Ellen Brown, Global Research, 21 febbraio 2012; da “Web of Debt”
In un articolo intitolato “Ancora nessuna soluzione per la regola del ‘Troppo importante per fallire’”, il 15 febbraio William Greider ha scritto su The Nation:
“Gli speculatori dei mercati finanziari globali sono tutti quanti giunti alla conclusione che la riforma Dodd-Frank non ha posto fine alla regola del “troppo grande per fallire”, ma anzi ha finito per creare un circolo eletto di banche protette etichettate come “sistemicamente importanti” che non saranno mai fatte fallire, non importa quanto negativa possa essere la loro condotta”.
Può anche essere così, ma bisogna in ogni caso tenere conto che vi è una piccola parte di questa cattiva condotta generale del sistema bancario che lo stesso Zio Sam non può coprire coi propri fondi: i 32000 miliardi di dollari in Credit Default Swaps (CDS). Trentaduemila miliardi di dollari è una cifra pari a più del doppio del PIL statunitense e più del doppio anche rispetto al debito interno degli USA.
I CDS sono una forma di derivato che gli investitori sovente detraggono come polizza assicurativa in caso di sopraggiunto default. Secondo l’istituto del Comptroller of Currency, circa il 95% dell’esposizione complessiva del sistema bancario agli strumenti finanziari derivati è riconducibile ai cinque principali gruppi bancari del Paese: JPMorgan Chase, Citigroup, Bank of America, HSBC e Goldman & Sachs. Il mercato dei CDS non è sottoposto a regole di alcun tipo, e non viene richiesta alcuna garanzia sul fatto che l’”assicuratore” disponga realmente dei fondi necessari a ripagarli. In questo senso i CDS sono quasi delle puntate, e una grossa perdita alla roulette del mercato potrebbe pertanto distruggere l’intero casinò.
Potrebbe farlo perlomeno fino a che il casinò contenga al suo interno un gran numero di questi derivati. Decidere se un “evento creditizio” corrisponda a “default” vero e proprio che a sua volta comporterebbe una fuoriuscita di capitali spetta in primo luogo alla International Swaps and Derivates Association (ISDA), e pare che questa ISDA sia partecipata dalle principali banche e hedge funds del mondo. Insomma, ciò significa che il banco decide se lo stesso banco debba o meno pagare.
I Banchi di Morgan, Goldman e delle altre Cinque Grandi sono attualmente comprensibilmente preoccupate dal momento che un “evento di default” dichiarato ufficialmente in relazione a un debito sovrano in Europa sarebbe potenzialmente in grado di compromettere il loro sistema di 32000 miliardi di dollari in derivati. Questo stando a quanto contenuto in un articolo di Rudy Avizius edito il 15 febbraio sul The Market Oracle (Regno Unito) che spiega i retroscena di quanto accaduto in occasione del MF Global e del perché la mancata sottoscrizione del 50% dei bond greci non sia stata equiparata a un evento di default.
Se voi aveste ripagato solo il 50% del vostro mutuo mensile, queste stesse banche non avrebbero avuto dubbi nel dichiararvi insolventi. Le regole però sono differenti quando le banche hanno avuto il ruolo di garanti nella sottoscrizione del patto.
MF Global: il canarino nella miniera di carbone?
Mf Global era uno dei più importanti intermediari nel mercato dei prodotti finanziari derivati fino al 30 ottobre 2011, momento in cui sopraggiunse la sua indecorosa fine; quel giorno fu dichiarata l’ottava bancarotta più pesante dell’economia statunitense dovuta a una “carenza strutturale” di centinaia di milioni di dollari nei capitali dei fondi investiti dai clienti. Lo scambio dei CDS si basava su una lunga lista di accordi che ne regolavano la compravendita, denominati nel gergo dell’ambiente come “repos”, volti a massimizzare e aumentare il profitto finale. Tra le scommesse poi perdute figurava anche ne figurava anche una poi finita male di 6,3 miliardi di dollari che l’agenzia stessa aveva scelto di investire di sua propria volontà sui bond di alcune delle Nazioni europee maggiormente indebitate.
