La Turchia non è ammessa nel club democratico europeo a guida Sarkozy/Merkel.
La bocciatura proviene dal commissario UE all’allargamento – il finlandese Olli Rehn – che ha negativamente valutato il percorso di ammissione di Ankara : “C’è ancora molto da fare – ci aspettiamo riforme democratiche” ha spiegato Rehn, che ha richiesto il miglioramento dei diritti “delle minoranze, delle donne, delle organizzazioni sindacali, della libertà di stampa e di espressione”.
L’elenco delle mancanze rilevate è corposo e non può non suscitare perplessità: viene curiosamente contestata, ad esempio, la forte multa sanzionata al colosso mediatico ed energetico Doğan (1) per comprovate irregolarità fiscali, assumendo che ciò violerebbe la libertà di stampa; vengono anche citate alcune cause giudiziarie in corso riguardanti Google, Facebook e altri siti, nonché la chiusura di You Tube. Si accenna poi a “matrimoni forzati”, a “violenze domestiche” e naturalmente alla situazione di Cipro (2).
Si riconoscono come positivi gli “abboccamenti” con i curdi e con gli armeni e la firma per il progettato gasdotto Nabucco: ma, nel quadro generale, tali aspetti non sono considerati sufficienti.
Come si è più volte sottolineato, possiamo meglio comprendere l’ostilità “europea” alla Turchia (3) alla luce di una certa indipendenza e sovranità faticosamente riconquistata da Ankara, membro della NATO ma spregiudicato attore sulla scena internazionale.
L’ultimo esempio, destinato sicuramente a dispiacere agli assertori delle “riforme democratiche” mai sufficienti, è dato dalla decisione turca di escludere la partecipazione di Israele ad “Aquila anatolica”, l’esercitazione aeronautica militare che si tiene nella piana di Konya dal 12 al 23 ottobre.
Tale esclusione viene ufficialmente riferita dal vicepremier turco Cemil Čiçek alla mancata consegna da parte di Israele di alcuni Heron, velivoli di ricognizione telecomandati che non necessitano di pilota e che Ankara intende utilizzare per sorvegliare i movimenti dei terroristi del PKK; essa rimarca comunque una situazione di difficoltà generale dei rapporti turco-israeliani, evidenziata a settembre dalla cancellazione della visita in Israele del ministro degli esteri Davutoğlu – cancellazione conseguente al rifiuto israeliano di concedergli il permesso di recarsi a Gaza – e dalla recentissima (13 ottobre) riunione del Consiglio di alta cooperazione strategica turco-siriana tenutasi ad Aleppo: l’annuncio di prossime esercitazioni congiunte tra Ankara e Damasco non può che rafforzare la diffidenza israeliana e, come accennavamo, di quella degli occidentalisti a oltranza della UE.
(1) Sono di proprietà del gruppo, fra l’altro, i quotidiani Hürriyet, Milliyet, Radikal, Posta, Referans, Fanatik (giornale sportivo), Turkish Daily News; una serie innumerevole di televisioni (Kanal D, CNN Türk, Star TV, ecc.) e radio; la Petrol Ofisi, l’Erk Petrol, la Petrol Ofisi Oil Financing, l’Electricity Distribution and Production Investments; importanti imprese nel settore industriale e turistico.
(2) E’ il caso si ricordare, a dimostrazione di un parziale disgelo delle relazioni greco-turche ( di cui la commissione UE non tiene evidentemente conto), la visita del primo ministro Papandreu in Turchia – la sua prima uscita internazionale dopo la vittoria elettorale – accompagnata dall’annullamento della manovra militare Nikiforos nella Cipro ellenica.
(3) Nello stesso rapporto ufficiale si dà invece il via libera all’ingresso – previsto per il 2012 – della Croazia nella UE.
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