Nel mondo multipolare le priorità dei Servizi Segreti sono generate dalle nuove sfide per il controllo dello spazio virtuale. Quest’ultimo è direttamente correlato alla ridefinizione del concetto di Sicurezza Nazionale, con la conseguente moltiplicazione e diversificazione delle attività di intelligence, la cui missione deve tendere non solo alla istituzionale difesa dello Stato, ma anche alla sicurezza della cittadinanza. Il terrorismo, la sicurezza economica e finanziaria, generate dalla crisi globale, sono i responsabili dell’aumento delle minacce nel mondo multipolare ed iperconnesso.

Dal 2013, si è aggiunta una nuova area di crisi: la guerra cibernetica, ossia la militarizzazione dello spazio virtuale. I processi di miglioramento in materia di tecnologia e la rivoluzione nelle dinamiche della globalizzazione, hanno ridotto le tempistiche dei decisori, un fattore che obbliga i Servizi ad operare simultaneamente su diversi ambiti, senza diminuire l’accuratezza necessaria alle esigenze delle autorità di Governo e Militari. Il termine intelligence indica sia una “tipologia di conoscenza”, quanto l’organizzazione che lavora per produrre e difendere quella conoscenza, ma anche l’insieme delle attività svolte da tale ordinamento. L’Intelligence è il valore aggiunto scaturito dalla raccolta, valutazione, analisi, integrazione ed interpretazione delle informazioni disponibili potenzialmente significative per una scelta decisionale. Dunque, lo scopo è diminuire le incertezze riguardo alle capacità ed alle azioni dell’avversario ed anche degli alleati, come evinto dal datagate. Il processo di acquisizione e valutazione dei dati, permetterà al decisore politico e militare di essere parte della realtà in cui è calato, con la comprensione e la percezione dei fatti, inoltre, sarà agevolato nella sua strategia di contrasto dall’identificazione dei possibili rischi che il suo atteggiamento comporterà. L’analista principalmente, interpreta e valuta le informazioni al fine di prevenire attività criminose ed in contemporanea delinea le possibili opportunità per bloccare eventi ostili. Si occupa di trasformare i dati grezzi, raccolti attraverso i diversi canali informativi, in materiale adatto ad essere compreso ed utilizzato da parte del livello direttivo, cioè da quelle figure che, all’interno di un’organizzazione, si occupano di definire le strategie e di effettuare le scelte.

L’analista, dunque, è colui che trasforma l’informazione in intelligence. Pertanto organizza, verifica e rende facilmente comprensibili i dati raccolti ed elaborati. Perciò è il dispensatore di quella tipologia di conoscenza al servizio del decisore, ossia sulle strategie e capacità degli attori stranieri o nazionali a mettere in atto un preciso piano in contrasto allo Stato bersaglio. Avviene così l’analisi previsionale, vale a dire l’identificazione delle linee di sviluppo futuro a seguito delle conseguenze ad azioni coercitive messe in atto dal decisore nei confronti degli aggressori, dunque i rapporti politici e militari che intercorreranno con quest’ultimi. Una completezza che dovrà mirare a delineare la veridicità dei prossimi scenari sociali. L’analisi strategica deve tendere, perciò, ad influire sul futuro indicando le metodologie per regolare il corso degli eventi durante una crisi, assegnando obiettivi a lunga scadenza con l’esame delle minacce attuali ed emergenti alla sicurezza nazionale. Il termine intelligence, potrebbe essere declinato come l’arte di carpire all’avversario le sue intenzioni e questa rimane la migliore prevenzione per ridurre gli effetti dei rischi e delle minacce.

