Due recenti pubblicazioni[1] hanno riproposto all’attenzione del pubblico italiano il filo rosso che lega inesorabilmente questioni politiche e sport.

Filo rosso che non si è spezzato nemmeno nelle ultime Olimpiadi londinesi, che hanno presentato numerosi casi “d’attenzione” per uno studioso e in particolare la polemica sollevata dai tecnici della nazionale di nuoto statunitense in merito al (presunto) abuso di anabolizzanti da parte della squadra cinese. La prestazione fenomenale della giovanissima Ye Shiwen (doppio oro nei 200m e nei 400m nel misto) ha sollevato la protesta di John Leonard, direttore esecutivo della World Swimming Coach Association e della Usa Swimming Coach Association: «Nella storia del nostro sport quando vediamo qualcosa di ‘incredibile’, e metto incredibile tra virgolette, la storia ci mostra che c’entra il doping», presupponendo che dietro alla squadra cinese ci sia un doping genetico: «La manipolazione genetica ha dato agli animali più forza e ossigeno. Chi dice che non si possa fare anche con l’uomo?».

Posizione che ha trovato numerose sponde nei circoli sinofobi occidentali: in Italia, in prima fila si è erto l’opinionista di “Repubblica” Vittorio Zucconi[2], che è riuscito anche nell’impresa di prendere una cantonata non da poco, dopo aver difeso lo “sport italiano pulito” nonostante la positività dell’altoatesino Alex Schwarzer.

Il Comitato organizzatore però ha immediatamente smentito queste voci, ricordando che tutti i vincitori di medaglie sono sottoposti a controlli anti-doping e gli atleti che segnano nuovi primati sono controllati con controlli più specifici.

Piccata ma controllata la risposta di Pechino: «E’ un dato di fatto, il pregiudizio è legato al disappunto per l’ascesa cinese. Per prima cosa i nuotatori cinesi Sun Yang e Ye Shinwen sono diventati delle stelle lucenti in specialità dove prima hanno dominato per decenni gli occidentali. Alcuni media occidentali non si sono ancora abituati alla nuova realtà e fanno di tutto per oscurare le prestazioni degli atleti cinesi. […] Il nucleo di questa mentalità è che molti in Occidente non sono disposti a riconoscere che la Cina è diventata la seconda potenza economica del mondo»[3].

Esistono però dei dati oggettivi che possono servire a smentire l’accusa di “doping sistemico” rivolta contro le delegazioni sportive della Repubblica Popolare:

 

  1. Il professor Edoardo Boncinelli, genetista e docente di Fondamenti biologici della conoscenza all’Università Vita-Salute San Raffaele, in una recente intervista al Corriere della Sera ha definito “improbabile” l’uso del doping genetico: «doping genetico è una bella frase che fa un certo effetto ma va analizzata nel suo significato. “Doping” vuole dire alterazione delle facoltà fisiche, “genetico” vuol dire che si usano i geni in tutto o in parte. Per il momento non è stato fatto quasi nulla in questo senso» pur confermandosi possibilista per il futuro «ma non è inconcepibile che in futuro succeda qualcosa del genere, all’inizio saranno risultati insignificanti e poi sempre più complessi». Boncinelli ha confermato anche che è particolarmente difficile modificare il corredo genetico in modo così mirato: «In realtà non è facile come sembra, perché un gene non ha un solo effetto ma una molteplicità di effetti. Dunque il doping genetico deve essere molto ben ponderato e mirato e per ottenere l’effetto voluto ci vuole una serie di circostanze fortunate. Ci si arriverà certamente, su base scientifica e non di lealtà sportiva, ma non sarà così semplice e avremo (si spera) tutto il tempo di ponderarne gli effetti positivi e negativi»[4].
  2. La Cina è incappata nel passato in un caso clamoroso di doping sistemico, quando negli anni ‘90 vennero scoperte positive diverse nuotatrici cinesi che avevano sconvolto il mondo con una serie di primati incredibili. E’ evidente quindi che l’uso sistemico del “doping di Stato” può essere smascherato, soprattutto se proposto su un numero elevato di atleti.
  3. Le Cina ha conquistato medaglie numerose discipline, che sono caratterizzate da diverse capacità fisiche e mentali. Considerando la difficoltà nell’ottenere l’effetto voluto in una di queste discipline, quali e quante risorse (umane ed economiche) dovrebbero essere riversate sullo studio e l’applicazione del doping genetico sistemico?
  4. Alcuni atleti cinesi si allenano all’estero e sono allenati da allenatori stranieri. Ad esempio i marciatori, che hanno trionfato nella loro specialità (1° e 2° posto nella 20 chilometri), sono allenati dall’italiano Sandro Damilano e hanno come “campo base” Saluzzo.
  5. Più di un miliardo e 400.000 abitanti sono una base sufficiente per selezionare atleti di altissimo livello in discipline del tutto differenti, soprattutto considerando le strutture fisiche dei cinesi sono le più varie, viste le 55 etnie riconosciute che vivono sul territorio della Cina continentale, che presentano caratteristiche fisiche, biologiche e culturali del tutto differenti.
  6. Statisticamente, nei controlli clinici olimpici, dal 1968 al 2012, solamente un’atleta cinese ha conosciuto l’onta della positività: Wu Dan, pallavolista, nell’Olimpiade barcellonese del 1992. Sono altre le nazioni che conoscono una frequenza decisamente più continua di squalifiche: Russia 9 (8 come Russia, 1 come URSS), Ungheria 9, Stati Uniti 8, Grecia 7.
    Nazioni che, con la sola esclusione della Russia, non ricevono accuse di “doping sistemico”, nonostante i molti dubbi rivolti da giamaicani e cinesi nei confronti degli Stati Uniti (ad esempio, Usain Bolt, nel 2008 ha dichiarato: «Il doping riguarda solo gli statunitensi. L’unico atleta di origine giamaicana a essere trovato positivo fu Ben Johnson, che correva per il Canada. Gatlin, Montgomery e Marion Jones hanno danneggiato l’immagine dell’atletica. I truffatori sono loro. Quelli puliti siamo noi. Che siamo rimasti qui, che abbiamo rifiutato il denaro dei college americani, che ci siamo tenuti lontani da questi affari. Il tempo lo dimostrerà»[5])
  7. Le accuse mosse verso Ye Shiwen sono motivate anche dalla giovanissima età dell’atleta (16 anni), tanto che anche la lituana Ruta Meilutyte (15 anni) è stata gettata nel calderone dell’infamia. Evidentemente eguali polemiche avrebbero dovuto suscitare anche la tedesca Franziska Van Almsick, regina mondiale del nuoto già a 14 anni, e l’italiana Federica Pellegrini, che già a 16 anni conquistava le prime medaglie olimpiche. All’epoca, però, fu sottolineato il solo (strepitoso) talento.
  8. La Cina è all’avanguardia nella lotta al doping, come riconosciuto a più riprese anche dal CIO. Zhao Jiang, vice presidente dell’Anti-doping cinese ha dichiarato: «Nel 1990, quando la Cina iniziò ad effettuare i controlli antidoping, venivano fatti 65 test l’anno. Ora ne svolgiamo 15mila. Per quello che so, in America sono all’incirca 7000 mentre in Australia 8000. Il nostro sistema è serio e severo»[6].

