Come sempre da nostro metodo, partiamo dai fatti. Scrive l’agenzia ANSA: “La sorpresa DeepSeek affonda i titoli tecnologici, dai microprocessi al comparto dell’IA, in Europa e negli Usa. L’app cinese, che ha raggiunto i vertici nei download gratuiti dell’App Store di Apple sia nel Dragone sia negli Stati Uniti, superando ChatGPT negli Usa, ha scatenato il panico dopo aver rilasciato modelli di intelligenza artificiale in grado di superare i migliori d’America nonostante siano costruiti a un costo inferiore e con chip meno potenti.”[1]. Che effetti ha avuto questo sulla Borsa statunitense? La sola Nvidia, azienda regina dei chip più avanzati destinati alle elaborazioni IA, ha perso il 17% all’indice Nasdaq nella seduta del giorno 27, bruciando 593 miliardi di dollari di capitalizzazione, un record negativo in un solo giorno nella storia della Borsa[2].
Un mondo materiale
Come mai? E quali sono le implicazioni industriali e geopolitiche? Siamo abituati a pensare, a immaginare e a raccontarci la tecnologia contemporanea sotto l’aspetto del “software”, del programma immateriale scritto nei circuiti. Già in questo caso, parlare di “immaterialità” è un azzardo: quel codice viene ideato e scritto da tecnici altamente specializzati, persone con i più avanzati studi ingegneristici, matematici, fisici ed informatici, le quali si formano nei più competitivi sistemi universitari posizionati in ben precisi ecosistemi culturali, economici e istituzionali. Non è un caso che a sfornare queste competenze siano alcuni centri geograficamente ben individuabili nel pianeta – alcune regioni della Cina urbana e costiera, alcuni agglomerati urbani statunitensi, alcune regioni d’Europa (in Italia si distinguono gli atenei di Milano, Torino, Bologna, con punte di eccellenza a Roma, Napoli e nel distretto elettronico di Catania). Stiamo quindi parlando di vere e proprie infrastrutture, assai importanti sul piano geopolitico nella competizione tra stati. Non basta: quei codici vengono ideati e scritti mediante “hardware”, supporti fisici e materiali. Parliamo di elaboratori e calcolatori a propria volta frutto di industrie elettroniche in grado di produrre memorie, unità di calcolo e processori, schede grafiche e interfacce. Tutto questo richiede a propria volta energia (molta energia), macchinari per la produzione di apparecchiature elettroniche, materie prime come gas, metalli e semimetalli rari, plastiche, laboratori e impianti specializzati, e ovviamente un apparato di sicurezza (giuridico e militare) a protezione della proprietà intellettuale. Come è facile capire, un mondo tutt’altro che immateriale.
Gli ingredienti dell’IA
Non è questa la sede per entrare nel merito del funzionamento dei protocolli e degli algoritmi di “Intelligenza Artificiale”: la locuzione stessa è controversa. I programmi di più comune uso definiti come di “IA” in realtà non sono (ancora) intelligenti. ChatGpt di OpenAI, DeepSeek, Perplexity, Copilot di Microsoft non capiscono quello che vi stanno dicendo, né sono in grado di essere creativi o induttivi[3]: producono, in frazioni di secondo, elaborazioni statistiche per costruire frasi di senso compiuto. Tali elaborazioni statistiche sono “nutrite” ed allenate da enormi masse di dati: è di nuovo facile capire che chi ha accesso alle più vaste basi di dati organizzati può al meglio allenare le proprie IA. Simili calcoli hanno bisogno di altri due “ingredienti”: chip (il “luogo” elettronico dove vengono fisicamente svolti, ci perdonino i tecnici il linguaggio volutamente semplificato) e di energia in quantità.
I fattori della competizione e i vantaggi USA…
Repubblica Popolare Cinese e Stati Uniti d’America dispongono entrambi di basi di dati enormi (e della legislazione più favorevole al loro utilizzo). La Federazione Russa difetta delle prime, l’Unione Europea si è privata della seconda, e ciò ha dato a Pechino e Washington un primo vantaggio. Cina e Stati Uniti dispongono inoltre di tutta l’energia necessaria ai calcoli ad ottimo prezzo. Il campo di competizione si è dunque spostato, negli anni, su due ambiti: gli algoritmi di calcolo e i chip. Ai cinesi e agli statunitensi non difettano ingegneri, matematici e fisici.