Ciò si traduce in una attività investigativa su tutto quanto accada nel territorio avversario trattando argomenti od informazioni segrete. Tale caratteristica è sempre meno vera con l’avvento della nuova era digitalizzata, dove molte informative riservate sono commercialmente acquistabili od addirittura reperibili in rete. Nel computer però, si trovano ripetizioni, coincidenze e discordanze, pertanto ritorna la centralità dell’analista, infatti solo un profondo conoscitore della materia può discernere i dati reali tra la vastità dei contenuti nello spazio virtuale. Il fattore aggiunto dell’esperto è nell’interpretazione logica delle informazioni fra loro scollegate, il conseguire una verità estrapolata tra altre ipotizzate. In questo percorso, dovrà scientificamente raccogliere le notizie acquisite, sia quelle che avvalorano la teoria sulla quale si è iniziata la ricerca, quanto quelle che la smentiscono e suddividerle poi in gruppi logici, scevri da interpretazioni personali e quindi, eliminate interferenze interne, esterne ed individuali, formulare un indicatore. Quest’ultimo è quella sezione di informazioni che, nella globalità di una situazione, agevola la comprensione dei fatti pregressi e permette all’analista di formulare una ipotesi su quanto potrebbe accadere. Infatti, nel mondo iperconnesso, sempre più ricco di notizie di facile accesso, ma spesso di difficile interpretazione, la figura dell’analista si sta attestando ad un ruolo preponderante all’interno del ciclo di intelligence. Il crescente volume di informazione disponibili ha assunto una connotazione di fondamentale importanza: spesso, infatti, non è la carenza di notizie bensì la sua sovrabbondanza a creare problemi interpretativi e questo rende sempre più complesso e necessario il lavoro dell’analista.

L’abbondanza di dati fa crescere a dismisura le nozioni metodologiche e tecnologiche che deve avere a disposizione per poter svolgere in modo proficuo il proprio lavoro. In questo contesto il mondo istituzionale ha maturato la consapevole necessità di una nuova figura dell’analista, la quale va a distinguersi nettamente dal tradizionale agente investigativo quanto a competenze possedute nonché a collocazione e mansioni organizzative assegnate. L’analisi è un processo che impiega metodi scientifici mescolando intuizione, esperienza, modelli matematici, simulazioni al computer e buon senso. Il prodotto finale è orientato a diversi ambiti di interpretazione: prevenire sorprese all’organizzazione di appartenenza fornendo servizi di allarme precoce allo scopo di individuare gli orientamenti ed i segnali precursori di pericoli e minacce; supportare il processo decisionale; monitorare e mantenere sotto controllo lo stato dell’arte per quanto riguarda le organizzazioni, o le Nazioni antagoniste; contribuire a sviluppare strategie; svolgere un ruolo chiave nella raccolta delle informazioni previsionali in grado di disegnare gli eventi futuri, consentendo ai decisori lo studio di piani strategici. Il campo di applicazione dell’acquisizione dati, non è esclusiva del comparto militare e della politica internazionale, ma anche del settore privato e della sicurezza; in questo ambito si usano le declinazioni di intelligence competitiva per quanto concerne quella aziendale e di intelligence investigativa per la lotta alla criminalità.

È dagli anni 80 che si è sviluppata questa attività parallela nel contesto dello spionaggio, le cui indagini sembrano aver prodotto risultati discutibili o meglio, in senso più ampio, si può affermare che fino ad oggi scarsi sono stati i tentativi di definire con precisione quanto il mondo dell’intelligence può offrire come suo contributo specifico sulle tendenze economiche internazionali a fronte dell’enorme volume di dati provenienti invece da fonti aperte. La necessità di prevenire le mosse o di carpire le novità degli avversari, ha aumentato esponenzialmente i campi di impiego degli analisti, sembra che un terzo di quelli della CIA sia impiegato nello studio di questioni di natura economica. Tuttavia, se si esclude un limitato e non definitivo numero di studi circa i vari aspetti dello spionaggio commerciale e tecnologico, non esiste una valutazione attendibile, circa i successi od i fallimenti di uno qualunque dei principali organismi informativi nel campo dell’intelligence economica. La crescente necessità di governare le dinamiche economiche a livello globale, ha portato all’implementazione delle attività di monitoraggio delle imprese civili concorrenti, con la conseguente specializzazione dell’analista nel settore finanziario, il quale adotta principalmente le stesse metodologie e tecniche in uso nel comparto militare: l’analisi descrittiva, dove inizialmente si organizzano i dati per poi discriminarli; l’analisi esplicativa, il cui l’obiettivo è capire le cause e le motivazioni derivate dalla precedente descrizione; l’analisi predittiva, ossia l’evoluzione del fenomeno oggetto di studio. A queste si completa l’analisi finanziaria, nella quale si tende a valutare gli indicatori economici, le transazioni e le società in esame. Da questo procedimento scaturiranno le ricostruzioni sui flussi di denaro. Questi periodi consentiranno all’analista di esplicitare gli assunti, di individuare leggi e correlazioni ed infine di formulare teorie.

