Il Kazakhstan è con ogni probabilità lo stato postsovietico dell’ Asia Centrale che è riuscito a realizzare con maggiore successo il proprio percorso di crescita politica ed economica. Un successo non affatto scontato, se si tiene conti delle enormi sfide poste dal crollo dell’Unione Sovietica e dalle peculiarità del contesto kazaco. Alla fine del 1991, al momento del crollo del sistema sovietico, quasi tutti gli osservatori internazionali erano pronti a scommettere sull’ incapacità del Kazakhstan indipendente di riuscire a costruire un sistema istituzionale e produttivo autonomo da quello del “grande fratello” russo. Il Kazakhstan all’interno del sistema sovietico era infatti la repubblica federata dell’ Asia Centrale con i legami più stretti con Mosca dato che ogni settore produttivo (dall’ industria pesante alla rete degli idrocarburi) era orientato verso il vicino russo. Non solo, altro fattore di estrema rilevanza era costituito dalla presenza di una massiccia comunità russa in terra kazaca: nel 1989 (anno dell’ultimo censimento di epoca sovietica) quasi il 40% della popolazione era di etnia russa (dato che saliva se si teneva conto delle altre comunità russofone (ucraini e bielorussi) e di quella tedesca, concentrate in particolar modo nelle regione settentrionali e nei principali centri urbani.
Questa situazione, come accennato, era da molti valutata con preoccupazione: si temeva, infatti, che i nuovi vertici politici kazachi non sarebbero stati capaci di gestire una nazione multietnica e multinazionale. L’ ascesa di un regime nazionalista avrebbe potuto alterare equilibri difficili e fare del Kazakhstan un polveriera pronta ad esplodere da un momento all’ altro. In più destavano preoccupazioni le rivendicazioni dei nazionalisti russi, che consideravano come suolo patrio le terre settentrionali russe. Anche il Premio Nobel Aleksandr Solzenicyn che già nel 1990 in Come Ricostruire la Nostra Russia? Considerazioni Possibili scriveva sulla necessità, da parte ricostituendo “nucleo russo” di liberarsi del “fardello imperiale” e in particolare del “sottopancia asiatico”, ma senza rinunciare a quelle terre che erano abitate in prevalenza da popolazioni russofone: “Oggi in tutto questo pompato Kazachstan, i kazachi sono meno della metà della popolazione. La loro tana, la loro solida patria d’origine, è il grande arco delle regioni meridionali, che si stende dalla parte più orientale verso ovest, fin quasi al Caspio, che è effettivamente popolato in prevalenza dai kazachi. E, se in questo ambito geografico, vogliono distaccarsi, che vadano pure con Dio”.
L’ eurasiatismo di Nursultan Nazarbaev
In questo senso per la nascita e il rafforzamento della sovranità dello Stato kazaco il ruolo del Presidente Nursultan Nazarbaev è stato di fondamentale imprtanza. Primo Ministro della Repubblica nazionale negli ultimi anni dell’ URSS, Nazarbaev aveva appoggiato i tentativi di riforma dell’ Unione promossi da Gorbacev e solo di fronte all’ inevitabilità del crollo del sistema comunista promosse anch’ egli, per ultimo, l’indipendenza della propria nazione.
La politica di Nazarbaev deve essere valutata senza le strumentalizzazioni spesso in uso in paesi occidentali: sebbene il suo rimanga un regime lontano dagli standard occidentali per quanto concerne i “diritti umani”, è altrettanto doveroso considerare l’ abilità politica di un Presidente che nel corso di 20 anni è riuscito a fare del Kazakhstan, che era un paese sull’ orlo del baratro, un Paese modello per le repubbliche confinanti dell’ Asia Centrale.
In particolare meritano attenzione quegli aspetti della politica e della ideologia nazarbaeviana che hanno consentito al Kazakhstan di realizzare una crescita economica sostenuta e una politica estera raffinata, riuscendo sempre a mantenere una discreta autonomia rispetto alla Federazione Russa ed anche nei confronti dell’ altro grande vicino, la Repubblica Popolare Cinese, nonché nei confronti dei paesi occidentali.
