La mattina di mercoledì 29 giugno tutti i notiziari italiani hanno dato la notizia che la Turchia aveva rimosso il veto all’ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO: la decisione era stata presa il giorno prima nel corso del vertice dell’Alleanza Atlantica di Madrid.
La generale esultanza dei media – con l’eccezione per la verità di quelli allineati alla promozione della “causa curda”, che hanno subodorato un tradimento atlantista ai danni di tale causa – ha superficialmente minimizzato gli effettivi passaggi di quanto avvenuto, che proviamo qui a riassumere.
Nella serata del 28 giugno, dopo circa quattro ore di riunione, è stato sottoscritto un “memorandum trilaterale” redatto in dieci punti fra i ministri degli Esteri turco, finlandese e svedese, “sotto gli auspici del Segretario Generale della NATO “; il testo è reperibile nel sito della NATO stessa, www.nato.int cui si rinvia per prenderne visione completa.
Fra gli altri, il canale televisivo turco TRT aveva riassunto i tre punti salienti del memorandum (che non è un trattato, ma è comunque un’importante dichiarazione di intenti) nella promessa svedese e finlandese di passi concreti per l’estradizione verso la Turchia di terroristi ricercati da Ankara, nella rimozione delle restrizioni concernenti l’industria della Difesa e nell’impedimento della propaganda dei gruppi terroristi antiturchi. Il ministro della Giustizia turco Bozdağ ha subito precisato che verranno nuovamente inviate a Stoccolma e a Helsinki le richieste di estradizione già pronte e riguardanti membri del PKK e affiliati alla rete gülenısta.
Ferma restando la gravità delle conseguenze dell’ingresso dei due Paesi nordici nel fronte atlantista – che determinerà l’ulteriore aumento della tensione nell’area, a tutto detrimento dell’Europa – un esame attento del memorandum solleva alcune perplessità di fondo che qui riportiamo.
Innanzitutto risulta chiaro che il meccanismo trilaterale previsto entrerà in vigore dopo l’ammissione di Finlandia e Svezia nella NATO. Al paragrafo 10, quello conclusivo, si afferma che “la Turchia conferma il suo sostegno di lunga data alla politica di apertura della NATO e accetta di sostenere al vertice di Madrid l’invito a Finlandia e Svezia a diventare membri della NATO”, mentre al paragrafo precedente viene precisato che per l’attuazione dei passaggi necessari agli accordi fra la Turchia e i due Paesi scandinavi i tre Stati in questione “istituiranno un meccanismo congiunto permanente con la partecipazione di esperti dei ministeri degli Affari Esteri, dell’Interno e della Giustizia nonché dei servizi di intelligenza e delle istituzioni di sicurezza. Il meccanismo congiunto permanente sarà aperto alla partecipazione di altri”. Dunque una procedura complessa e oltretutto aperta alla “partecipazione di altri” (?), che non dà garanzie e forse nemmeno probabilità di successo e di effettivo accordo fra le parti. In cambio la Turchia si impegna ora, in questo momento (28 giugno 2022) a sostenere l’ingresso di Stoccolma e Helsinki nella NATO. È pur vero che sostenere l’invito ai due Paesi non equivale a rimuovere l’eventuale veto all’adesione degli stessi, ma, come notavamo, la tempistica delle procedure finirà probabilmente per garantire l’adesione in assenza di un veto formulato per tempo.
In secondo luogo non appare chiarissima l’individuazione dei terroristi che i due Stati scandinavi dovranno perseguire e consegnare alla Turchia. Se per quanto riguarda il PKK l’indicazione è precisa e inequivocabile, per il resto si rimane un po’ nel vago (paragrafo 8 comma 4: “La Finlandia e la Svezia indagheranno e vieteranno qualsiasi attività di finanziamento e reclutamento del PKK e di tutte le altre organizzazioni terroristiche e delle loro estensioni”). Al paragrafo 4 vi è un esplicito riferimento allo YPG/PYD (guerriglieri curdi operanti in Siria del tutto assimilabili al PKK, con cui operano in simbiosi) e “all’organizzazione descritta come FETO (ndr la rete gülenısta)”, però entrambi vengono ricompresi fra le “minacce alla sicurezza nazionale” turca, cui Finlandia e Svezia “non forniranno supporto”. Dunque vi sono due livelli ben distinti: quello del PKK e di altre imprecisate organizzazioni terroristiche, per i quali valgono indagini e divieto di finanziamento e reclutamento, e quello di YPG/PYD e rete gülenısta, verso i quali vale soltanto una sorta di neutralità (“non forniranno supporto”) di Finlandia e Svezia.
Per la Turchia e per il suo governo si appalesa dunque un accordo da esibire come trofeo in previsione delle elezioni del Centenario; per Helsinki e per Stoccolma una comoda scorciatoia verso l’ammissione alla NATO e per la NATO stessa un ottimo risultato nella sua corsa ad Oriente incurante di tutto e di tutti: come è noto infatti l’invito all’adesione è già partito, praticamente in contemporanea con la sottoscrizione del frettoloso memorandum trilaterale.
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