Dunque esiste una corrispondenza dei diversi prodotti, fra l’ambito aziendale e quello istituzionale, a riprova del fatto che i due mondi sono sempre più vicini e convergenti. Le sole differenze sostanziali fra i due campi di applicazione si distinguono sul contenuto dell’analisi e sulle fonti di ricezione dell’informazione. Più dettagliatamente, la difformità fondamentale tra il lavoro di ricerca scientifica e quello di analisi d’Intelligence è nell’approccio: generalista nel primo caso e analitico nel secondo. Nel ciclo dell’acquisizione dati, non esiste una soluzione di continuità tra la risposta alle domande e la nuova richiesta di informazione derivante dall’elaborazione precedente. Originando dalla istanza inziale, i decisori, politici o aziendali, stabiliranno una interrogazione sulla base delle loro necessità strategiche. Dopo una fase di pianificazione, in cui si decidono le metodologie di acquisizione dell’informazione, segue una fase di raccolta segreta, la quale avrà connotazioni di maggiore o minore rischiosità a seconda che riguardi piani militari o di marketing. Una volta che si è in possesso dei dati necessari, si prosegue con la fase di analisi e di produzione dell’intelligence vera e propria, la quale verrà a questo punto distribuita, innanzitutto ai richiedenti ma anche a tutte le altre strutture che si suppone possano trarne vantaggio. Nell’ambito dell’intelligence, il termine generico “fonte” vuole indicare qualsiasi sorgente di informazione, sia quella umana, quanto il database aziendale, così come la fotografia satellitare, od ancora l’intercettazione telefonica. Alla storica figura dell’informatore, denominata più istituzionalmente HUMINT, HUMan INTelligence, l’analista, agevolato dalle innovazioni tecnologiche, può utilizzare diverse nuove fonti: TECHINT, TECHnical INTelligence, la raccolta attraverso mezzi tecnologici; l’OSINT, Open Source INTelligence, l’analisi delle fonti aperte, che prende in considerazione tutta l’informazione disponibile in rete e sulla stampa; l’ELINT, ELettronic INTelligence, ossia la sorveglianza elettronica dei flussi di comunicazione.

Questi supporti all’attività di analisi facilitano il lavoro dell’analista, in particolare in quelle eccezioni dove i dati raccolti siano insufficienti oppure sovrabbondanti. L’approccio metodologico può migliorare le qualità dell’informazione, agevolando l’identificazione di errori o lacune nell’informazione stessa, ma non potrà predire comportamenti inaspettati. In un mondo multipolare e globalizzato, dove le variabili sono molte ed imprevedibili, l’esattezza dell’analisi strategica e finanziaria rappresentano l’unico valore aggiunto che la comunità dell’Intelligence può addurre al processo decisionale. Una corretta analisi non si traduce esclusivamente nella lettura dei dati e neanche nell’assicurare alla giustizia gli autori dei delitti, ma deve essere una perfetta attività di prevenzione ed anticipazione dell’evolversi degli atti ancora in stato embrionale.


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