La vittoria elettorale dello scorso aprile ottenuta da Dervis Eroglu, nelle presidenziali svoltesi nella Repubblica turca di Cipro del Nord, fa affiorare numerose incognite in merito a quello che sarà il corso dei negoziati avviati, sotto l’egida delle Nazioni Unite, nel settembre 2008 tra le parti greco e turco cipriote.

Come noto, la linea politica di Eroglu è contraria all’unificazione dell’isola, protendendo più per un accordo fra due “Stati indipendenti”. Una posizione che risulta distante dai criteri negoziali portati avanti sino ad oggi e sostenuti dal presidente uscente Mehmet Ali Talat, il quale aveva sempre espresso, durante il suo mandato, la volontà di far coesistere due regioni e due popoli in un’unica federazione.

Già a seguito della sua vittoria elettorale, Eroglu, pur non essendo intenzionato a rompere i negoziati, aveva dichiarato di voler “rivedere ad uno ad uno” i temi già affrontati da Talat e dal suo omologo greco-cipriota Dimitris Christofias e di voler lottare per il riconoscimento dei diritti della popolazione turco-cipriota, per il quale occorrerà un dialogo con la madrepatria Turchia.

Appare naturalmente chiaro come l’annosa questione cipriota si inquadri nel più ampio contesto legato al processo di adesione di Ankara all’Unione Europea: in tale ottica il governo turco, che tra l’altro era stato criticato dalla stampa del Paese per non aver appoggiato in modo più esplicito la candidatura di Talat, ha a più riprese ribadito negli ultimi mesi il proprio ruolo di “garante” della Repubblica turca di Cipro del Nord (ad oggi ancora non riconosciuta dalle Nazioni Unite), pur affermando, con il suo premier Recep Tayyip Erdogan, la necessità di proseguire il processo negoziale avviato. Il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, subito dopo il voto, è volato di sorpresa a Bruxelles per incontrare il commissario europeo responsabile per l’allargamento Stefan Füle e fornirgli rassicurazioni sulla fedeltà di Eroglu ai negoziati.

La stampa turca ha naturalmente seguito da vicino le elezioni nella Repubblica di Cipro del Nord; negli ultimi mesi analisti e politologi hanno fornito una serie di possibili spiegazioni sui motivi del cambio di rotta delle preferenze dei turco-ciprioti verso una figura che segna il ritorno alla politica della “vecchia guardia”, ma soprattutto sulle evenutali conseguenze di tale scelta per il futuro dell’isola nonchè per il percorso europeo della Turchia. Secondo le tesi prevalenti Eroglu ha ottenuto la maggioranza grazie ai voti dei ciprioti emigrati dalla Turchia, mentre gli “autoctoni” avrebbero scelto Talat. Avrebbero inoltre pesato sul voto, oltre allo scontento nei confronti della politica interna di Talat, l’immagine non proprio credibile dell’UE percepita dai turco-ciprioti, nonché l’amarezza per non aver visto mantenere nessuna delle promesse fatte dal piano Annan.(1)

La questione cipriota: breve excursus storico

Al fine di delineare i possibili scenari futuri che si aprono per l’isola di Cipro a seguito delle recenti elezioni crediamo valga la pena spendere alcune parole per descrivere rapidamente le principali fasi storiche che hanno portato all’attuale situazione.

Colonia britannica dal 1925, Cipro ben presto si rifiutò di essere una pedina nelle mani degli imperialisti, al punto che già alla fine degli anni Quaranta iniziarono le agitazioni per l’autodeterminazione. Furono proprio tali fermenti a gettare le basi per l’odierno conflitto fra la Grecia e la Turchia: mentre infatti i greco-ciprioti auspicavano un’unione con la Grecia (aderendo al movimento noto come enosis, termine greco che significa “unione”), la popolazione turca non ne era affatto entusiasta. Nel 1950 la Chiesa ortodossa cipriota e il 96% dei greco-ciprioti si espressero a favore dell’enosis. In risposta gli inglesi redassero una nuova costituzione, che fu accolta dalla popolazione turca ma respinta dall’Organizzazione nazionale dei combattenti per la libertà di Cipro.

Nell’agosto del 1960 la Gran Bretagna concesse a Cipro l’indipendenza. Un greco, l’arcivescovo Makarios, assunse la carica di presidente, mentre il turco Kükük divenne vicepresidente. Nel 1964, alla luce dell’aggravarsi delle violenze tra i due gruppi etnici, le Nazioni Unite inviarono sull’isola le loro forze di pace. Nel 1967 una giunta militare si sostituì al governo greco e l’enosis venne abbandonata. La Grecia tuttavia non si arrese e nel 1974, con un colpo di stato organizzato anche con l’aiuto della CIA, depose Makarios rimpiazzandolo con un presidente fantoccio. La Turchia rispose con l’invasione di circa un terzo dell’isola, che costrinse quasi duecentomila greco-ciprioti ad abbandonare le loro abitazioni.

