I recenti rapporti pubblicati dall’UNODC (l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga ed il crimine) rivelano come l’Africa Occidentale sia, ad oggi, l’imprescindibile rotta di transito dei traffici di cocaina dall’America Latina verso l’Europa.
Se tra il 1998 ed il 2003 i sequestri annuali di cocaina per l’intero continente ammontavano in media a 0,6 tonnellate e i trafficanti dell’Africa Occidentale erano dediti soprattutto ad attività di import e marketing della droga verso l’Europa su piccola scala, a partire dal 2004 si è registrato un esponenziale aumento dell’importanza della regione – una tra le più povere ed instabili del pianeta [1] – come area cruciale di transito e di stoccaggio della cocaina. Dal 2004 le confische totali cominciarono, infatti, a superare le 2,5 tonnellate, nel 2006 si stima toccassero quota 2,8 tonnellate, mentre durante i primi sei mesi del 2007 si è raggiunta la cifra record di 5,7 tonnellate, il 99% delle quali requisite proprio nei paesi dell’Africa Occidentale. La parziale riduzione dei traffici documentata nel 2008, attribuibile ad una maggiore consapevolezza ed attenzione internazionali in merito al problema, non pare abbia, tuttavia, indebolito il business della cocaina. In effetti, esso, che rappresenta, in alcuni casi, un valore che supera addirittura il PIL degli stessi Stati, continua a destabilizzare l’area e ha presumibilmente iniziato a crescere nuovamente nel 2009, sia in volume che in efficienza dei mezzi di trasporto.
Entrata, dunque, nella mappa del finanziamento del crimine mondiale e sostanzialmente bersagliata dalle mafie internazionali dedite al contrabbando di armi, droghe, sigarette, esseri umani, rifiuti tossici, medicinali contraffatti e risorse naturali, l’Africa Occidentale pare garantire sul proprio territorio un traffico annuale di cocaina commisurabile in circa 50/60 tonnellate e stimato in entità prossime al miliardo di dollari.
Perchè l’Africa Occidentale?
Le ragioni che rendono l’Africa occidentale la piattaforma ideale per il traffico e lo stoccaggio di cocaina proveniente dall’America Latina e diretta verso l’Europa, dove la domanda dell’”oro bianco” si fa sempre più pressante, sono riconducibili a tre fattori.
Innanzitutto, il successo delle operazioni di sequestro sull’Atlantico e lungo le coste europee (Spagna e Paesi Bassi in testa), l’inasprimento delle misure di carattere finanziario introdotte dall’amministrazione Bush dopo l’11 settembre e il declino del mercato nordamericano resero necessari, per i trafficanti, la sperimentazione di nuove rotte, più sicure e vantaggiose, ed un inevitabile spostamento del centro di gravità del mercato globale di sostanze stupefacenti.
In secondo luogo, l’Africa Occidentale gode di una posizione geografica e strategica che permette ai narcos di ridurre i rischi e massimizzare i profitti. I carichi inviati verso l’Africa, infatti, attraversano il decimo grado di latitudine nord, dove minore è la distanza dai paesi latinoamericani, e, poiché solo residualmente sospettati di contenere la cocaina, hanno una maggiore possibilità di sfuggire ai controlli, garantendo un trasporto rapido e più efficiente. Porto sicuro di collegamento tra le organizzazioni criminali sudamericane ed europee, la regione è, insomma, diventata testa di ponte dei cartelli dei narcotrafficanti, i quali operano in Paesi deboli o in crisi, quindi più facilmente permeabili all’illegalità e incapaci di arginare un problema diffuso così capillarmente.