 

Al momento questi sono i fatti e non esistono, al di là di provocazioni e speculazioni, altre verità.

L’attacco alla spedizione olimpica cinese però non si è fermata alla sola diffamazione nel confronto di Ye Shiwen. La “solita” mobilitazione informatica[7] ha rilanciato un servizio giornalistico del “Daily Mail”[8], ripreso in Italia dal quotidiano “Libero”, in cui si descrivono con foto impressionanti i durissimi allenamenti delle giovani ginnaste cinesi. Un servizio, fra l’altro, che non rivelava nulla di “nascosto”, visto che le foto che lo corredavano non sono state rubate, ma fanno parte di servizi della Reuter e della AFP/Getty Images.

A riguardo rimandiamo all’ottimo articolo di Massimo Marzocco “La sirenetta di Guantanamo”, ripreso da numerosi siti [9].

In realtà, come sottolineato da numerose ex-ginnaste nei commenti alle fotografie, questo stile di  allenamento è la quotidianità anche per le giovanissime occidentali, che vengono cresciute con l’obiettivo di raggiungere risultati sportivi di alto livello.

E’ evidente però che gli straordinari risultati in termini di medaglie e prestazioni della Repubblica Popolare Cinese ha infastidito gli statunitensi che pensavano di aver messo “fine alla storia” olimpica dopo l’eliminazione dell’antagonista sovietico. Per testimoniare quanto gli americani tengano alla prima posizione del medagliere olimpico, basti ricordare che già nelle Olimpiadi del 1928 il Comitato Olimpico di Washington fu retto da un falco del patriottismo a stelle e strisce: il famigerato generale Douglas MacArthur.



[1] Nicola Sbetti, Giochi di potere, Le Monnier, 2012. Segio Giuntini, L’olimpiade dimezzata, Sedizioni, 2011

[2] http://video.repubblica.it/dossier/londra-2012/olimpiadi-zucconi-la-clessidra-italiana-e-l-oro-del-doping/102040/100421

[3] http://cinanazione.blogspot.it/2012/08/olimpiadi-vietate-ai-cani-e-ai-cinesi.html

[4] http://olimpiadi.corriere.it/2012/notizie/31-luglio-nuoto-cinese-doping-genetico_088265f8-dafe-11e1-8089-ce29fc6fe838.shtml

[5] http://www.puntosport.net/print_page.php?i=4779&basename=pageview2.php&y=

[6] http://www.agichina24.it/in-primo-piano/cultura/notizie/negativa-al-doping-la-cinese-br-/dei-record-ancora-polemiche

[7] http://www.nocensura.com/2012/08/olimpiadi-tante-medaglie-doro-ai-cinesi.html

[8] http://www.dailymail.co.uk/news/article-2181374/Ye-Shiwen–forging-Mandarin-mermaid-How-Chinese-children-brutalised-future-Olympians.html#ixzz22F3kryZS

[9] http://www.megachip.info/tematiche/democrazia-nella-comunicazione/8641-la-sirenetta-di-guantanamo.html


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