Dall’incontro di Mosca fra Putin ed Erdoğan – appena concluso ma di cui solo nei prossimi giorni avremo dettagli operativi – nasce la speranza di un ristabilimento della situazione siriana e dell’intero Vicino Oriente.
L’incontro, durato 2 ore e 40 minuti, ha intanto posto le basi per una diversa e più ragionevole evoluzione della situazione. Il Presidente russo ha manifestato al collega turco le sue condoglianze per i militari caduti, precisando che nessuno – a partire dai siriani – conosceva realmente la posizione dei militari turchi, mentre obbiettivo dell’attacco erano i terroristi presenti nell’area. Erdoğan ha da parte sua confidato nel consolidamento delle relazioni turco-russe, dicendosi fiducioso che la crisi di Idlib sarà risolta proprio grazie a queste relazioni.
Siamo, come è noto, sul bordo di un nuovo conflitto, mentre la popolazione siriana dell’area di Idlib vive – come ha testimoniato, ad esempio, padre Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa e parroco di un villaggio cristiano del nordovest della Siria – “una sofferenza incredibile”.
Una commedia – o meglio una tragedia – dell’assurdo: una guerra tra Turchia e Siria non avrebbe alcun senso per Ankara e costituirebbe un disastro veramente epocale per i Turchi. Essa produrrebbe:
- la rottura delle relazioni con Russia e Iran, con conseguenze pesantissime sul piano economico/energetico;
- il rilancio di un conflitto, impossibile da vincere considerata la presenza russa e iraniana, sulle porte di casa, con centinaia di migliaia di profughi a premere sui confini o accampati in baraccopoli sparse per tutto il territorio nazionale;
- il rafforzamento dei gruppi terroristi curdi, che sarebbero a questo punto protetti e utilizzati da Damasco in funzione antiturca
- l’opposizione interna a una guerra ben poco sentita dall’opinione pubblica, anche in ragione della sua prevedibile lunga durata.
L’isolamento internazionale della Turchia sarebbe reso ancora più evidente dal permanere della chiusura dell’Unione Europea nei suoi confronti: come è già possibile osservare in questi giorni a proposito del grave problema dei migranti in fuga verso la Grecia, i toni europei verso Erdoğan permangono duri e la solidarietà verso Atene è completa.
Il Presidente della Commissione dell’Unione Europea Ursula von der Leyen, in visita ad Atene, ha esaltato la Grecia come “scudo d’Europa”, dimenticando che proprio la Commissione è stata protagonista per anni della distruzione economica e sociale di quel Paese sottoposto a rigore finanziario, lacrime e sangue.
Certo, viene comunque ricercato in prospettiva un nuovo accordo fra UE e Ankara per frenare l’invasione migratoria, ma ciò avviene per pura convenienza, senza un’effettiva apertura all’inclusione della Turchia nell’Unione.
Resta soltanto l’ipocrita, malevola solidarietà statunitense: l’inviato speciale della “coalizione anti-Isis”, James Franklin Jeffrey, ha affermato che Washington fornirà all’operazione Spring Shield munizioni, equipaggiamenti e informazioni riservate. Vale a dire: armatevi (col nostro aiuto) e partite per questa guerra che noi abbiamo voluto e continuiamo a volere.
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