Fondamento di questa ideologia e di tutta la politica kazaca è sicuramente l’ idea del Kazakhstan quale paese eurasiatico per eccellenza, “ponte” tra Europa e Asia tra culture, luogo di incontro e pacifica convivenza tra religioni e popoli differenti. Questa idea è stata declinata dal presidente sin dai primi anni di indipendenza ed ha costituito la base sulla quale fondare non solo l’ orientamento geopolitico e geo-economico kazaco, ma anche la stessa identità nazionale. L’eurasiatismo kazaco si inserisce nell’ ambito della riscoperta del pensiero eurasiatista avvenuta negli ultimi decenni in Russia; non è un caso che intellettuali come Aleksandr Dugin (massimo esponente del pensiero neoeurasiatista) abbiano fatto riferimento al presidente kazaco come incarnazione politica dell’ ideologia eurasiatista. Al tempo stesso è necessario considerare che, al di là di una comunanza di valori e di prospettive per quanto concerne l’ integrazione politica nello spazio post-sovietico, esiste comunque una differenziazione tra queste due varianti eurasiatiste: l’ eurasiatismo nazarbaeviano ha una particolare connotazione che non può non risentire della posizione geografica e delle caratteristiche stesse del suo paese, al centro non solo politico ma anche geografico dello scacchiere eurasiatico e multietnico e multireligioso per eccellenza.
In Kazakhstan l’ eurasiatismo assume, pertanto, un valore non solo per ciò che concerne la politica estera, ma anche per la politica interna. Concepire il Kazakhstan come paese eurasiatico ha consentito ad Astana di mostrarsi tollerante nei confronti delle numerose comunità etniche minoritarie presenti, di rassicurare in particolar modo le popolazioni russofone, e ciò è avvenuto attraverso una gestione moderata di questioni molto delicate per i fragili equilibri interni, come per esempio la scelta della lingua ufficiale e la rappresentanza delle minoranza negli organi istituzionali. Uno dei timori che si avvertiva agli inizi degli anni ’90 era proprio la possibilità che i nuovi vertici kazachi, una volta ottenuta l’ indipendenza da Mosca, dessero vita a politiche di nazionalizzazione ed emarginazione delle comunità etniche non kazache. Al contrario, Nazarbaev ha operato in maniera profondamente diversa. Sin da subito ha espresso l’intenzione di agire in maniera tollerante ed aperta nei confronti di tutte le comunità etniche. Pur non essendosi opposto ad una “nazionalizzazione di fatto” (avvenuta grazie soprattutto al raggiunto predominio demografico da parte dei kazachi) il Presidente ha sempre agito cercando di eliminare ogni possibile fonte di tensione tra le comunità e cercando di isolare gli opposti estremismi sia dalla parte dei russi che da quella dei nazionalisti kazachi che premevano per l’ adozione di una legislazione più aggressiva.
Il Kazakhstan ha realizzato la sua visione eurasiatica attraverso la promozione di numerosi tentativi di integrazione regionali, divenendo l’ assoluto protagonista in Asia Centrale. Una strategia che nasce ben prima che la crescita economica ponesse Astana tra i principali attori dell’ Asia Centrale. Già nel 1994 Nazarbaev, in un intervento all’ università di Mosca, aveva delineato la sua idea di Unione Eurasiatica quale risposta alla crisi economica e politica successiva al crollo dell’ URSS. La proposta cadde nel vuoto, tuttavia l’ impegno del leader kazaco per l’ approfondimento della cooperazione su scala regionale non è mai venuto meno. Il Kazakhstan è, per esempio, membro della CSI, dell’ Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva e di numerose altre organizzazioni regionali, ma è nella realizzazione dell’ Unione Eurasiatica che riemerge di nuovo la concezione eurasista dell’ integrazione politica-economica nell’ area centroasiatica tipica di Nazarbaev. Nell’ articolo pubblicato nell’ ottobre 2011 sul quotidiano Isvestija Nazarbaev parla dell’ unione russa-kazaca-bielorussa come di un “mega-progetto” destinato ad inserirsi all’ interno dell’ architettura geopolitica mondiale, di un’ organizzazione destinata a ricoprire il ruolo di “ponte tra le economie dinamiche di Europa e Asia orientale, sud-orientale e meridionale”. Che il Kazakhstan, attraverso il lavoro incessante del suo presidente, abbia notevolmente contribuito a tenere vivo e, anzi, a rafforzare il processo di cooperazione eurasiatico è fuori di dubbio, tant’ che pure il presidente russo Vladimir Putin ha pubblicamente riconosciuto al leader kazaco il ruolo di “motore” dell’ iniziativa di integrazione.
