Il successo del lancio dell’Asian Infrastructure Investment Bank verrà probabilmente ricordato come una delle maggiori sconfitte geopolitiche subite dagli Stati Uniti nel corso di questo 2015. La banca, lanciata nell’ottobre 2014 per finanziare la costruzione di infrastrutture, è stata sin dall’inizio avversata da Washington, che ha esercitato forti pressioni nei confronti dei suoi alleati affinché non vi aderissero. Inizialmente queste pressioni hanno avuto un certo successo: alla riunione per la sottoscrizione del memorandum d’intesa per la creazione della banca, svoltasi a Pechino il 24 ottobre del 2014, hanno partecipato ventuno Paesi asiatici, tra cui India, Thailandia, Indonesia, Singapore, Kazakistan e anche alcuni Paesi tradizionalmente sinofobi come il Vietnam e le Filippine, ma non l’Australia e la Corea del Sud, che pure avevano espresso interesse per la banca (1). La decisione del Regno Unito di aderire all’AIIB in qualità di membro fondatore – primo Paese occidentale dopo la Nuova Zelanda – ha però innescato un’autentica reazione a catena, scatenando un’ondata di adesioni che ha forse sorpreso la stessa Pechino. Il 17 marzo 2015, infatti, Francia, Germania e Italia hanno ufficialmente richiesto l’ingresso nell’istituto di credito e nelle successive due settimane, le ultime utili per poter aderire all’AIIB come membri fondatori, la banca ha ricevuto la sottoscrizione di Paesi quali Russia, Brasile, Sudafrica, Svizzera, Iran, Israele, Spagna e Polonia, nonché del quintetto scandinavo. Anche l’Australia e la Corea del Sud, che inizialmente avevano ceduto alle pressioni statunitensi, hanno riveduto le loro posizioni entrando nella banca. Gli unici alleati chiave degli USA che hanno scelto di rimanere fuori dall’istituto sono il Canada (2) e il Giappone, e in quest’ultimo caso i motivi vanno probabilmente ricercati più nei rapporti tradizionalmente tesi tra Tokyo e Pechino e dal ruolo dominante svolto dalla prima nell’Asian Development Bank, la principale concorrente dell’AIIB, che non nel desiderio del Sol Levante di compiacere un alleato con cui, in passato, non sono mancati motivi di tensione.

Inizialmente gli Stati Uniti hanno cercato di ostacolare questa reazione a catena, e a seguito della decisione di Downing Street di aderire all’AIIB un alto ufficiale statunitense ha dichiarato le proprie preoccupazioni verso “una costante tendenza all’accomodamento della Cina” (3). Quando però è apparso chiaro che le pressioni non avrebbero avuto alcun esito, se non quello di trasmettere l’immagine di una Casa Bianca indebolita sul piano internazionale, il governo statunitense ha abbassato i toni, e per bocca del Segretario del Tesoro Jack Lew ha dichiarato di essere pronto a collaborare con un’istituzione finanziaria a guida cinese “a condizione che questa adotti elevati standard di governance e complementi le istituzioni esistenti” (4). La Cina, dal canto suo, può felicitarsi di una duplice vittoria, avendo messo in mostra tanto un ormai notevole potere economico quanto la capacità di creare divisioni all’interno di un Occidente che non sempre antepone la strategia geopolitica agli interessi nazionali, specie quando questi non coincidono con quelli del suo Stato guida. E le profezie dello statista singaporiano Lee Kuan Yew, che nel 1994 giunse a sostenere che “l’ingresso della Cina nel mondo avrà effetti tali che tra 30 o 40 anni il mondo dovrà trovare un nuovo equilibrio”(5), non sembrano più così inattendibili.