Nel 1983 i turco-ciprioti proclamarono uno Stato separato denominandolo Repubblica turca di Cipro del Nord (a tutt’oggi riconosciuto come Stato sovrano solo dalla Turchia); tale iniziativa, tuttavia, non interruppe i negoziati che portarono ad un summit tenutosi a New York nel gennaio del 1985, in occasione del quale un accordo preliminare promosso dalle Nazioni Unite fu accettato dalla comunità turco-cipriota, ma rifiutato all’ultimo momento dal presidente Kyprianou. Nei quindici anni successivi i negoziati furono rilanciati a più riprese, ma sempre senza giungere ad alcun esito. La situazione addirittura sembrò crollare nel 1998, allorchè il governo di Nicosia acquistò missili antiaerei dalla Russia, con l’intenzione di installarli sull’isola. Di fronte alla minaccia di ritorsioni da parte della Turchia, Nicosia raggiunse un accordo con la Grecia per l’installazione dei missili nell’isola di Creta, sotto controllo cipriota.

Nel corso del 2002 ripresero i colloqui tra le due comunità, resi più urgenti dalla volontà di Cipro e della Turchia di entrare nell’Unione Europea (Cipro aderì ufficialmente all’UE il 1° maggio 2004); tuttavia, nonostante le pressioni internazionali per la formazione di uno Stato federale con presidenza alternata, secondo quanto proposto dall’ONU, e i primi passi compiuti con l’apertura della frontiera greco-turca di Nicosia, risalente al marzo 2003, il cammino verso l’accettazione di un piano di pace non riuscì a compiersi, anche alla luce dei risultati del referendum del 2004, con il quale, mentre la maggioranza dei turco-ciprioti si dichiarò favorevole al piano di riunificazione, la maggioranza dei greco-ciprioti si disse contraria. Anche il Piano Annan, promosso nello stesso anno, non ha portato ad alcun miglioramento: esso ha preso il nome dall’ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan e ha previsto la creazione di una “Repubblica Unita di Cipro”, con bandiera nazionale ed inno unificati. La nuova entità politica avrebbe avuto un presidente greco-cipriota, al quale si sarebbe dovuto affiancare un vice-presidente turco-cipriota, e sarebbe stata retta da un governo federale composto da due Stati costituenti, con un senato federale formato da ventiquattro turco-ciprioti e ventiquattro greco-ciprioti.

La questione cipriota: gli scenari futuri

Cerchiamo ora di esaminare i possibili scenari che si profilano per il futuro dell’isola con la presidenza Eroglu. Un primo scenario prevederebbe il fallimento dei negoziati e l’inizio del processo di separazione tra le due parti di Cipro. Secondo Cengiz Aktar, analista esperto di Unione Europea ed editorialista del quotidiano Vatan, tale scenario porterebbe alla trasformazione della Repubblica turca di Cipro del Nord nell’ottantaduesima provincia turca, ad un blocco dei negoziati tra UE e Turchia e allo stabilimento definitivo delle forze armate turche sull’isola, con conseguenze inevitabili sulla politica interna della stessa Turchia.

Un secondo scenario, invece, si aprirebbe nel caso la Turchia decidesse di avviare concessioni unilaterali per favorire la risoluzione della questione cipriota e la rapida prosecuzione dei propri negoziati di adesione all’Unione Europea: in quest’ottica  il governo turco potrebbe da un lato imporre la propria volontà a Eroglu mentre, dall’altro, potrebbe concedere unilateralmente l’apertura dei porti marittimi e aerei per agevolare le trattative con l’Europa.

Un terzo scenario, infine, prevederebbe un ampliamento dei negoziati per la risoluzione del problema cipriota, i quali verrebbero a coinvolgere non solo le parti cipriote greca e turca, ma anche la Turchia, la Grecia, l’Unione Europea, il segretariato e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: come sostiene lo stesso Aktar, per “trovare una soluzione per Cipro non ha più senso limitare le trattative ai due presidenti”.

Secondo invece Semih Idiz, analista politico di Milliyet, il sostegno turco al percorso negoziale avviato da Talat, la forte dipendenza economica di Cipro nord dalla Turchia e l’indebolimento del fronte nazionalista turco costituiscono “punti a sfavore” che renderanno la vita molto difficile ad Eroglu. Nel suo editoriale dello scorso 19 Aprile Idiz sostiene inoltre come ormai la Turchia non sia più quella di 10 anni fa, in quanto può contare su un’autorità internazionale maggiore, che le è derivata anche dalla posizione seria e coerente che ha assunto a favore della risoluzione della questione cipriota. Ciò comporterà inevitabilmente una maggiore influenza delle sue decisioni sul destino di Cipro, cui Eroglu non potrà sottrarsi.

Riferimenti bibliografici

Bozarslan, Hamit. La Turchia contemporanea. Il Mulino, Bologna: 2006.

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O’Malley, Brendan. The Cyprus Conspiracy: America, Espionage and the Turkish Invasion. I.B.Tauris, London, New York: 1999.

Sinagra, Augusto. La questione cipriota. La storia e il diritto. Giuffrè, Milano: 1999.

Hitchens, Christopher. Hostage to History: Cyprus from the Ottomans to Kissinger. Verso, London, New York: 1997.

Di Nolfo, Ennio. Storia delle relazioni internazionali. Laterza, Roma-Bari: 1995.

Grandi, Bruno. Profili internazionali della questione di Cipro. Giuffrè, Milano: 1983.

* Alessandro Daniele è dottore in Relazioni e Politiche Internazionali (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”)


(1) Si veda Ioannis T. Mazis, The Mediterranean geopolitical structure and the matter of resolving the Cyprus issue in accordance with the Annan plan, EDUCatt Università Cattolica, 2004.


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