Fonte: “Il Secolo d’Italia“, 13.09.11 (titolo di “Eurasia”)
Dopo 36 anni di tentativi falliti, allarmi e minacce, ieri, a Bushehr, l’Iran ha inaugurato la sua prima centrale nucleare. La reazione nella comunità internazionale è stata minima: nulla di paragonabile al clamore che ha accompagnato il programma atomico della Repubblica islamica negli anni e, in particolare, da quando al potere c’è Ahmadinejad.
Vi sarebbero precise ragioni geopolitiche, che si riassumono nel tentativo di allentare le tensioni con Teheran. Si tratterebbe di un’azione combinata e sottotraccia che coinvolge principalmente Usa e Russia. A spiegarlo è il segretario scientifico dell’Isag, l’Istituto di alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie, Daniele Scalea. In quest’ottica, dunque, la presenza all’inaugurazione del ministro dell’Energia russo, Sergei Shmatko, e del capo dell’agenzia atomica russa, Sergei Kiriyenko, non era legata al solo fatto che sono loro a fornire le materie prime. «Da parte della Russia – ricorda Scalea – negli ultimi anni c’era stata una chiusura quasi totale verso il programma atomico iraniano, ora l’apertura della centrale rappresenta un’improvvisa accelerazione». A questo va aggiunta la proposta di Mosca di creare una sorta di reciprocità tra iraniani e comunità internazionale: a ogni passo compiuto da Teheran potrebbe corrispondere un alleggerimento delle sanzioni. Un approccio decisamente più soft dell’aut aut attuale, per cui o l’Iran accetta il pacchetto completo o non se ne fa nulla. Scalea mette in guardia sulle difficoltà di capire i russi fino in fondo, ma spiega che un aiuto per leggere il loro atteggiamento viene da Washington: «La mia impressione è che gli Stati Uniti non abbiamo più intenzione di spingere troppo sull’Iran, hanno i loro problemi interni e Obama è propenso ad allentare le tensioni». Dunque, l’accelerazione dei russi sarebbe il frutto di una strategia condivisa con la comunità internazionale. Dialogando con Teheran, Mosca starebbe facendo quello che nessun altro può fare, ma che tutti auspicano. «E va ricordato – prosegue Scalea – che loro forniscono il combustibile nucleare e poi se lo riprendano, in modo che non possa essere utilizzato a fini militari». In questo quadro, però, «c’è sempre chi potrebbe far saltare il banco». «Israele come la prenderà?», domanda lo storico ed esperto di geopolitica, ricordando che «in questo momento tra Tel Aviv e gli Stati Uniti ci sono forti divergenze di opinione anche sulla primavera araba e sull’appoggio di Washington alle correnti islamiste». «Gli Stati Uniti – conclude Scalea – cercano di chiudere il dossier iraniano, ma Israele potrebbe essere tentata di riaprirlo e, in quest’ottica, va anche letto il monito di Sarkozy su un attacco preventivo all’Iran».
Vi sarebbero precise ragioni geopolitiche, che si riassumono nel tentativo di allentare le tensioni con Teheran. Si tratterebbe di un’azione combinata e sottotraccia che coinvolge principalmente Usa e Russia. A spiegarlo è il segretario scientifico dell’Isag, l’Istituto di alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie, Daniele Scalea. In quest’ottica, dunque, la presenza all’inaugurazione del ministro dell’Energia russo, Sergei Shmatko, e del capo dell’agenzia atomica russa, Sergei Kiriyenko, non era legata al solo fatto che sono loro a fornire le materie prime. «Da parte della Russia – ricorda Scalea – negli ultimi anni c’era stata una chiusura quasi totale verso il programma atomico iraniano, ora l’apertura della centrale rappresenta un’improvvisa accelerazione». A questo va aggiunta la proposta di Mosca di creare una sorta di reciprocità tra iraniani e comunità internazionale: a ogni passo compiuto da Teheran potrebbe corrispondere un alleggerimento delle sanzioni. Un approccio decisamente più soft dell’aut aut attuale, per cui o l’Iran accetta il pacchetto completo o non se ne fa nulla. Scalea mette in guardia sulle difficoltà di capire i russi fino in fondo, ma spiega che un aiuto per leggere il loro atteggiamento viene da Washington: «La mia impressione è che gli Stati Uniti non abbiamo più intenzione di spingere troppo sull’Iran, hanno i loro problemi interni e Obama è propenso ad allentare le tensioni». Dunque, l’accelerazione dei russi sarebbe il frutto di una strategia condivisa con la comunità internazionale. Dialogando con Teheran, Mosca starebbe facendo quello che nessun altro può fare, ma che tutti auspicano. «E va ricordato – prosegue Scalea – che loro forniscono il combustibile nucleare e poi se lo riprendano, in modo che non possa essere utilizzato a fini militari». In questo quadro, però, «c’è sempre chi potrebbe far saltare il banco». «Israele come la prenderà?», domanda lo storico ed esperto di geopolitica, ricordando che «in questo momento tra Tel Aviv e gli Stati Uniti ci sono forti divergenze di opinione anche sulla primavera araba e sull’appoggio di Washington alle correnti islamiste». «Gli Stati Uniti – conclude Scalea – cercano di chiudere il dossier iraniano, ma Israele potrebbe essere tentata di riaprirlo e, in quest’ottica, va anche letto il monito di Sarkozy su un attacco preventivo all’Iran».
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