Le concezioni principali che riguardano le dottrine politiche e il potere, secondo Julius Evola, partono da due punti focali. Uno mette in risalto i fattori economici e le classi sociali, l’altro le idee e le espressioni politico-tradizionali. La prima concezione nasce a partire dalla rivoluzione francese e si concretizza in liberalismo e marxismo, la seconda è lo Stato organico basato sui principi originari ai quali legare le forme economiche più appropriate[1]. Per Karl Marx invece l’economia ha il ruolo centrale e la storia è successione evoluta di modelli di produzione. Sulla base delle classi in lotta quindi si costituiscono le sovrastrutture come ideologia, politica e cultura. Precedentemente l’essenza delle classi era stata messa in luce dagli economisti Smith e Ricardo[2].
Da questi punti di partenza possiamo delineare il concetto di elitismo, declinato in termini diversi da Pareto, Mosca e Gramsci. Per Vilfredo Pareto le élites sono necessariamente agganciate alla ricchezza economica, emergono per qualità che possono essere sia positive che negative, hanno una decadenza rapida e il bisogno di rigenerarsi[3]. Gaetano Mosca invece utilizza il termine “classe politica” per definire il concetto di élite. In base alla sua concezione le classi politiche hanno la consapevolezza delle loro posizioni politico-culturali comuni, una loro coesione interna a differenza della massa, la tendenza a cospirare e cioè a mascherare le loro operazioni di potere sulla massa[4]. Quest’ultima caratteristica è fondamentale per capire il discorso sulle lobby e sulla loro attività. Infine anche dalle riflessioni di Gramsci su élites e intellettuali possiamo ricavare valide linee guida. Degli intellettuali Gramsci mette in luce l’omogeneità e la consapevolezza riguardo la propria funzione, nonché l’organicità rispetto al proprio gruppo sociale di riferimento[5].
Secondo le analisi di Giulietto Chiesa, la cultura e i mezzi ufficiali della comunicazione di massa sono la sovrastruttura più efficace a gestire gli interessi delle élites finanziarie. Questi strumenti sono più utili della politica storicamente concepita. Il gruppo Bilderberg stesso non include tra i suoi membri esponenti di governi politici, relegati nel concreto al ruolo di passacarte delle lobby.
In questo quadro si inserisce l’Istituto Aspen, fondato nel 1950 e volto ad incoraggiare le leadership illuminate, le idee, i valori “senza tempo” e il dialogo sui problemi contemporanei. L’Istituto è finanziato da Carnegie Corporation, Rockefeller Brothers Fund e Ford Foundation, ed ha come presidente e amministratore delegato Walter Isaacson. La sua rete internazionale comprende partner che vanno da Berlino a Nuova Delhi, e sono presenti iniziative sulle dirigenze negli Usa, in Africa e in India. Dopo la sua fondazione nell’estate del 1951 si tenne l’ “Executive Seminar”[6], un seminario della durata di due settimane che comprende un’intensiva serie di letture e discussioni sul pensiero occidentale. Il seminario, tenuto insieme con gruppi di esponenti del mondo economico americano, ha il compito di apportare la “saggezza dei secoli” alla loro vita e al loro lavoro. Oggi lo stesso programma è stato rinominato “Aspen Seminar” proprio per riflettere la sua centralità rispetto alla funzione dell’Istituto. Inoltre esso si è raffinato ulteriormente, per un bisogno di dirigenze illuminate e “valori senza tempo” nel XXI secolo. Il seminario originale fu un’idea del fondatore dell’Istituto Walter Paepcke, già presidente della Container Corporation of America, che prese spunto dal Great Books dell’Università di Chicago per il primo Executive Seminar. Paepcke voleva utilizzare il Seminario come un’arma intellettuale durante la guerra fredda per aiutare i suoi studenti a diventare difensori della democrazia. Per ogni seminario furono assegnate letture che includono Aristotele, Platone, Sant’Agostino, Alexis de Tocqueville, John Locke, la Dichiarazione di Indipendenza, e in più fu introdotta la recita dell’Antigone di Sofocle. Dopo due decenni il seminario ha iniziato a riflettere i cambiamenti sociali in atto e le letture iniziarono a comprendere testi non occidentali e contemporanei come quelli musulmani e buddisti, i lavori di Gandhi, Rachel Carson e Martin Luther King Jr. Il movimento recluta iscritti tra le donne e le minoranze così come tra le figure fuori dal mondo degli affari (accademici, giornalisti, scienziati e artisti). Dopo il 1970, il seminario ha cominciato ad essere visto come una forza intellettuale tra i leaders americani formando alti dirigenti d’azienda, consulenti presidenziali, dirigenti sindacali, attivisti sociali e altri. Harry Blackmun della Suprema Corte di Giustizia dopo aver trovato molto prezioso quello del 1979, lanciò come utile secondario lo “Institute’s Justice and Society Program”. A fare le lodi del The Executive Seminar il vicepresidente della Johnson&Johnson, azienda farmaceutica nota per le morti dovute al Tylenol. Egli successivamente disse che per le crisi dispiegate aveva identificato i suoi principi, le priorità e lo sviluppo di soluzioni creative e complesse. Anche il vicepresidente dell’Estée Lauder Companies dichiarò che il seminario del 1978 cambiò totalmente la sua vita e che nel mondo i valori sui quali si basano le leadership sono cruciali. Egli ancora afferma che ognuno ha bisogno di un Aspen Seminar per aiutare a dirigersi verso il futuro. Il nuovo direttore del seminario è Todd Breyfogle alunno della Rhodes e insegnante di filosofia e teologia. Sotto la sua direzione lo studio dei classici e dei testi contemporanei è rimasto centrale, mentre continua l’esecuzione dell’Antigone. Nel 1998 il seminario fu ispirazione per la borsa di studio Henry Crown. Sia il presidente dell’istituto and CEO Isaacson che il direttore del seminario Breyfogle, hanno messo in luce l’importanza dell’impatto che gli studi e i dibattiti hanno per i giovani leader e per la gente.