Scrive Avizius:
“In Europa è stato raggiunto [un] accordo secondo il quale gli investitori dovrebbero accollarsi la sottoscrizione del 50% dei bond del debito sovrano greco. A questo punto MF Global ha fatto registrare una crescita su tutte le piazze che oscilla dalle 40 alle 80 volte a seconda delle cifre di cui vi fidate. Mettiamo caso che il valore di MF Global sia cresciuto di 40 volte, ciò significa che non sarebbe mai in grado di assorbire una perdita minima pari al 3%; in questa maniera quando è stato raggiunto l’accordo relativo al “taglio” del 50% dei bond greci, MF Global è stata di fatto condannata. Ha tentato lo stesso di minimizzare le perdite attingendo in maniera criminale ai fondi dei suoi stessi clienti, e sappiamo tutti quanti fin troppo bene come una mossa del genere abbia finito per fare perdere ai cittadini i loro investimenti….
MF Global riteneva in ogni caso di potere fare speculazione a rischio zero perché aveva comprato CDS da queste grandi banche per tutelarle nell’eventualità in cui le loro puntate sul Debito Europeo fossero volte al peggio. In linea teorica MF Global sarebbe dovuta essere protetta dai CDS che custodiva, ma poiché l’ISDA non si dimostra intenzionata a dichiarare l’”evento creditizio” greco come un default, MF Global non è stata capace di ripianare le sue perdite, finendo per implodere”.
Insomma, il banco ha vinto proprio perché era lui a definire cosa fosse la “vittoria”. Ma che cosa accadrebbe nel caso in cui la Grecia o un qualsiasi altro Paese semplicemente si alzassero dal tavolo e si rifiutassero di pagare? Questo sarebbe difficilmente qualificabile come un semplice “taglio”. Piuttosto sarebbe una vera e propria decapitazione finanziaria. Il conto dell’intera operazione andrebbe incontro a morte certa. Non esiste nessun sotterfugio dialettico per non definire un evento simile un “default”.
Una simile possibilità di definitivo fallimento da parte della Grecia è considerato da alcuni esperti piuttosto probabile e anche abbastanza prossimo. Il Dottor Irwin Seltzer, ricercatore capo e direttore del gruppo per gli studi di economia politica dell’Hudson Institute, intervistato dallo Yorkshire Post (Regno Unito) ha dichiarato:
“E’ solo questione di tempo prima che vadano in bancarotta. In realtà sono in bancarotta già ora, è solo questione di come riconoscerlo e di come la si chiama tecnicamente”.
Quel che è certo è che la Grecia andrà certamente in default… forse già a marzo. Fossi in loro uscirei [dall’Euro].
Il tocco di Re Mida al contrario
In un articolo uscito su The Observer (Regno Unito) l’11 febbraio dal titolo “L’equazione aritmetica che ha portato al crollo delle banche”, Ian Stewart ha spiegato l’equazione di Black-Scholes che ha spalancato le porte al mondo dei prodotti finanziari derivati:
“Il settore finanziario la chiamava inizialmente Formula di Re Mida e la considerava come la ricetta per trasformare ogni cosa in oro. I mercati però hanno dimenticato la conclusione della storia di Re Mida”.
Come raccontato da Aristotele, in questo racconto dell’antica Grecia Mida finiva per morire di fame dopo la vana invocazione per il tocco dorato. Oggi si sta affamando il popolo greco per salvare il casinò di Wall Street e il suo banco di 32000 miliardi di dollari. Scrive Avizius:
“I soldi ricavati dalla vendita di questi derivati sono le fonti primarie degli elevati profitti e dei bonus che osserviamo oggi a Wall Street. I signori del denaro si sono accaparrati profitti osceni grazie a questo schema perverso, ma adesso vivono nel terrore che tutto venga alla luce e di perdere la gallina dalle uova d’oro. Ciò che questi gruppi bancari hanno fatto è in sintesi gonfiare l’intero sistema a un livello talmente sproporzionato che l’intero castello di carte è minacciato da una piccola Nazione di appena 11 milioni di abitanti. La Grecia potrebbe trascinare nel baratro l’intero sistema finanziario globale. Se dichiarasse il fallimento le conseguenti ricadute innescherebbero un processo a catena che causerebbe il fallimento delle maggiori banche del mondo; qualcosa al cui confronto il fallimento Lehman sembra di poco conto”.
