“Patria di pazienza, terra dei Russi!”
Fëdor Ivanovič Tjutčev

 

Circa trent’anni fa, nel 1993, il politologo statunitense John Mearsheimer presentava come inevitabile lo scoppio di un conflitto tra la Russia e l’Ucraina. “La situazione – scriveva su “Foreign Affairs” – è ormai matura perché tra i due paesi esploda un’accesa rivalità in materia di sicurezza. Le grandi potenze divise da una linea di confine molto estesa e non protetta, come quella che separa Russia e Ucraina, entrano spesso in contrasto spinte dalla paura per la propria sicurezza. Russia e Ucraina potrebbero superare tale dinamica e imparare a convivere in armonia, ma una soluzione di questo tipo sarebbe alquanto inusuale”[1].

A questo approccio, basato su un modello “statalista” di scuola realista, Samuel Huntington rimproverò di ignorare il dato storico degli “stretti legami storici, culturali e personali che uniscono Russia e Ucraina e il forte grado di assimilazione reciproca esistente tra le popolazioni di entrambi i paesi”[2]; sottolineando invece la “profonda cesura culturale che divide l’Ucraina orientale ortodossa e l’Ucraina occidentale uniate”[3], il teorico dello “scontro delle civiltà” invitava a prendere in considerazione l’eventualità che il paese si spaccasse in due parti, ma riteneva improbabile una guerra russo-ucraina.

Quasi simultaneamente l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski, riferendosi dichiaratamente alla celebre formula di Sir Harold Mackinder (“Chi domina l’Europa orientale comanda il Cuore del mondo; chi domina il Cuore del mondo comanda l’Isola-Mondo[4]; chi domina l’Isola-Mondo comanda il mondo”[5]), illustrò la fondamentale funzione strategica che un’Ucraina separata dalla Russia avrebbe potuto svolgere al fine di agevolare il rafforzamento del controllo americano sull’Eurasia. “L’Ucraina, un nuovo ed importante spazio sullo scacchiere eurasiatico – argomentava Brzezinski nella Grande scacchiera – è un perno geopolitico [a geopolitical pivot], perché la sua esistenza stessa come paese indipendente aiuta a trasformare la Russia [helps to transform Russia]. Senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero eurasiatico. (…) Se Mosca riprende il controllo dell’Ucraina, coi suoi cinquantadue milioni di abitanti e le sue grandi risorse, nonché l’accesso al Mar Nero, la Russia automaticamente ritrova il modo per diventare un potente Stato imperiale, esteso sull’Europa e sull’Asia”[6].

La “geostrategia per l’Eurasia [geostrategy for Eurasia]”[7] proposta da Brzezinski agli Stati Uniti comportava perciò che ad ogni costo venisse impedito a Mosca di esercitare la propria egemonia sulla sua storica sfera d’influenza. L’Ucraina, alla quale Brzezinski assegnava la funzione di bloccare la Russia ad ovest e a sud, diventava così lo “scudo difensivo” dell’Europa centrale (concetto ribadito con le stesse parole, venticinque anni dopo, dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco[8]); altro compito dell’Ucraina sarebbe stato quello di tenere sotto costante controllo la Bielorussia. Infine, benché Brzezinski si rendesse conto che la Russia, dopo aver dovuto subire l’ingresso nella NATO dei paesi dell’Europa Centrale, avrebbe trovato “incomparabilmente più difficile [incomparably harder]”[9] accettare l’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza militare egemonizzata dagli Stati Uniti, Kiev avrebbe fornito basi militari alla NATO garantendole l’accesso al Mar Nero. Così, con l’indebolimento della Russia, l’Ucraina avrebbe costituito il tramite per il collegamento del blocco occidentale con la regione transcaucasica e quindi avrebbe potuto consentire di minacciare da vicino la Repubblica Islamica dell’Iran.

Il progetto elaborato da Brzezinski costituisce lo sfondo strategico del documento che la NATO e l’Ucraina stessa siglarono nel 1997 per formalizzare il loro rapporto di partenariato. In quel documento si può leggere che “il ruolo positivo della NATO consiste nel mantenimento della pace e della stabilità in Europa, nella promozione di maggiore fiducia e trasparenza nell’area euro-atlantica, nell’apertura alla cooperazione con le nuove democrazie dell’Europa centrale e orientale, di cui è parte inseparabile l’Ucraina”. In seguito, nel novembre 2002, il rapporto della NATO con l’Ucraina sarebbe stato approfondito ed ampliato con l’adozione del Piano d’azione NATO-Ucraina, “che rafforza le attività di riforma dell’Ucraina verso la piena integrazione nelle strutture di sicurezza euro-atlantiche”[10].

