Il 16 e 17 aprile si è tenuta a Mosca una grande conferenza internazionale organizzata dal Ministero della Difesa russo, la MCIS (Moscow Conference on International Security). Nel sostanziale disinteresse dei media europei e americani, più inclini a seguire la controparte atlantista delle conferenze sulla sicurezza (quella annuale di Monaco di Baviera) grandi rappresentanti governativi di settanta paesi (solo la Grecia, fra i paesi NATO, era presente) hanno discusso ed espresso opinioni sull’attuale situazione geopolitica mondiale e in particolare sul ruolo delle potenze eurasiatiche ed asiatiche nel quadro globale. La conferenza di Mosca, rappresentando il punto di vista non euro-atlantico, ha innanzitutto espresso forti critiche all’operato degli Stati Uniti nella rivoluzione ucraina del 2014 e nei recenti moti di protesta di Hong Kong e Venezuela.
Il ministro russo della Difesa Sergey Shoigu ha denunciato nel suo intervento il pericolo derivante da quelle nazioni che “si considerano vincitrici della Guerra Fredda e che vogliono imporre il loro potere sulle altre” per la stabilità e la pace internazionale determinata dopo la Seconda Guerra Mondiale, giunta al termine settant’anni fa. Ha inoltre criticato l’”unilateralismo” americano negli affari internazionali e la politica di sviluppo di un’assoluta superiorità militare, difficilmente giustificabile solo per motivi difensivi. Ha definito “la più grande tragedia causata dalla politica delle rivoluzioni colorate” la guerra civile in Ucraina, frutto di un intenzionale progetto di destabilizzazione interna, che ha portato al ribaltamento di un governo legittimo e allo scoppio di un sanguinoso conflitto che ha già provocato 6000 vittime. La guerra mossa dall’Unione Europea alla Russia tramite sanzioni economiche è la dimostrazione di un nuovo clima di “containment” che pervade le cancellerie occidentali, e della volontà di utilizzare la NATO in chiave offensiva, per opporsi alla presunta minaccia orientale e influenzare politicamente paesi legati per motivi storici e culturali alla Russia avvicinandoli al campo occidentale, come nel caso ucraino.
Sergei Lavrov, ministro russo degli Esteri e grande interlocutore di Mosca con l’UE, ha sostenuto che la pace può essere raggiunta solo con uno sforzo globale e che la scarsa attenzione di USA e NATO ai problemi di sicurezza di molti paesi aumenta le probabilità di un conflitto fra grandi potenze: la strada da percorrere è quella del multilateralismo, e il mondo si trova oggi in un momento delicato nel quale deve decidere fra la cooperazione o una fatale guerra mondiale. Per favorire la distensione, occorrerebbe un’infrastruttura internazionale di sicurezza che affronti i problemi di instabilità in Nordafrica e Medio Oriente e il terrorismo islamico in piena crescita nella regione. Questa partnership globale non dovrebbe diventare tuttavia un pretesto per inserirsi negli affari interni dei paesi colpiti da crisi di governo e dalle forze estremiste, ha affermato Lavrov.
A Mosca sono intervenuti, sia in discorsi pubblici che in vari vertici bilaterali, altri rappresentanti istituzionali di importanti nazioni del blocco eurasiatico. Il Ministro della Difesa iraniano Hussein Dehghan ha evocato un fronte comune fra Teheran, Cina, India e Russia in opposizione all’espansionismo verso est della NATO e alla politica missilistica di quest’ultima nei territori di confine fra Europa e Asia. In un vertice bilaterale Russia e Cina, rappresentata dal Ministro della Difesa Chang Wanquan, hanno enfatizzato i buoni rapporti diplomatici correnti, ritenendo i legami militari fra Mosca e Pechino una “assoluta priorità”.
L’ambiente geopolitico mondiale sta cambiando radicalmente e mentre Washington tenta di implementare una nuova “cortina di ferro” missilistica intorno ai suoi avversari politici, una emergente “Triplice Intesa” fra Pechino, Mosca e Teheran si consolida in un lungo processo d’integrazione politica, strategica, economica e militare. Il Nuovo ordine mondiale pensato dalle elites americane negli anni Novanta prevedeva il primato degli Stati Uniti supportato da Europa e Giappone, ma la realtà sta profilando una situazione ben diversa. Il ministro cinese Wanquan evoca semplicemente un giusto ordine mondiale dove ogni nazione abbia il peso che gli spetta tenendo conto della sua popolazione e della sua rilevanza economica, oltre che del ruolo militare nel mantenimento della pace. Difficile prevedere gli sviluppi di questo quadro in continuo movimento, ma se si tiene conto della previsione del grande geostratega americano Brzezinski, sulla possibile “attrazione” che un polo eurasiatico potrebbe suscitare in molti paesi scontenti dello status quo internazionale, è evidente che la supposta supremazia americana è destinata a un lento, ma inevitabile, logoramento.
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