Politica estera multivettoriale e geo-economia.
Altro elemento fondamentale del politica eurasiatista nazarbaeviana è sicuramente quello legato alla geoeconomia e alla politica estera multivettoriale. Con quest’ ultima si intende un particolare tipo di diplomazia incentrata su un approccio realista, pragmatico e non eccessivamente ideologico. Obiettivo principale diventa pertanto lo stabilimento di ottime relazioni con le principali attori internazionali per il conseguimento dell’ interesse nazionale al fine di assicurare la sicurezza dei confini e la crescita economica. Queste due hanno infatti rappresentato delle costanti preoccupazioni per il regime di Nazarbaev. Il presidente kazaco con la sua politica eurasista ha istituito ottimi rapporti con i due potenti vicini, Federazione Russa e Cina, ma anche con le altre repubbliche centroasiatiche. Al tempo stesso, Nazarbaev ha agito a livello internazionale imponendo all’ attenzione dell’ opinione pubblica mondiale alcune tematiche di grandissima rilevanza, riuscendo ad accreditarsi come leader moderato e affidabile. Non si può dimenticare infatti, la gestione dello smaltimento dell’ arsenale atomico ereditato dall’ URSS (oltre 1200 testate, per il 4° arsenale atomico al mondo) attraverso il coinvolgimento delle istituzioni internazionali e delle grandi potenze, che il Kazakhstan riuscì a collegare a precise garanzie circa la tutela dell’ integrità territoriale del paese. E’ necessario, poi, sottolineare gli sforzi compiuti da Astana assieme alla Banca Mondiale per salvare il lago d’ Aral, oggetto forse della più grande catastrofe ambientale provocata dall’ uomo. La politica estera multivettoriale ha consentito al Kazakhstan di stabilire buone anche non facili relazioni anche con i paesi occidentali, non solo dal punto di vista economico ma anche attraverso la partecipazione a programmi o organizzazioni internazionali. Il paese centroasiatico oltre a collaborare militarmente con Mosca, ha partecipato a diversi programmi allestiti dalla NATO (Partnership for Peace) e ha inviato un proprio battaglione durante le operazioni militari in Iraq, mentre a livello politico il principale successo della diplomazia kazaca è stata la concessione della presidenza di turno dell’ OSCE nel 2010.
Da un punto di vista geo-economico il fattore principale che caratterizza l’ economia e le relazioni con gli altri paesi è quello relativo la produzione di idrocarburi. Attraverso la scoperta di alcuni dei più grandi giacimenti petroliferi al mondo, il Kazakhstan si è imposto come uno dei maggiori esportatori di materie prime finendo al centro di un complesso gioco politico ed economico che vede protagonisti anche Federazione Russa, Cina, i paesi occidentali e le grandi multinazionali del settore. La multivettorialità perseguita attraverso l’ apertura ad accordi con USA e UE ha consentito al Kazakhstan di ampliare il numero dei partenariati economici in modo tale da potersi riservare più ampi margini di manovra nelle scelte strategiche in economia. Ciò è valso soprattutto a partire dalla metà degli anni ’90 quando il Kazakhstan, che per l’esportazione del greggio era costretto ad affidarsi alla rete di oleodotti costruita dai russi in epoca sovietica, ha cominciato a collaborare con le grandi compagnie petrolifere americane, europee e cinesi per lo sfruttamento delle sue immense riserve e per la realizzazione di rotte alternative per le esportazioni.
Per quanto il Kazakhstan punti alla diversificazione dei partner economici, le priorità per il paese kazaco rimangono comunque ben chiare e il “vettore eurasiatico” rimane quello principale: al primo posto c’è la relazione con la Federazione Russa, considerata strategica; poi viene considerato il rapporto di buon vicinato ma sempre più rilevante da un punto di vista economico-commerciale con la Cina; infine, i rapporti con gli Usa e i paesi UE.
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