Nel progetto geostrategico di Brzezinski il ruolo assegnato all’Ucraina si inseriva in un panorama europeo caratterizzato dall’allargamento della NATO ad est e dal complementare ampliamento dell’Unione Europea, “sostanziale testa di ponte geopolitica dell’America in Eurasia [America’s essential geopolitical bridgehead in Eurasia]”[11]. Perciò l’ampliamento dell’Unione Europea non avrebbe dovuto destare eccessive preoccupazioni alla Casa Bianca, al contrario. “Un’Europa più ampia – assicurava Brzezinski – espanderà il raggio dell’influenza americana [A larger Europe will expand the range of American influence] (…) senza creare nello stesso tempo un’Europa politicamente così integrata che possa presto sfidare gli Stati Uniti in affari geopolitici di grande importanza per l’America altrove, in particolare nel Medio Oriente”[12].
Offrendo all’Ucraina la prospettiva di aderire all’Unione Europea, ingerendosi sfrontatamente negli affari ucraini per aiutare i sovversivi di Majdan a trasformare l’Ucraina in un paese ostile alla Russia, fornendo sostegno politico e militare al regime golpista e sostenendo le iniziative antirusse delle amministrazioni statunitensi, l’Unione Europea ed i governi di alcuni paesi europei hanno collaborato attivamente per consolidare la “testa di ponte democratica” (democratic bridgehead) richiesta dal progetto statunitense di penetrazione nel continente eurasiatico.

Alla fine, dopo aver pazientato per più di vent’anni, la Russia è stata costretta a reagire. Perfino un ex militare della NATO, il generale Marco Bertolini[13], ha ammesso: “Gli Stati Uniti non si sono limitati a vincere la Guerra Fredda, ma hanno anche voluto umiliare la Russia prendendole tutto quello che in un certo senso rientrava nella sua area di influenza. La Russia ha sopportato con i Paesi Baltici, la Polonia, la Romania e la Bulgaria: di fronte all’Ucraina, che le avrebbe tolto ogni possibilità di accedere al Mar Nero, ha reagito”[14].

Ben prima di passare il Rubicone, Vladimir Putin aveva avvertito l’Occidente. Già nel 2007, alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, il presidente denunciò infatti il carattere aggressivo e provocatorio dell’espansione della NATO. “In Bulgaria e in Romania – disse – compaiono le cosiddette basi americane avanzate con circa cinquemila uomini ciascuna. Risulta che la NATO ha dispiegato ai nostri confini le sue forze avanzate, mentre noi, continuando a rispettare gli impegni del Trattato[15], non reagiamo in alcun modo. Penso che sia ovvio che l’espansione della NATO non ha niente a che fare con la modernizzazione dell’Alleanza stessa o con la necessità di rendere più sicura l’Europa. Al contrario, rappresenta un grave fattore di provocazione che riduce il livello di fiducia reciproca. E noi abbiamo il diritto di chiedere: contro chi si sta svolgendo questa espansione? E che ne è stato delle dichiarazioni fatte dai nostri interlocutori occidentali dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia? Dove sono oggi quelle dichiarazioni?”[16].


NOTE

[1] John J. Mearsheimer, The Case for a Nuclear Deterrent, in “Foreign Affairs”, n. 72, Estate 1993, p. 54.

[2] Samuel P. Huntington, Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano 2001, pp. 38.

[3] Samuel P. Huntington, op. cit., p. 39.

[4] L’Isola-Mondo è, per Mackinder, la massa continentale che comprende Europa, Asia ed Africa.

[5] “Who rules East Europe commands the Heartland; who rules the Heartland commands the World-Island; who rules the World-Island commands the world” (H. J. Mackinder, Democratic Ideals and Reality. A Study in the Politics of Reconstruction, [1919, 1942], National Defense University, Washington 1996, p. 106.

[6] Zbigniew Brzezinski, The Grand Chessboard. American Primacy and Its Geostrategic Imperatives, Basic Books, New York 1997, p. 46.

[7] Zbigniew Brzezinski, op. cit., p. 197.

[8] “L’Ucraina è ‘lo scudo dell’Europa’ contro l’esercito russo. Lo ha detto il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky intervenendo alla conferenza sulla Sicurezza di Monaco” (ANSA, Berlino, 19 febbraio 2022).

[9] Zbigniew Brzezinski, op. cit., p. 121.

[10] https://www.nato.int/docu/sec-partnership/sec-partner-it.pdf

[11] Zbigniew Brzezinski, A Geostrategy for Eurasia, “Foreign Affairs”, settembre-ottobre 1997, p. 53.

[12] Zbigniew Brzezinski, op. cit, p. 199.

[13] Il gen. Marco Bertolini è stato, fra l’altro, Capo di Stato Maggiore della “Extraction Force” della NATO presso la Repubblica di Macedonia (FYROM) per l’eventuale recupero dei verificatori dell’OSCE in Kosovo.

[14] www.liberoquotidiano.it, 24 febbraio 2022.

[15] Il Trattato Adattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa, firmato nel 1999.

[16] Discorso di Vladimir Putin alla 43° Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, 2/2007, p. 251.


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Claudio Mutti, antichista di formazione, ha svolto attività didattica e di ricerca presso lo Studio di Filologia Ugrofinnica dell’Università di Bologna. Successivamente ha insegnato latino e greco nei licei. Ha pubblicato qualche centinaio di articoli in italiano e in altre lingue. Nel 1978 ha fondato le Edizioni all'insegna del Veltro, che hanno in catalogo oltre un centinaio di titoli. Dirige il trimestrale “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”. Tra i suoi libri più recenti: A oriente di Roma e di Berlino (2003), Imperium. Epifanie dell’idea di impero (2005), L’unità dell’Eurasia (2008), Gentes. Popoli, territori, miti (2010), Esploratori del continente (2011), A domanda risponde (2013), Democrazia e talassocrazia (2014), Saturnia regna (2015).