Il recente meeting turco-siriano svoltosi a Damasco sul finire di Dicembre e dell’anno allo scopo di fare il punto sui recenti sviluppi nella cooperazione tra i due stati ha un importante significato simbolico (oltre che pragmatico), poiché il tema principale dell’incontro è stato la cooperazione militare, tema che da anni, irrisolto, manteneva ostili le relazioni tra Siria e Turchia.
In particolare, la Siria era accusata di ospitare sul proprio territorio gli addestramenti del PKK, il partito comunista curdo. L’ormai consolidata cooperazione militare turco-siriana – di cui il meeting di Damasco rappresenta una sorta di “punto della situazione e degli sviluppi futuri” – segna, quindi, un radicale cambio di rotta da parte della Siria, che abbandona il sostegno al PKK e compie la sua scelta a favore della Turchia.
Il recente meeting non fa, quindi, altro che consolidare questa ormai stabile alleanza, e si carica di forte valore simbolico per l’importanza che l’argomento militare ricopre storicamente nelle relazioni tra i due paesi. Addirittura, si parla di addestramenti militari congiunti, e cioè la Siria è disposta a condividere con la Turchia le sue risorse.
Gli ultimi anni hanno, dunque, visto un miglioramento nei rapporti tra Siria e Turchia, ma in passato le relazioni tra i due stati sono state molto tese – addirittura al limite di una guerra nel 1998 – a causa di una serie di questioni rimaste per molto tempo irrisolte.
Vediamo quali sono queste questioni e in che modo i due paesi hanno lavorato per arrivare agli accordi che hanno generato l’attuale stato di cooperazione.
Background storico
I rapporti tra Siria e Turchia hanno iniziato a degenerare dalla caduta dell’impero ottomano, sentendo la Siria il bisogno di emanciparsi dal giogo turco, soprattutto sotto la spinta dei movimenti nazionalisti arabi. I due paesi si sono, poi, ulteriormente allontanati durante la guerra fredda, con la Siria simpatizzante del blocco sovietico e la Turchia alleata degli USA, fino a raggiungere il culmine della tensione nel 1957, con la minaccia dell’invasione turca in Siria, giustificata dalla paura che la Siria diventasse uno stato satellite sovietico.
Sullo sfondo di questa “guerra fredda” turco-siriana si inseriscono, quindi, le questioni che hanno fatto peggiorare delle relazioni bilaterali già molto delicate, e che principalmente sono il sostegno siriano al PKK, la questione della regione di Hatay e la questione delle acque del Tigri e dell’Eufrate.
Il sostegno al PKK
Per quanto riguarda la questione curda, il problema del separatismo e della richiesta di autonomia da parte della popolazione curda non è solo turco, ma è argomento comune a Turchia, Siria, Iran e Iraq. In tutti questi paesi la popolazione curda ha subito persecuzioni e violazioni di diritti, più o meno consistenti, da quando – dopo la caduta dell’impero ottomano – ai Curdi e’ stato negato uno stato indipendente. La Siria non fa eccezione, e già ben prima della costituzione del PKK in Turchia, in Siria si erano verificati episodi di Curdi-siriani a cui era stata tolta la cittadinanza.
Le politiche dei due paesi (ma anche di Iraq e Iran) nei confronti del problema curdo sono, quindi, molto simili: in entrambi i casi i Curdi rappresentano una minoranza che si tenta di assimilare nella cultura maggioritaria per evitare slanci separatisti.
Fatte queste premesse, è dunque chiaro che l’appoggio della Siria al PKK negli anni ’80 – gli anni più aspri del conflitto tra lo stato turco e i separatisti curdi – non è stato assolutamente fondato su motivazioni idealistiche o di aderenza alla causa curda, che anzi veniva soffocata allo stesso modo all’interno dei confini nazionali, ma aveva il puro e semplice scopo di indebolire lo stato turco, storico nemico della Siria, che si trovava in quel momento a impegnare ingenti risorse militari nella zona sud-est del paese (cioè la zona che corrisponde all’area curda). Stessa logica, d’altronde, è stata usata anche dall’Iraq durante la guerra tra Iran e Iraq: il sostegno della guerriglia curda nel nord Iran aveva lo scopo di impegnare risorse militari iraniane al confine nord e indebolire l’esercito impegnato a combattere le truppe irachene.
La questione del sostegno di uno dei quattro governi alle richieste curde fu in quel momento comunque di fondamentale importanza per l’equilibrio della regione, in quanto le minoranze curde dei quattro paesi venivano influenzate nelle loro richieste e azioni da quanto accadeva alle minoranze negli altri stati.
Il sostegno siriano al PKK, di fatto, si distingueva in due direzioni: da una parte le forze militari del PKK venivano ospitate in campi di addestramento situati sul territorio siriano, mentre dall’altra veniva offerta protezione politica al leader del PKK, Abdullah Öcalan, che e’ rimasto sul territorio siriano dal 1980 al 1998.
La situazione di crescente tensione si è, infine, risolta nell’autunno 1998: in seguito alla minaccia di una dichiarazione di guerra da parte turca, la Siria si e’ decisa a firmare gli Accordi di Adana, in base ai quali riconosceva il PKK come organizzazione terroristica e di conseguenza rinunciava al suo supporto, ma soprattutto intimava a Öcalan di uscire dal paese. A partire dagli Accordi di Adana, le relazioni tra i due paesi sono andate costantemente migliorando, poiché la questione curda rappresentava il più importante motivo di scontro tra le parti. Con Adana, la Siria si è schierata a favore della Turchia nella guerra contro i Curdi, e, da un’iniziale posizione neutrale, è diventata addirittura un partner turco nella cooperazione militare.
