della politica statunitense in Iraq, e dal silenzioso tentativo di allentare la morsa degli Stati Uniti su di esso, e con l’Iran che, desideroso di puntellare un sostegno contro una potenziale aggressione degli Stati Uniti, che premono per la questione delle sue capacità nucleari, si appresta a riempire anticipatamente il vuoto in Iraq, dopo il ritiro degli Stati Uniti, entrambi i paesi hanno interesse a coltivare i rapporti con la Cina. Allo stesso tempo, la Cina ha attivamente perseguito i suoi interessi energetici in Iraq e, in particolare, nella regione curda, con politiche che apparentemente inaspriscono il separatismo curdo. La Cina sta rapidamente diventando quella potenza regionale che Riyadh ha riconosciuto più di due decenni fa.
Daniel Wagner è un ricercatore temporaneo presso l’Istituto di Analisi Militare per il Vicino Oriente e del Golfo (INEGMA).
Theodore Karasik è Direttore per la Ricerca e lo Sviluppo dell’INEGMA.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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