Parliamo del primo di questi due fattori. Come riporta il giornalista Fulvio Scaglione sul proprio canale Telegram[4], la Cina arrivò a produrre nel 2016 oltre 4 milioni e mezzo di laureati in discipline STEM (acronimo inglese di “Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica”): più di quanti non ne avessero prodotti India (circa 2 milioni e mezzo) Stati Uniti e Russia (mezzo milione ciascuno) messi insieme[5]. Sono questi esperti i produttori degli algoritmi: ma non basta. Occorre avere un’infrastruttura tecnologica ed economica all’altezza, che solo Cina e Stati Uniti possono avere, per mettere queste intelligenze al lavoro. Nessuno batte la quota di capitale privato investita dagli e negli Stati Uniti. Leggiamo cosa scrive il sito informatico Lavoce.info: “Tra il 2013 e il 2023, gli investimenti privati globali in IA sono cresciuti molto, passando da 6,01 miliardi a 85,4 miliardi di dollari. Il picco è stato raggiunto nel 2021 (132,4 miliardi di dollari), segno di un crescente interesse verso il settore. Gli Stati Uniti sono il paese che investe di più: 59,8 miliardi di dollari nel 2023, pari al 70 per cento del totale mondiale. In confronto, la Cina ha investito solo 6,9 miliardi di dollari nello stesso anno, mentre l’Unione Europea (compreso il Regno Unito) si è fermata a 9,8 miliardi di dollari.”[6] Ovviamente l’investimento privato non dice tutto (la Cina può ben compensare con quello pubblico), ma è soprattutto il secondo fattore quello che ha indotto gli Stati Uniti a credere di essere al sicuro: l’accesso ai chip migliori.
Non solo gli USA sono in grado di progettare i chip più avanzati (dei quali restringono l’esportazione per evidenti ragioni di sicurezza nazionale), ma hanno anche accesso alle fabbriche più moderne – in particolare a quelle taiwanesi della notoria azienda TSMC – e alle tecnologie produttive allo stato dell’arte, siano le macchine produttrici dell’olandese ASML o i sistemi di verifica e test prodotti dalle aziende italiane (il nostro paese è riuscito a ricavarsi una straordinaria nicchia proprio in questo ambito e produce sistemi all’avanguardia). ChatGpt dell’azienda USA OpenAI utilizza chip di ultima generazione come gli Nvidia H100, dei quali gli USA vietano l’esportazione in Cina.
… finché non arrivò DeepSeek. Perché la questione è geopolitica.
Non stupisce che l’annuncio del lancio di DeepSeek, un programma di intelligenza artificiale concorrente di ChatGpt e degli affini sistemi statunitensi, con prestazioni simili ma prodotto con chip di livello inferiore, per di più utilizzando meno energia e meno tempo, abbia letteralmente scatenato il panico nell’alta finanza a stelle e strisce, oltre a reazioni scomposte (con tanto di accuse da parte di OpenAI di violazione della proprietà intellettuale[7]). Scrive Industria Italiana: “Secondo quanto riferiscono gli sviluppatori di DeekSeek, infatti, questa IA è stata addestrata in soli due mesi su un cluster composto da Gpu Nvidia H800, delle versioni depotenziate degli acceleratori di punta di Nvidia. Una scelta non dovuta al budget, ma al fatto che gli Usa impediscono l’esportazione verso la Cina di alcune tecnologie, incluse le Gpu di Nvidia più performanti.”.[8] Vero è che il titolo Nvidia è successivamente risalito in borsa: nondimeno, stampa e imprenditoria statunitensi suonano la carica[9]. La questione è di sicurezza nazionale, la Cina è all’attacco, e che copi o meno non importa: riesce a fare quanto fanno gli Stati Uniti, forse mascherando i reali costi monetari di ogni operazione e forse copiando, ma raggiungendo più o meno gli stessi livelli con strumenti che in molti ambiti sono meno avanzati[10]. Musica per le orecchie del nuovo inquilino della Casa Bianca, che ha fatto e vuole fare di un approccio sempre più esplicitamente aggressivo la cifra della propria amministrazione. Il 22 gennaio proprio il miliardario nuovaiorchese aveva annunciato un programma da 500 miliardi sull’IA, frutto di un consorzio a nome “Stargate” che riunisce tre punte di diamante della tecnologia d’oltreoceano: SoftBank, Oracle e la stessa OpenAI[11]: credere che il debutto di DeepSeek sia avvenuto pochi giorni dopo per puro caso è molto probabilmente peccare di ingenuità.
Già in altre sedi abbiamo sostenuto che l’Intelligenza Artificiale è già oggi un’arma di guerra, parlando dei programmi israeliani (e dei loro effetti devastanti e criminali sulla martoriata Gaza). Il campo di battaglia ucraino non è esente da sperimentazioni in ambito IA – specie per le attività di “targeting” ovvero individuazione automatizzata dei bersagli – svolte da entrambi i contendenti[12]. Recente è anche l’annuncio del nuovo programma USA per la fabbrica di droni “Arsenal-1”[13] dell’azienda Anduril, un intero impianto produttivo integrato con un unico, avanzatissimo cervello informatico: si tratta proprio dell’azienda Anduril che collaborerà con OpenAi a programmi per la sicurezza nazionale[14]. L’Intelligenza Artificiale è già oggi parte della guerra non dichiarata tra Pechino e Washington, tra Washington e Mosca.