Alcuni osservatori si chiedono se il fallimento greco sarebbe così catastrofico. Secondo un commento pubblicato da Forbes l’’11 ottobre 2011:
“[Il] valore complessivo stimato sui contratti CDS greci è pari a 54,34 miliardi di dollari (dati della settimana scorsa), come riferito dall’ultimo rapporto estratto dall’archivio dei conti della Depository Trust & Clearing Corporation (DTCC). La DTCC ha le possibilità di svolgere un’analisi complessiva dei ricavi di mercato avendo il possesso dei dati relativi praticamente all’intero mondo dei CDS. Inoltre la DTCC ha riportato che le perdite nei ricavi potrebbero essere di impatto più basso rispetto a quanto prefigurato, col picco massimo dei movimenti che si sposterebbe da un istituto all’altro a seconda della collocazione delle domande dei CDS, la cui portata complessiva in caso di default sarebbe pari a un totale di 2,68 miliardi di dollari. Se l’analisi del DTCC fosse corretta, il mercato dei CDS connesso al debito sovrano della Grecia non andrebbe ad amplificare troppo le conseguenze di un default greco (a meno di un contagio esteso ad altri Paesi europei)”.
Comunque è proprio il “contagio” che sembra essere lo spauracchio principale. I giocatori che hanno coperto le loro puntate scommettendo su entrambi i tavoli non potrebbero riscuotere le loro vincite; viceversa anche non potrebbero ripagare le loro scommesse perdute, e questo porterebbe a loro volta altri giocatori a non potere riscuotere le proprie puntate. Il potenziale di questa sorta di reazione nucleare è tale da avere indotto lo speculatore miliardario Warren Buffett a chiamare i derivati “armi finanziarie di distruzione di masse”. Questo è anche il motivo principale per cui il sistema bancario non può permettersi di lasciare fallire grossi investitori in derivati (come Bear Sterns o Lehman Brothers). Quello che è a rischio è l’esistenza stessa dello schema speculativo sui derivati. Come scritto in un articolo uscito il 20 gennaio sul The Wall Street Journal:
“Ciò che va tenuta in piedi è la reputazione dei CDS come strumento utile tanto per i risparmiatori quanto per gli speculatori, un giro di affari pari a 32400 miliardi di dollari a giugno dello scorso anno; a questo va aggiunto il valore stimato che può essere assegnato a un debito sovrano, con 2900 miliardi di dollari in CDS nazionali, nel caso in cui il meccanismo di protezione finanziaria non venga considerato sufficientemente affidabile per ripianare e ripagare le sue perdite; il tutto con la prospettiva che un default non controllato da parte della Grecia potrebbe avere sul sistema bancario globale”.
Gli attori che si siedono al tavolo di gioco della finanza globale in futuro potrebbero rifiutarsi di pagare. Nel momento in cui il banco è però talmente coinvolto in prima persona nel gioco, va messa in dubbio le legittimità dello schema dei CDS nel suo insieme. Come ha scoperto sulla propria pelle MF Global, non può esservi alcuna “speculazione a rischio zero” protetta col mercato dei derivati.
Ellen Brown è un procuratore e presidente del Public Banking Institute, http://PublicBankingInstitute.org . In “Web of Debt”, il più recente degli undici libri da lei scritti, mostra come un cartello privato abbia usurpato la legittimità del popolo per creare una moneta a loro uso personale, e come il popolo stesso abbia gli strumenti per riprendersi questo suo diritto. I suoi siti web sono http://WebofDebt.com e http://EllenBrown.com.
Ellen Brown collabora frequentemente con Global Research.
FONTE: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=29411
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