L’Aspen Institute Italia annovera diverse personalità dell’economia, della cultura e del giornalismo. Tra questi: Luigi Abete, Giuliano Amato, Lucia Annunziata, Francesco Caltagirone, Fedele Confalonieri, Francesco Cossiga, John Elkann, Pietro Ferrero, Jean-Paul Fitoussi, Gianni Letta, Emma Marcegaglia, Paolo Mieli, Mario Monti, Corrado Passera, Tommaso Padoa-Schioppa, Romano Prodi, Cesare Romiti. Giulio Tremonti ne è il presidente.
Tra gli studi dell’Aspen Institute Italia riportiamo per significatività la disamina dei movimenti di protesta a partire dal 2010 e delle loro caratteristiche che la ricerca mette in luce[7]. Innanzitutto si coglie il dato che i manifestanti non mirano a un rovesciamento violento dell’ordine costituito. La differenza viene fatta col ’68, e col fatto che allora gli studenti rivoluzionari erano determinati a capire come funzionava il sistema. Per l’Aspen Institute questo tema oggi non interessa più nessuno e gli odierni studenti radicali si preoccupano infatti solo di come essi vivono il sistema, non della sua natura e dei meccanismi che lo governano. Le proteste di massa attuali sono viste come atti in cerca di concetti, pratica senza teoria, rivoluzione senza ideologia e scopi definiti: in mancanza di alternative politiche, si leva la sola indignazione morale. Si deduce allora che queste proteste sono l’espressione più plateale della convinzione diffusa che le élites non governano nell’interesse del popolo e che l’elettorato ha perso il controllo sugli eletti.
Ad esempio si prenda il caso del Brasile. Lì i manifestanti protestavano sulla scorta di due messaggi: il governo non ci rappresenta e vogliamo servizi pubblici migliori! Quindi la protesta viene vista come di “consumatori radicali” più che di “rivoluzionari utopici”. I manifestanti non hanno un progetto collettivo e, diffidando delle istituzioni, non sono interessati a prendere il potere. Per questo le proteste del XXI secolo vengono equiparate a quelle medioevali. Allora, infatti, le persone non scendevano in piazza con l’ambizione di rovesciare il re o di sostituirlo con un altro a loro più gradito, ma manifestavano per obbligare il sovrano a fare qualcosa per loro o per impedirgli di far loro del male. Le conclusioni sono che le proteste non hanno progetto politico, esse sono un’esplosione di rabbia popolare “spettacolare” ma “insignificante”. Questo discorso la dice lunga sulla reale paura che le élites hanno non dei movimenti popolari, ma del fatto che essi si creino il loro progetto di governo. Infatti la teoria soreliana di un piano d’azione delle masse è sempre stata temuta da parte delle classi dominanti.
Tra gli atti più recenti dell’Istituto Aspen Italia abbiamo le riflessioni della tavola rotonda nazionale sulla Costituzione a seguito del referendum del 4 dicembre 2016[8]. Qui vengono messi in luce gli errori commessi dalla proposta di riforma Renzi-Boschi, ma vengono fatte anche eventuali proposte sia sul contenuto che sul metodo per una nuova riforma. Sul metodo si propone di rendere più semplice il testo per farlo passare sui mezzi social; per quanto invece riguarda le misure possibili, si propone di semplificare il sistema di pesi e contrappesi delle camere. Si suggerisce inoltre di rafforzare le funzioni del Presidente del Consiglio e di diversificare le funzioni del CNEL. Per quanto riguarda i social network è risaputo che le élites investono per l’affermazione del pensiero unico, ma importante è anche l’interesse che esse hanno per un effettivo svuotamento dei parlamenti. In Italia infatti, proprio in occasione del referendum, la JP Morgan e l’ambasciatore USA hanno palesemente sostenuto le ragioni del Sì.