Infine, ciò che prepotentemente alimenta il fenomeno è la corruzione e la palese debolezza delle strutture di controllo e di polizia. Il valore del traffico di cocaina è, come accennato, enorme rispetto a quello delle deboli economie locali e questo permette ai narcos di insinuarsi, con notevole facilità e senza diffuso ricorso alla violenza grazie ai colossali mezzi di cui dispongono, ai livelli più alti della compagine governativa e militare, da cui ottengono evidenti complicità [2]. Questo evidenzia la drammatica vulnerabilità degli Stati africani rispetto alla criminalità organizzata e i rischi in termini di governabilità e stabilità regionale inevitabilmente intrinseci. Inoltre, l’indigenza finanziaria e materiale in cui versano le forze di polizia rende sterile l’attività di contrasto al crimine internazionale. Paradigmatico è il fatto che i sequestri realizzati dalle autorità locali sono decisamente esigui se comparati con quelli effettuati dalle marine europee al largo delle coste africane: se, ad esempio, nel 2006 i paesi africani confiscarono complessivamente 2,8 tonnellate di cocaina, la marina spagnola ne totalizzò ben 9,8. Le statistiche di molti paesi della regione sui sequestri, dunque, lungi dall’essere rappresentative dell’ampiezza reale del traffico, attestano piuttosto le deficienze delle agenzie di vigilanza e la mancanza di mezzi adeguati.
Gli Attori Coinvolti
Il business del narcotraffico testimonia l’esistenza di una grande rete di complicità a vari livelli e, in quanto anello fondamentale nelle maglie del finanziamento delle organizzazioni criminali internazionali, è indice di uno stretto legame tra droghe, crimine e terrorismo.
Le gang di narcos hanno basi prevalentemente in Sud America. Secondo un rapporto della NATO, oggi sono soprattutto i colombiani a dominare i traffici: la Colombia produce, infatti, da sola, più della metà della cocaina mondiale e da essa, nel 2007, proveniva circa il 40% dei trafficanti stranieri arrestati in Spagna (prima tappa dell’ingresso della droga in Europa). I narcotrafficanti, proprietari di aerei, navi, sommergibili, armi avanzate ed esorbitanti quantità di denaro, si appoggiano a prestanome, prevalentemente colombiani, venezuelani e messicani, che aprono società di copertura, acquistano i mezzi per il trasporto della cocaina [3] e poi si occupano del trasferimento dei soldi riciclati. Una volta giunti in Africa Occidentale, i carichi di droga vengono trasferiti e distribuiti da collaboratori locali, che svolgono un ruolo dall’indubbia importanza. Tali spalloni africani hanno, infatti, sviluppato delle collaudate reti di corrieri aerei – in particolare si tratta di nigeriani (57%) e guineani (20%) – che viaggiano su voli commerciali provenienti soprattutto dal Sénégal, dalla Nigeria, dalla Guinea e dal Mali, diretti verso il vecchio continente. In Europa, poi, sono generalmente dei residenti africano – occidentali, ancora una volta in prevalenza nigeriani, ad occuparsi della distribuzione in loco della cocaina. Baroni impuniti della droga, essi sono spesso remunerati in natura (si pensa ritengano fino ad 1/3 della merce) e questo ha permesso loro di aprire anche dei mercati locali, contribuendo notevolmente al sorgere di nuovi problemi sociali: tossicodipendenza, schiavitù, prostituzione, sieropositività. Ma sono soprattutto le connivenze ad alto livello (governi, magistratura, polizia, esercito) che fluidificano i traffici di cocaina e garantiscono ai narcotrafficanti un peso determinante nell’economia dei paesi coinvolti, acuendo le difficoltà in merito alle prospettive di sviluppo, di democrazia e di pace dell’intero continente.
La droga è, inoltre, lo strumento più efficace, redditizio ed utilizzato per finanziare i gruppi terroristici e i gruppi armati anti-governativi locali, coinvolti nei traffici verso l’Europa. Le grandi organizzazioni criminali si appoggiano, infatti, a gruppi di trafficanti locali che, conoscendo il territorio, guidano sulle rotte transahariane i traffici stessi. Luogo principale di smistamento della droga verso il vecchio continente e, a tutti gli effetti, strada africana della cocaina è l’arida zona del Sahel, che si estende lungo tutto il nord Africa, proprio a sud del Sahara, dove notoriamente operano diversi gruppi militanti, tra cui cellule di Al Qaeda e il Gruppo AQUIM (Al Qaeda del Maghreb Islamico), specializzato nei sequestri di cittadini occidentali. Il Sahel è una fascia di territorio caratterizzata da forti instabilità, da povertà estrema, dalla presenza ingente di profughi di vari Stati dell’area e disseminata di basi usate dai terroristi per le loro losche attività e per l’addestramento dei guerriglieri. Attraverso il Sahel, crocevia dei traffici di stupefacenti, transitano tonnellate di droga verso l’Europa, grazie ai proventi del cui smistamento i terroristi finanziano le loro operazioni e acquistano equipaggiamenti.