La regione di Hatay
Più antico della questione curda – ma comunque ancora attuale – è il dissenso sull’appartenenza della regione dell’Hatay (situata al sud della Turchia, lungo il confine siriano) alla Turchia piuttosto che alla Siria. Il referendum tenutosi nel 1939, e in base al quale la provincia di Hatay ha scelto di diventare parte della Turchia, non è, infatti, mai stato riconosciuto dalla Siria, che continua a includere l’Hatay come parte del suo territorio nelle cartine geografiche.
Con il miglioramento delle relazioni tra i due paesi – soprattutto in seguito agli Accordi di Adana –, però, la questione è diventata di minore importanza, e sono stati stipulati accordi che facilitano molto il passaggio di cittadini da un paese all’altro, fino alla cancellazione totale dell’obbligo di visto, politica, quest’ultima, che rientra nel tentativo del governo Erdoğan di avvicinarsi agli altri stati medio orientali tramite cooperazioni politiche ed economiche.
Dispute sulle acque dei fiumi Tigri ed Eufrate
Altra questione aperta tra Siria e Turchia è rappresentata dall’utilizzo delle acque dei fiumi Tigri e, soprattutto, Eufrate. Al centro della polemica si colloca la definizione dell’Eufrate: mentre la Siria sostiene essere un fiume internazionale (e quindi reclama gli stessi diritti sulle acque del fiume della Turchia, paese in cui l’Eufrate origina), la Turchia sostiene che, scorrendo il fiume sul suo territorio nazionale, essa non deve chiedere nessun permesso per quanto riguarda l’utilizzo delle acque del fiume.
Particolari tensioni sono nate, quindi, intorno al progetto di dighe GAP (Progetto del Sud Est dell’Anatolia), lanciato negli anni ’70, in base al quale le acque del Tigri e dell’Eufrate dovrebbero servire per produrre energia idroelettrica e per l’irrigazione di una delle zone più sottosviluppate della Turchia. Il progetto si è rivestito, poi, negli anni ’80, di un forte valore simbolico, poiché il governo turco investiva sull’occupazione delle popolazioni locali nel progetto GAP per ottenere una sorta di pacificazione tra la popolazione curda e lo stato turco, che diventava così datore di lavoro in un’area fortemente sottosviluppata e si poneva in buona luce sia, presentandosi come un potere forte in una zona in cui stava perdendo credibilità e appoggio.
In particolare, Siria e Iraq si sono fortemente opposti alla costruzione della diga Atatürk, che avrebbe raccolto una grande quantità d’acqua per l’irrigazione delle terre del sud-est turco, e sono riusciti ad ottenere, in questa opposizione, l’appoggio degli altri stati arabi, in un momento in cui la Turchia era un forte alleato statunitense.
La questione della gestione delle acque tra Turchia e Siria si è, poi, legata alla questione del PKK, risultando in un gioco di forza tra i due paesi che usavano, rispettivamente la carta del sostegno al PKK e la carta del’uso delle acque dei fiumi Tigri ed Eufrate per minacciarsi a vicenda, causando un continuo crescendo di tensioni nella regione.
Il problema dell’utilizzo delle acque non è stato ancora totalmente risolto, ma, anche in una zona arida come e’ il Medio Oriente, e’ stato verificato che, cadendo gli altri motivi di tensione e inimicizia tra Siria e Turchia, anche le questioni idriche sono state ridimensionate nelle relazioni bilaterali tra i paesi.
Perché adesso il riavvicinamento di Siria e Turchia
Le relazioni tra Siria e Turchia sono, dunque, notevolmente migliorate negli ultimi dieci anni, e questo e’ dato sia da fattori locali (come, ad esempio, i Patti di Adana, cioè accordi bilaterali stipulati per risolvere un problema concreto), sia, soprattutto, dal cambiamento degli equilibri nell’arena regionale e mondiale.
La prima e maggiore influenza è da attribuirsi alla fine della guerra fredda e il crollo del blocco sovietico, a causa del quale la Siria si è improvvisamente ritrovata più debole e isolata a livello internazionale, con l’accusa statunitense di essere paese facente parte dell’asse del male. In questa posizione di isolamento, ha cercato in Medio Oriente degli alleati forti e li ha trovati in Iran e Turchia.
La Turchia, a sua volta, si è – con le politiche del governo filo islamico di Erdogan – voltata al Medio Oriente per cercare sia nuove alleanze che nuovi sbocchi commerciali per la sua economia in continua crescita. Il rifiuto, nel 2003, di lasciar passare truppe americane sul suolo turco durante la guerra contro l’Iraq ha rappresentato una presa di posizione molto importante per quanto riguarda le relazioni turco-siriane – già in miglioramento – in quanto la dimostrazione turca di non essere un paese burattino degli Stati Uniti ha notevolmente avvicinato il paese alla Siria.
Sullo sfondo di questi cambiamenti generali, i due paesi hanno stipulato numerosi accordi di natura economica, hanno abolito reciprocamente i visti d’ingresso e, come dimostra il recente meeting, continuano sulla strada della cooperazione militare.
*Erica Aiazzi è studente in Storia e Politica Internazionale (Università di Pavia)
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