Infine, si propone di realizzare le riforme cambiando l’articolo 138 sulle procedure di modifica e lasciando l’impianto generale costituzionale invariato. Altri due interessanti atti sono quelli legati all’utilizzo delle nuove tecnologie in economia, è il caso della Industry 4.0 e dell’e-commerce. Sappiamo bene quanto i centri multinazionali delle nuove tecnologie come la Silicon Valley, Google o Amazon influiscano sui processi di accentramento economico, politico e mediatico. A riguardo quindi lo sguardo di favore dell’Aspen Institute Italia non poteva mancare. La Conferenza Internazionale del 2017 sull’Industria 4.0[9] tesse le lodi di tutta quella che viene definita quarta rivoluzione industriale e che comprende robotica, intelligenza artificiale, big data, clouding, internet delle cose, stampanti 3-D e 4-D. La tesi proposta è il passaggio di tutto il comparto manifatturiero italiano all’uso dei nuovi mezzi. Vengono suggerite inoltre le politiche da attuare per attrarre talenti da fuori, trattenendo quelli formati in loco e convogliando le risorse sui progetti più promettenti. Infine fa riflettere il punto che riguarda l’adeguamento dell’Istruzione ai cambiamenti della “quarta rivoluzione industriale”. Sul commercio in rete, una tavola rotonda del 2017[10] definisce come favorirne la diffusione con adeguate attrezzature tecnologiche come l’infrastruttura “banda-larga”. Inoltre viene rilevato il tempo perso dall’Italia riguardo il commercio multimediale, tempo recuperabile essendo fra i Paesi a maggior penetrazione di Smartphone. Anche in questo caso, come per l’industria 4.0 vengono definite le politiche di incentivo a carattere fiscale che lo Stato deve mettere in campo, e tutte le politiche che favoriscano pagamenti elettronici. Interessante è il suggerimento ad “aggregarsi” per le imprese, al fine di competere in un mercato dove le economie in scala rimangono chiave. Infine viene notata la mancanza del settore alimentare all’interno del commercio in rete.
Interessante sempre in chiave italiana e non solo, è il ruolo dell’American Chamber of Commerce in Italy. Da questa lobby, che favorisce i rapporti commerciali delle corporation americane in Italia, vengono fuori gli esponenti anche dell’Aspen Institute Italia. Uno degli uomini chiave dell’American Chamber of Commerce in Italy, è Enrico Sassoon padrino della Casaleggio Associati[11]. Proprio dal sito della Casaleggio Associati è possibile ricavare molti dei dati sull’Aspen Institute Italia.
NOTE
[1] Evola J., Gli uomini e le rovine, Roma, Edizioni Mediterranee. 2001
[2] Marx K..- Engels F., Il manifesto del Partito Comunista, Roma, Editori Riuniti, 2001
[3] Pareto V., I sistemi socialisti, Torino, Unione tipografica editrice torinese, 1987
[4] Mosca G., Storia delle dottrine politiche, Roma, Editori Laterza, 1983
[5] Gramsci A., Quaderni dal Carcere a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975
[6] Aspen Institute Italia, “The Aspen Seminar” (“The Aspen Idea”, Summer 2008), http://www.aspeninstitute.it/en/programs/aspen-institute-italia-seminars
[7] Aspen Institute Italia, Aspenia 65: La protesta globale di Ivan Krastev, http://www.aspeninstitute.it/document/aspenia-65-la-protesta-globale-di-ivan-krastev
[8] Aspen Institute Italia, Una nuova Costituzione: le riforme condivisibili, http://www.aspeninstitute.it/attivita/una-nuova-costituzione-le-riforme-condivisibili
[9] Aspen Institute Italia, Industry 4.0: comparing best practices in the EU, http://www.aspeninstitute.it/attivita/industry-40-comparing-best-practices-eu
[10] Aspen Institute Italia, L’e-commerce in Italia: cosa cambia, come cambia http://www.aspeninstitute.it/attivita/l%E2%80%99e-commerce-italia-cosa-cambia-come-cambia
[11] Blondet M., Casaleggio, Cinque Stelle per la “Stelle e Strisce”, http://www.maurizioblondet.it/casaleggio-cinque-stelle-la-stelle-strisce/
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