Le droghe, dunque, non arricchiscono solo il crimine organizzato internazionale, ma garantiscono la prosperità anche di terroristi e forze anti-governative, potenzialmente in grado di trasformarsi in temibili eserciti privati e di inaugurare un’ulteriore spirale di violenza e di conflitti interstatali.
Le Rotte della Droga
Secondo le stime dell’UNODC, l’80% della droga arriva in Africa Occidentale via mare, stipata in grandi containers o in battelli da pesca. Essa è trasportata in “navi-madre”, modificate per contenerne diverse tonnellate, e poi trasbordata, lungo le coste atlantiche, in navi più piccole la cui provenienza non risponde ai criteri di rischio in materia di traffico di droga, garantendo in tal modo una riduzione dei pericoli legati ai controlli delle autorità marittime. I canali privilegiati sono due: quello meridionale, ossia la Baia di Benin, per poi proseguire verso il Togo, il Benin e la Nigeria, e quello settentrionale, ovvero le due Guinee e presumibilmente anche la Sierra Leone e la Mauritania. Il restante 20% della cocaina giunge tramite connessioni aeree dirette, appoggiandosi a piste d’atterraggio clandestine, numerose soprattutto in Guinea-Bissau, ma anche a voli di linea. Tali mezzi aerei sfruttano la debole copertura radar dell’Atlantico e spesso sono dotati di serbatoi aggiuntivi che permettono rifornimenti in volo.
Il 60% della droga che transita attraverso l’Africa Occidentale arriva, così, in Europa seguendo – allo stesso modo – i canali marittimo (in prevalenza) ed aereo. I trafficanti utilizzano dei battelli con cui percorrono le vie di navigazione più frequentate, mescolandosi ad altri mezzi, e, a testimonianza dell’uso di strumenti sempre più sofisticati, possono usufruire anche di nuovi ed efficienti sistemi di vedette. Le organizzazioni criminali trafficano la cocaina verso l’Europa anche tramite aerei (Boeing 727, 707 e DC9), piccoli jet in versione cargo che possono trasportare 10 tonnellate di droga oppure bimotori ad elica. Soprattutto i corrieri nigeriani si avvalgono pure di aerei di linea, sui quali trasportano, ognuno, piccole quantità di cocaina, nascoste o ingerite, paralizzando i controlli agli aeroporti sia di partenza che di arrivo.
L’Emblematico Caso della Guinea-Bissau: il Narco-Stato
La Guinea-Bissau rappresenta il caso più evidente del crescente utilizzo dell’area come zona nevralgica del traffico di cocaina verso l’Europa ed è, con i suoi 350 km di costa frastagliata da 82 isole controllate da un’unica nave, il punto chiave d’ingresso della cocaina in Africa. Tra i sei paesi più poveri al mondo, essa risponde perfettamente alle esigenze dei narcotrafficanti che, trasferendosi fisicamente a Bissau ed insinuandosi nella sua precaria economia, l’hanno de facto trasformata nel primo narco- stato al mondo. Forti di un clima di diffusa corruzione ed aberranti complicità istituzionali, di palese inefficacia delle forze di polizia e di debolezza dell’apparato giudiziario, i narcos hanno, infatti, creato in Guinea-Bissau una sorta di potente e sovrano stato nello stato, che le classi politica e militare [4], perennemente in lotta e ingabbiate nei meandri del cospicuo flusso di denaro garantito dal traffico di cocaina, non possono e non vogliono contrastare. La progressiva perdita del controllo del territorio da parte delle autorità centrali e le lotte interne tra fazioni etniche rischiano, inoltre, sempre più plausibilmente, di sfociare in un’altra drammatica guerra civile. È lo stesso Segretario ONU Ban Ki Moon a lanciare l’allarme, ammonendo che “il traffico di droga influisce negativamente sugli sforzi di peace-keeping in Guinea-Bissau”.
