Le relazioni tra Cina e India, i due Paesi più popolosi al mondo, sono caratterizzate da una complessa e mutevole combinazione di cooperazione e rivalità. La complessità riflette la storia della loro interazione geopolitica e la loro posizione nell’economia globale e nelle relazioni internazionali.
Nell’analizzare l’interazione sino-indiana, è necessario tenere conto sia dell’andamento obiettivo che del retroterra psicologico e sociale, vale a dire l’opinione pubblica in entrambi i Paesi; il background non è affatto sempre amichevole, con pretese e diffidenze esistenti su entrambe le sponde del confine sino-indiano.
Le èlite politiche dei due Paesi ammettono che Cina e India hanno grandi interessi in comune: costruzione di un mondo policentrico/multipolare e coordinamento delle posizioni su problemi globali quali il cambiamento climatico e le condizioni del commercio equo.
Allo stesso tempo, esistono contraddizioni che sono inevitabili tra due Paesi che cercano di ampliare l’accesso ai mercati mondiali ed alle fonti energetiche non rinnovabili, soprattutto petrolio e gas. Eppure gli analisti politici sono d’accordo nel ritenere la “questione territoriale” il tallone d’Achille delle relazioni bilaterali.
Il problema è stato ereditato dal periodo del dominio coloniale: a seguito dell’Accordo di Simla del 1914, parte del Tibet (a sud della “Linea McMahon”) veniva assegnato all’India britannica. Dal 1947, l’India ha agito sulla base del fatto che il confine tra i due Stati corresse lungo questa linea. La Cina, dal canto suo, non ha mai riconosciuto la “Linea McMahon” come confine con l’India, sostenendo che il Tibet non fosse uno Stato sovrano per il diritto internazionale e dunque non aveva il diritto di condurre quei negoziati.
L’opinione pubblica in India va di pari passo con la posizione delle èlite politiche dei due Paesi, favorevole a una soluzione “graduale” del “problema territoriale”, ma ritiene che per la Cina ogni soluzione significhi l’annessione dello stato nord-orientale dell’Arunachal Pradesh (noto in Cina come “Tibet orientale”).
In India, il “problema territoriale” è spesso visto in un’ampia prospettiva geopolitica: la fiorente crescita ha reso la Cina più aggressiva, rianimando atteggiamenti xenofobi tra la sua popolazione, specialmente in riguardo ai vicini. C’è una radicata percezione nell’opinione pubblica indiana che la Cina tenti di “circondare” l’India nella zona di suo interesse vitale, vale a dire l’Asia meridionale. I principali media indiani, televisione inclusa, regolarmente ricordano al pubblico che la Cina sta rapidamente modernizzando le sue basi nell’Oceano Indiano e in Pakistan, Myanmar e Sri Lanka. La marina indiana è preoccupata dall’apertura di una base nucleare cinese sottomarina sull’isola di Hainan, “che minaccia la sicurezza nazionale indiana”. I leader politici e militari indiani sono “sorpresi” dalla massiccia costruzione “non civile” in Tibet (sei rampe di lancio in alta montagna), che consente alla Cina di fornire presumibilmente fino a 20mila truppe in qualunque punto del confine sino-indiano entro due ore. (Come rappresaglia, l’India ha dispiegato aerei Sukhoi nel segmento nord-occidentale del confine comune).
Contemporaneamente, l’India non è incline a ritenere che l’incremento militare cinese possa tradursi in scontri militari sulla frontiera comune.
Anche Pechino ha da sistemare alcune questioni con l’India. Infatti, la Cina teme che l’idea di “un’alleanza di quattro democrazie” (Usa, Giappone, Australia e India) proposto dalla precedente amministrazione Usa (Bush) possa avere lo scopo di “circondare” la Cina stessa, con l’India che giocherebbe il ruolo chiave nel sud. Né Pechino è ignara dell’ambizione dell’èlite politica indiana di segnare una “vittoria economica finale” sulla Cina dal 2025-2030. Infine, la Cina sta osservando con una certa preoccupazione lo sviluppo della missilistica indiana, inclusi i vettori che trasportano testate nucleari.
Nonostante ciò, le relazioni tra Cina e India si stanno sviluppando progressivamente, guidate dalla volontà politica e dal desiderio di chiudere col passato dimostrato dai leader dei due Paesi, Hu Jintao e Manmohan Singh. Ambo i presidenti procedono sulla base del fatto che i loro Paesi sono grosse potenze continentali e questo è il momento di cambiamenti epocali nella politica mondiale: “i sovrani delle onde” (prima l’Inghilterra e dopo gli Stati Uniti) stanno cedendo l’iniziativa ai “giganti continentali”, tra i quali vanno compresi India e Cina.
Un altro importante punto di accordo ha a che fare con il patto condiviso sul ruolo dell’economia e dei legami economici internazionali quali significativi elementi della moderna geopolitica. Conformemente ai (probabilmente gonfiati) dati indiani, nel 2010 il commercio tra i due Paesi raggiungerà i 75 miliardi di dollari (45-50 miliardi è più realistico) e, nel 2015, i 225 miliardi di dollari. Sebbene l’ultima cifra sia palesemente un’esagerazione, l’obiettivo dei leader dei due Paesi è chiaro: realizzare quanto possibile per stimolare l’ammodernamento industriale e creare in India e Cina influenti forze che abbiano un notevole interesse nel progressivo sviluppo delle relazioni bilaterali.
