Intervista ad Alessandro di Battista a cura di Franz Simonini

 

L’associazione “Schierarsi”, da Lei presieduta, ha organizzato una raccolta firme per sostenere due referendum promossi dalla cooperativa “Generazioni future”, uno dei quali riguarda l’invio di armi italiane all’Ucraina. “Il referendum proposto – si legge in una nota degli organizzatori – mira a garantire che le armi italiane non siano coinvolte in conflitti internazionali”. Quale efficacia può avere un’iniziativa popolare di questo genere in un Paese come l’Italia, privo di una reale sovranità politica? 

Io credo che la sovranità si costruisca proprio con iniziative del genere. La sovranità di un paese esiste quando si manifesta attraverso una sovranità mentale del popolo stesso. Un popolo che comprende tutto quello che dovrebbe essere in grado di fare, è un popolo sovrano. Ritengo che il referendum sia lo strumento migliore per responsabilizzare un popolo e renderlo partecipe del diritto di prendere decisioni. In tal senso determinati referendum servono, qualora si raggiungano le firme necessarie, a permettere al cittadino di prendere o meno le decisioni, anche quando non si riesce. È fisiologico che per alcune tematiche è complicato raccogliere centinaia e centinaia di migliaia di firme, che servono comunque a mettere in evidenza determinate tematiche all’interno di dibattito. Oggi è complicato perché c’è una totale disillusione nei confronti del potere politico. Tanti cittadini hanno compreso che le decisioni non vengono prese neanche dai parlamenti e hanno ragione, ma è qui che dobbiamo insistere sul rafforzamento degli strumenti di democrazia diretta. È qui che dobbiamo tentare il più possibile di far capire al cittadino che l’unico modo per costruire sovranità è appunto permettere ai cittadini stessi di decidere.

 

Lei ha raccolto 80.000 firme per sostenere la causa del riconoscimento dello Stato di Palestina. Ritiene che questa iniziativa possa avere qualche seguito in un Parlamento in cui prevalgono forze politiche palesemente solidali con l’entità politico-militare-terrorista che occupa la Palestina?

L’iniziativa in parlamento esiste già, nel senso che la legge è in discussione, ma al 99% dei casi questa legge verrà sostanzialmente bocciata, ma anche qui abbiamo inserito nel dibattito pubblico un tema importante. Oggi è in discussione all’interno della Commissione affari esteri del Senato della Repubblica, una legge di iniziativa popolare per la quale noi, non io, noi abbiamo raccolto 80.000 firme e ci sono alcuni esponenti politici attualmente dell’opposizione che ogni qualvolta parlano di Palestina, ricordano la necessità di riconoscerne la sua identità statale. Prima della nostra iniziativa non era così, quindi siamo riusciti quantomeno a costringere una serie di esponenti politici a metterci la faccia e a prendere posizione. È un primo passo, ovvio che ci vorranno anni. Poi in un momento in cui i terroristi israeliani, in particolari i fanatici messianici alla Smotrich, dicono: “Questo è il momento per seppellire definitivamente l’idea di uno Stato di Palestina”. Ecco, quando vi sono queste dichiarazioni significa che c’è una parte di classe dirigente israeliana che in questo momento tema la possibilità di diffusione dell’idea di riconoscimento e quindi pensano di sfruttare il momento drammatico dal punto di vista sociale e umano per i palestinesi. Quantomeno oggi, il supporto alla causa palestinese è più evidente rispetto ad anni fa. Quindi ancor più oggi è necessario che ci siano iniziative come quelle realizzate da Schierarsi anche se difficilmente in questa legislatura ritroveremo un parlamento capace di riconoscere lo Stato di Palestina.

 

Il ministro degli Esteri del regime sionista Gideon Sa’ar, giunto in visita a Roma il 16 gennaio scorso, ha detto di aver parlato coi ministri Tajani e Nordio e di averne ricavato la certezza che Netanyahu potrebbe recarsi tranquillamente in Italia, senza temere che qui venga applicato il mandato d’arresto emesso dalla Corte Internazionale dell’Aja. Questa dichiarazione è stata confermata da Tajani (al quale nel 2017 la comunità ebraica europea ha dedicato in Israele un bosco di diciotto alberi, come segno di riconoscimento del suo lavoro “per costruire ponti tra le religioni così come tra l’Unione europea e le varie confessioni”). Quali conclusioni si devono trarre da questa posizione di omertá del governo italiano con un complice dei crimini di Israele?

Tajani è un uomo che lavora più per gli interessi dello Stato sionista di Israele piuttosto degli interessi dell’Italia e del popolo palestinese e della comunità internazionale. Come disse Pertini nel messaggio di fine anno del 1983: “La mancata esistenza di uno Stato di Palestina è una delle cause principali dell’instabilità del vicino oriente”. Dunque, la problematica relativa a all’inesistenza di uno Stato di Palestina ha a che fare con la sicurezza internazionale. Fino a che non ci sarà uno Stato di Palestina, fino a che ci sarà pulizia etnica in Palestina, fino a che esisterà il colonialismo sionista, la pace non ci sarà mai. La nascita di uno Stato palestinese ha a che fare con il raggiungimento della pace stessa e con il benessere della stessa comunità internazionale. Tajani lo conosciamo bene, le sue esternazioni sono ridicole e non dimenticherò mai le sue dichiarazioni davvero patetiche e quasi a voler quasi giustificare Israele, anche quando i soldati israeliani hanno sparato contro i nostri militari della missione in Libano. Insomma, è un uomo che lavora, dal mio punto di vista politico, maggiormente per Israele che per la Repubblica Italiana.

 

Intervenendo all’Università di Marsiglia e commentando la questione ucraina, il Presidente della Repubblica Italiana ha sostenuto la necessità di una politica di fermezza nei confronti della Federazione Russa. Finora, invece, sembra che Mattarella non abbia niente da dire circa l’intenzione di Trump di portare a termine la pulizia etnica nella Striscia di Gaza deportandone la popolazione in Giordania e in Egitto. Quali sono, a Suo parere, le ragioni di questa condotta?

Mattarella, anche quando era vicepresidente del Consiglio Ministri, avallò l’intervento nella guerra illegale della NATO alla Serbia e i bombardamenti illegali della NATO su Belgrado, una grande capitale europea. Quindi dal punto di vista della politica estera Mattarella è estremamente distante dalle mie posizioni e per quanto riguarda le dichiarazioni all’Università di Marsiglia, io eviterei di paragonare la situazione attuale a quella della Seconda Guerra mondiale. Putin non è Hitler e non ha mire espansionistiche come aveva la Germania nazista e non ha nessun interesse ad invadere la Polonia. Ha interesse a difendere la Federazione Russa da un eccessivo avanzamento della NATO, o per utilizzare un’espressione coniata da Papa Francesco: “un abbaiare della NATO alla porta della Russia”. Per di più questo specifico argomento è uno dei temi principali di cui si sta discutendo nella preparazione dei colloqui di pace tra Russia e Stati Uniti d’America con l’Europa tagliata fuori. Io credo che dichiarazioni come quelle di Mattarella escludano ancora di più i paesi europei dal negoziato sulla guerra ucraina che avrebbe dovuto essere una prerogativa prettamente europea. Ormai l’Europa è diventata un protettorato degli Stati Uniti d’America e non esiste più differenza tra atlantismo ed europeismo, che per quanto mi riguarda sono concetti diametralmente opposti.


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