Il coinvolgimento indiretto dell’amministrazione pubblica nel business della droga consente, così, ai narcotrafficanti di ridurre drasticamente i costi di trasporto e di smercio, di sfruttare impunemente le numerose piste di atterraggio disseminate nel paese e di operare pressoché indisturbati. Inoltre, la fragilità politica ed economica del paese aggrava ulteriormente le nefaste conseguenze interne dell’attività dei narcos e rende la Guinea-Bissau un fertile terreno di coltura del terrorismo internazionale e dell’ideologia fondamentalista. Gruppi come Al Qaeda, Hezbollah e le Farc colombiane hanno, infatti, investito – con successo – nel paese e il ruolo dell’estremismo islamico risulta in forte crescita: vi è, in particolare, una potente rete illegale libanese che gestisce i proventi del commercio di droga per sovvenzionare le attività della sciita Hezbollah. Il paese appare, altresì, talmente vulnerabile al crimine organizzato che, come sostiene il direttore dell’UNODC Antonio Maria Costa, ora si teme che i narcos abbiano intenzione di fare della Guinea-Bissau non più solo zona di transito di sostanze stupefacenti, ma anche di produzione di droghe sintetiche.
Conclusioni
L’utilizzo dei paesi dell’Africa Occidentale come privilegiate vie di transito del traffico internazionale di cocaina rappresenta un ulteriore ostacolo allo sviluppo dell’intero continente e, in virtù degli inevitabili impatti di lungo periodo che tale fenomeno produce, rischia di gravare in modo preponderante sulla pace e sulla prosperità economica, sociale e politica dell’area. Il drammatico aumento di crimini violenti, della corruzione, delle frodi bancarie, la progressiva, ma inesorabile, disintegrazione del tessuto sociale e l’espandersi dell’influenza di gruppi terroristici esacerbano i problemi già presenti in una regione come l’Africa occidentale, incapace, per la scarsità di mezzi, di risorse e di coordinazione, di fronteggiare tali serie minacce al proprio avvenire.
Nonostante l’elevato numero di missioni ONU nella regione (UNOCI in Costa d’Avorio, UNMIL in Liberia, UNOGBIS in Guinea-Bissau, UNIPSIL in Sierra Leone e UNOWA per l’Africa occidentale nel suo complesso), risultati degni di nota tardano ad arrivare. Gli sforzi nazionali o bilaterali profusi dai diversi paesi coinvolti dal narcotraffico rischiano, inoltre, semplicemente di spostare i flussi di stupefacenti verso le zone più povere, dunque più fragili e meno controllate, e di generare situazioni paragonabili a quelle della Guinea – Bissau. Anche alla luce degli inviti provenienti dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU a sollecito di una più forte cooperazione regionale, è dunque opportuno sottolineare come, probabilmente, solo la creazione di un network africano e un’efficace azione coordinata a livello globale, unite a rigorose misure preventive, possano davvero combattere un traffico che è, a tutti gli effetti, quanto mai globale e le cui conseguenze si riversano – direttamente o indirettamente – sulla sicurezza e sulla stabilità internazionali.
[1] Nella lista ONU dei sedici “paesi meno sviluppati” a livello globale, ben tredici provengono dall’Africa Occidentale
[2] Tristemente noti a tal proposito sono soprattutto la Guinea-Bissau, il Gambia e la Sierra Leone (rapporto UNODC 2010)
[3] Per quanto riguarda i mezzi aerei il mercato privilegiato è quello nord-americano.
[4] Il rapporto UNODC del 2010 sottolinea come il traffico di droga in Guinea-Bissau sia sostanzialmente monopolizzato dall’esercito e controllato dai più alti gradi militari, pronti a mettere sotto silenzio ogni voce in merito a connivenze con i narcos
* Valentina Francescon è Dottoressa in Scienze Internazionali e Diplomatiche (Università di Trieste)
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