Di recente (dal 2008 circa), il problema della crescente rivalità a livello regionale e in parte a livello mondiale ha portato alla ribalta le relazioni sino-indiane. Esistono differenze marcate sulle questioni della sicurezza nell’Asia meridionale e nell’Oceano Indiano, che portano a un “deficit di fiducia strategica reciproca”.
Gli analisti cinesi sono preoccupati della crescente attività indiana in Indocina, che la Cina ritiene essere zona di propria influenza. In risposta alla “sfida” indiana c’è un tentativo di rafforzare ulteriormente i rapporti col Pakistan e sviluppare contatti con Paesi come Bangladesh e Nepal, con i quali l’India ha relazioni tese.
I cinesi sono altresì preoccupati per l’intensificarsi dei legami militari tra Stati Uniti e India in un contesto di miglioramento generale dei rapporti. Pechino ritiene che la recente decisione di Barack Obama di “scongelare” l’accordo nucleare indo-americano abbia l’obiettivo strategico di consolidare la “fiancata indiana” dello sforzo statunitense per neutralizzare il rafforzamento della posizione cinese nella regione asiatica del Pacifico.
Mentre il commercio e le relazioni economiche tra Cina e India sono in crescita, esiste il problema del deficit commerciale indiano e della struttura del commercio estero (la gran parte delle esportazioni indiane verso la Cina sono derrate mentre le importazioni dalla Cina sono in larga parte buoni manufatti).
La competizione per le risorse energetiche sta divenendo sempre più un problema nelle relazioni sino-indiane. Entrambi dipendenti dall’importazione di petrolio, Cina e India si sono scontrati più di una volta nella battaglia per l’accesso agli idrocarburi in Asia Centrale (Kazakhstan), America Latina, Angola e Nigeria, così come in Myanmar. Gli esperti cinesi descrivono la situazione come “rivalità competitiva”. Sinora, la Cina ha primeggiato offrendo un prezzo più elevato e un pacchetto di aiuti economici e investimenti nelle infrastrutture dei Paesi beneficiari.
La Cina potrebbe vedere l’India come suo rivale strategico nel lungo periodo (e forse anche nel medio). Attualmente, tuttavia, Pechino è interessata al mantenimento di normali e stabili relazioni con Delhi a causa dei suoi problemi interni ed alle questioni concernenti le sue priorità a breve e lungo termine in politica estera.
Recenti mutamenti nella leadership indiana sono rilevanti per porre le relazioni tra India e Cina su un piano pragmatico e reciprocamente vantaggioso. Shiv Shankar Menon, ex ambasciatore indiano in Cina, è stato nominato consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro. Shiv Menon è noto essere seguace di un nuovo approccio alle relazioni con la Cina, privo di paure passate e pregiudizi. Il nuovo approccio verso la Cina, ritengono gli analisti politici indiani, è basato sulla percezione di esso come Paese che non solo vanta spettacolari risultati economici, ma ha anche seri problemi interni che preoccupano il partito e la leadership di Stato.
“Un sistema economico efficiente è la condizione principale per una efficace politica estera”, sintetizza il ragionamento strategico delle èlite in Cina e India, che rende il rapporto tra i due Paesi più prevedibile rispetto a quanto credano alcuni segmenti dell’opinione pubblica in entrambi gli Stati.
Perché la Russia ha un interesse vitale in relazioni “armoniose” tra Cina e India? Esistono diverse ragioni, delle quali vorrei evidenziarne tre:
1. La tranquillità e il benessere di Russia, India e Cina dipendono direttamente dalla stabilità sociale e dall’integrità territoriale dei “nuovi Stati indipendenti” dell’Asia centrale, le ex repubbliche sovietiche. I recenti avvenimenti in Kirghizistan hanno reso evidente che l’Islam politico e la sua estrema manifestazione, ossia il terrorismo internazionale, deve essere contrastato non solo con una efficace politica di sviluppo (crescita economica, creazione di occupazione ed equa distribuzione della ricchezza nazionale), ma anche dalla comune volontà dei principali Paesi eurasiatici di contrastare i tentativi dei religiosi radicali di destabilizzare la situazione interna in questa regione potenzialmente esplosiva.
2. La trasformazione del mondo “post-americano” (cioè non più unipolare, ma non ancora strutturato in maniera nuova) in un mondo policentrico durerà almeno altri 10-12 anni. Durante questo periodo dovrebbe essere attuata una nuova configurazione e una nuova qualità delle istituzioni internazionali per il controllo, la cooperazione e il coordinamento degli interessi. Un’azione coordinata da India e Cina, i leader potenziali dell’economia mondiale, indirizzerà la via corretta per assicurare un futuro giusto e stabile per il mondo.
3. Cina e India, agendo insieme, sono capaci non solo di risolvere i loro complessi problemi interni che accompagnano qualsiasi processo di sviluppo. I due giganti asiatici possono contribuire all’emergere di una nuova cultura delle relazioni interstatali basata su due principi semplici ed esaurienti: pace e sviluppo.
Mi auguro che la Russia possa partecipare attivamente al lavoro di costruzione di un nuovo edificio della politica mondiale.
Andrey Volodin, Dr.Sc. (History), RAS Institute of World Economy and International Relations
http://in.rbth.ru/articles/2010/05/12/china_and_india_partners_and_rivals_a_russian_experts_view.html
(Traduzione di Alessio Stilo)
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