Ancora una volta parliamo del Real Estate cinese. Non per mania, puntiglio o per passione personale, ma per i rilevanti risvolti economici e per gli impatti sociali che riveste tale settore in Cina. Chi vive o e’ in contatto con la Cina sa quanto importanza questo settore riveste per l’economia (si dice 15-20% del PIL) e per gli equilibri della societa’ civile (la domanda di casa e‘oggi tra i bisogni primari della popolazione cinese). Le manovre poste recentemente in essere dal governo sono decisamente forti e pertanto interessanti da analizzare, sebbene dall’impatto tutt’ora non certo.
Nel precedente articolo (dal titolo “Questa volta la bolla immobiliare cinese e’ a un punto di svolta (?)” del 15 aprile 2010) abbiamo anticipato le mosse del governo cinese per cercare di raffreddare la crescita dei prezzi delle case in Cina. Ora, a distanza di due mesi, e’ necessario fare il punto della situazione e un aggiornamento: nonostante i tentativi e le nuove politiche con le conseguenti nuove forti imposizioni, a tutt’oggi (1 giugno) i prezzi delle case non sono scesi. Gli sforzi del governo centrale e delle municpialita’ locali non hanno sortito gli effetti sperati. I prezzi non scendono (anzi, sembra siano aumentati ancora del 10%).
Si’, scendono il numero di contrattazioni (la domanda e’ inevitabilmente effettivamente calata). E cio’ porta a una battaglia competitiva tra gli operatori del settore (agenzia immobiliari, traders,….) e forse, in un futuro non si sa quanto prossimo, anche alla riduzione dei prezzi. Gli effetti tuttavia, ad oggi sembrano essere pressoche’ nulli, nonostante la forza delle decisioni e delle politiche introdotte.
Tra le nuove rigide norme introdotte, vi e’ quella di non poter acquistare piu di un appartamento per nucleo familiare a Pechino, se residenti, e una extra in citta’, se non residenti; tassi di interesse sul mutuo piu’ alti e la minaccia di introduzione di una onerosa tassa sulla proprieta’. Cio’ avrebbe dovuto rallentare il preoccupante fenomeno dei giochi degli speculatori immobiliari, calmierare i prezzi e rendere in ultima battuta le case maggiormente accessibile alle vere esigenze della popolazione.
Inoltre, attraverso il controllo i prezzi delle case, si ridurrebbe almeno in parte il preoccupante fenomeno dell’inflazione.
Tutto cio’ ancora non sembra essere avvenuto. Il mercato immobiliare si appresta al contrario a superare quello inglese e giapponese (nel 2011) divenendo il secondo al mondo. Ci si attende che i capitali investiti eccedano l’1,2 triliardi di euro nel 2010, dietro al mercato statunitense che nonostante la crisi immobiliare capitalizza 3,5 triliardi di euro. Se si pensa che solo nel 2009 i dati cinesi parlavano di 700 miliardi (e il Giappane di 1 miliardo di euro), ben si comprende come la crescita rapida della proprieta’ immobiliare sia ancora lontana dall’arrestarsi. Le ragioni della crescita sono riconducibili al forte sviluppo dell’economia cinese in generale, agli investimenti miliardari pubblici con conseguente pioggia di liquidita’ e di attivita’ produttiva (soprattutto infrastrutturale) intrrodotti per controbilanciare la crisi internazionale e gli effetti negativi sull’export cinese, e infine al fenomeno migratorio dalle campagne verso le citta’ principali e il conseguente bisogno di casa nelle metropoli
Una delle manovre piu’ discusse e sul punto di essere introdotta e’ una tassa sulla proprieta’. Per noi occidentali, cio’ non appare troppo strano. Siamo abituati a tasse su proprieta’, possesso e utilizzo (si pensi alla casa, all’automobile, alle barche, e altri beni immobili o mobili…) .ma in Cina questa proposta viene mal digerita dai cittadini. Un aspetto curioso e’ che, in quanto totalmente nuova e non essendo entrata nella mentalita’comune, i cinesi si chiedono perche’ dovrebbe pagare una tassa per qualcosa che appartiene loro, che hanno acquistato e per cui non ricevono alcun servizio (pubblico). Gli economisti si interrogano invece sugli effetti che tale tassa possa implicare.
Occorrera’ prima di tutto vedere le regole e le modalita’. Sembra che la volonta’ del governo sia di introdurre tale nuova tassa non per la prima casa di proprieta’(il 20% del mercato immobiliare cinese e’ posseduto da proprietari di piu’ di una casa).
La sua applicazione dovrebbe essere graduale e introdotta in un primo tempo in alcune citta’, si parla di Wuhan in Hubei come progetto pilota. Successivamente Pechino, e Shanghai, Chongqing e Shenzhen dove le municipalita’ stanno gia’ predisponendosi per adempiere al nuovo incarico (strutturarsi per verificare e riscutore tale tassa sembra non essere affatto semplice).
L’effetto principale dovrebbe essere il limitare gli investitori piu’ aggressivi dal possedere molteplici appartamenti e specularne sopra il prezzo. Percio’ sembra quasi sicuro che verra’ introdotta.
Rimangono tuttavia questioni importanti aperte su cui e’ interessante riflettere:
– Un tema dovra’ essere maggiormente dibattuto tra gli esperti cinesi e internazionali: l’introduzione di una tassa di proprieta’ fara’ scendere il prezzo delle case (o invece lo aumentera’)? Agli economisti il compito di sviluppare le ipotesi piu’ verosimili. Un effetto certo (e positivo, almeno per le casse pubbliche) sara’ quello di incrementare gli introiti dello stato. Si parla di 20 miliardi di euro all’anno potenziali.
– Poiche’le regole piu’ rigide si applicano alle principali citta’ (ad iniziare da Pechino e Shanghai, …), nonostante il prezzo delle case li’ dovesse diminuire, cosa succederebbe in altre citta’? Data la grande disponibilita’ di liquidita’ e la volonta’ ad investire, si potrebbe innescare un nuovo fenomeno speculativo in altre aree. Sarebbe tale da neutralizzare a livello nazionale gli effetti di calmieramento?
– Se anche si riuscisse nell’intento ambizioso di far scendere i prezzi, di quanto calerebbero? (in precedenza si parlava di un 20-30% stimato). Cio’ renderebbe concretamente l’acquisto di casa piu’ accessibile (come accennato i prezzi sono oggi quasi allineati al livello delle principali citta’ occidentali, sebbene la popolazione non abbia certo salari proporzionali e lo stesso potere di acquisto).
– Poiche’ le regole piu’ rigide si applicano agli appartamenti, si potrebbero osservare mosse speculative con pesanti riprcussioni (sempre dovute alla liquidita’ in eccesso) sul prezzo di altri immobili con diversa destinazione d’uso (uffici, negozi?)
– A fronte di tutto cio’, si corre il rischio che l’inflazione continui a correre?
Beijing – 15 Giugno 2010
Da leggere anche :Questa volta la bolla immobiliare cinese è a un punto di svolta (?)
*Emanuele C.Francia, manager e consulente, ha seguito per molto tempo le operazioni cross-border per numerose imprese italiane in Europa e Stati Uniti. Da alcuni anni vive a Pechino ed e’ co-fondatore e partner di Emasen Consulting, una societa’ di consulenza specializzata nei processi di internazionalizzazione e supporto alle imprese italiane. Scrive su alcune riviste scientifiche di geopolitica, economia e managemnt e collabora con alcune universita’ sia in Italia che in Cina nell’ambito della ricerca e dell’insegnamento.
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