Che ruolo giocano l’Italia e l’Unione Europea?
Vastissima è la platea di applicazioni industriali e produttive delle tecnologie IA – uno dei pochi ambiti dai quali l’Europa non è esclusa, e nei quali la nostra Italia può forse dire la propria, grazie agli studi e alle applicazioni dei colossi di Stato (come Leonardo ed ENEL) e di start-up come iGenius dell’italo-albanese Uljan Sharka[15]. L’ENEL dispone del supercalcolatore Hpc6, mentre presso il tecnopolo di Bologna è stato installato il supercomputer Leonardo (da non confondersi con l’omonima azienda), uno degli otto supercomputer della rete di calcolo europea ad alte prestazioni EuroHPC[16]. Non siamo quindi totalmente esclusi né dalle filiere dell’industria elettronica più avanzata (nonostante la crisi in cui versa STMicroelectronics, dovuta all’eccessiva esposizione dell’azienda sul moribondo mercato automobilistico) né da quelle delle capacità di calcolo e quindi dell’IA. Il problema dell’Italia e dell’Europa è, in questo settore come in altri, da individuarsi nell’assenza di economie di scala (il che porta i capitali europei a prendere la via di Wall Street) e nell’incompetenza del legislatore comunitario – che strozza opportunità di sviluppo con l’eccessiva regolamentazione. La partita delle IA generative per il vasto pubblico potrebbe essere già persa: potremmo contribuire a giocare quella delle applicazioni per l’industria manifatturiera, a patto di mantenere una base industriale e a patto di valorizzare i “raccoglitori di dati” europei: penso, fra tutti, al principale operatore continentale del software, la tedesca SAP, la quale produce il programma di organizzazione aziendale più usato dalle aziende europee (quindi con un grandissimo bacino potenziale di raccolta dati sulla vita produttiva delle nostre realtà economiche).
NOTE
[1] Redazione ANSA, DeepSeek affonda i titoli di microchip ed IA. Nasdaq -3,5%. A picco Nvidia (-13%), www.ansa.it, 27 gennaio 2025
[2] Redazione ANSA Teleborsa, Nvidia brucia 593 miliardi di dollari di market cap dopo l’avvento di DeepSeek, https://teleborsa.ansa.it/, 28 gennaio 2025
[3] Simili programmi sono allo studio proprio mentre scriviamo. Lasciamo agli esperti di etica e filosofia della tecnica le doverose riflessioni sull’inquietante futuro che queste applicazioni potranno dischiudere. Ad oggi, le cosiddette “intelligenze artificiali” sono dei superelaboratori di dati.
[4] https://t.me/letteradamosca/25149
[5] Con La Repubblica Islamica dell’Iran al quinto posto, l’Indonesia al sesto e il Giappone al settimo, tutti sotto il mezzo milione annuo.
[6] Redazione https://lavoce.info/, rubrica “La parola ai grafici”, riportando dati dell’Università di Stanford pubblicati nello studio Artificial Intelligence Index Report 2024 reperibile al link HAI_AI-Index-Report-2024.pdf
[7] Redazione Industria Italiana, Secondo OpenAI, DeepSeek sta barando. Altro che modello superefficiente: hanno “distillato” ChatGpt, www.industriaitaliana.it, 29 gennaio 2025
[8] Ibid.
[9] Gregoy J. Moore, DeepSeek: What We Know And What We Don’t Know, https://nationalinterest.org/, 28 gennaio 2025.
[10] Redazione Industria Italiana, Arriva DeepSeek, l’IA cinese che minaccia la supremazia Usa, www.industriaitaliana.it 27 Gennaio 2025
[11] Redazione ANSA, Trump lancia Stargate, 500 miliardi di investimenti nell’IA, 22 gennaio 2025, www.ansa.it
[12] Per approfondire, rimandiamo alla fondamentale opera del Colonnello John Antal, Next War: Reimagining How We Fight, Casemate, 2023.
[13] Gabriele Molinelli, Anduril sceglie l’Ohio come sede per Arsenal-1, la sua nuova megafabbrica high-tech, www.rid.it, 22 gennaio 2025.
[14] Chiara Rossi, Cosa farà OpenAI con la startup militare Anduril per il Pentagono, www.startmag.it, 5 dicembre 2024
[15] Fondamentale nella competizione tecnologica è non solo formare talenti in casa, inclusi quelli di seconde generazioni di immigrati in cerca di ascesa sociale, ma anche attirare e sottrarre quelli stranieri.
[16] Marco De’Francesco, Lo scacchiere mondiale (e italiano) dell’intelligenza artificiale generativa dopo DeepSeek e Stargate, www.industriaitaliana.it, 29 gennaio 2025.
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