In questo contesto non si può sottovalutare il ruolo della Russia, che negli ultimi anni sta anzi assumendo un ruolo cardine nel puntellare l’ascesa del fu Celeste Impero. La lenta ma costante svolta di Mosca dall’Europa verso l’Asia, iniziata già immediatamente dopo il collasso dell’Unione Sovietica, ha conosciuto una netta accelerazione negli ultimi anni, a seguito del ritorno al Cremlino di un uomo fortemente inviso alla Casa Bianca come Vladimir Putin, del lancio dell’integrazione eurasiatica e soprattutto dello scoppio della crisi ucraina, la quale non solo ha chiuso alla Russia le porte di un Occidente che già prima la reputava poco più di un intruso potenzialmente pericoloso, ma che ha anche sbarrato la strada alla creazione di una relazione con il Giappone simile a quella instaurata con la Germania dopo la caduta del Muro. Alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi Invernali di Soči, nel febbraio del 2014, oltre al Presidente cinese Xi Jinping era presente anche il Primo Ministro nipponico Shinzo Abe, con cui Putin vanta un buon rapporto personale (6). Quest’anno, alle celebrazioni per il settantesimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, l’unico a volare a Mosca sarà Xi Jinping. Nella politica estera della Russia post-sovietica si è quindi completata una rotazione a 180 gradi che ha condotto la Russia dall’Europa all’Asia, con una breve sosta in Eurasia. Per il Direttore di Carnegie Moscow Dmitrij Trenin, “Mosca è più vicina a Pechino che non a Berlino”, mentre la probabile permanenza di un clima di tensione tra Russia e Occidente potrebbe far sì che quello che sembrava inizialmente prefigurarsi come un semplice matrimonio di convenienza sia invece destinato a trasformarsi in un rapporto duraturo (7). Mosca e Pechino potranno anche non amarsi, ma in questa fase gli interessi comuni, siano essi geopolitici o economici, sono di gran lunga più forti rispetto ai motivi di tensione reali o potenziali.

Detto questo, potrebbe apparire quantomeno sorprendente che la Russia abbia aspettato fino al 28 marzo prima di fare richiesta di adesione all’AIIB, a soli tre giorni dal termine ultimo per la sottoscrizione come membri fondatori. Questa riluttanza sembrerebbe ancora più paradossale alla luce di altri due elementi non ancora menzionati, ma di importanza cruciale.

Il primo è il forte attivismo del Cremlino nella creazione di istituti finanziari “alternativi”, al fine di ridurre il potere relativo degli organismi finanziari attualmente esistenti, quasi tutti a guida occidentale. Già nel 2007, quando ancora la Russia sembrava sulla strada di una lenta ma inesorabile integrazione nell’Occidente, Vladimir Putin affermava la necessità di un nuovo sistema finanziario globale, definendo quello attuale “datato, antidemocratico e problematico” (8). Nel 2013, durante il vertice dei Paesi BRICS (9) di Durban, nel Sudafrica, gli stessi hanno raggiunto un accordo per il lancio della Nuova Banca di Sviluppo (NDB), con sede a Shanghai e un capitale di 100 miliardi di dollari. L’accordo è stato ratificato a Fortaleza nel luglio 2014 (10). Inutile dire che le sanzioni legate alla crisi ucraina, in particolare il blocco dei finanziamenti da parte della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, hanno rafforzato il “revisionismo” del Cremlino, allo stesso modo in cui le sanzioni alle banche di Stato e ad alcune imprese petrolifere hanno stimolato l’interesse da parte delle stesse per le piazze finanziarie non-occidentali. In entrambi i casi, ciò è andato a vantaggio soprattutto di Pechino.

Il secondo è la posizione geografica della Russia nella massa eurasiatica, che la rende una via di passaggio naturale per molte delle principali rotte transcontinentali. La rete infrastrutturale asiatica, pur vantando punte di eccellenza, è spesso carente o comunque inadeguata (secondo alcune stime dell’Asian Development Bank, l’Asia necessita di investimenti annuali pari a 776 miliardi di dollari per lo sviluppo delle sue infrastrutture (11)), e la Russia, che pure vanta una buona rete ferroviaria ereditata dalle epoche zarista e sovietica, non fa eccezione, ma il potenziale di sviluppo è immenso, complici il crescente peso economico della Cina e dell’intera regione estasiatica e della necessità della stessa di accedere ai ricchi mercati europei via terra, evitando quindi le lunghe traversate via mare. Mosca vanta poi un asso nella manica: l’Unione Economica Eurasiatica, grazie alla quale è oggi possibile trasportare merci da Shanghai a Francoforte (e viceversa) attraversando soltanto due controlli doganali. Questo fattore viene già oggi sfruttato da diverse multinazionali, come il colosso dell’informatica Hewlett-Packard, che da alcuni anni utilizza la ferrovia per trasportare le merci dai suoi stabilimenti di Chongqing ai mercati europei (12), e i nuovi progetti infrastrutturali che coinvolgono la regione non faranno che stimolare altre aziende a seguirne l’esempio.

Molte di queste nuove infrastrutture collegheranno la Russia – e quindi l’Europa – con la Cina attraverso il Kazakistan o la Mongolia. Tra le prime va menzionata l’autostrada “Europa Occidentale – Cina Occidentale”, che collegherà San Pietroburgo e il porto cinese di Lianyungang attraverso Mosca, Kazan’, Aktobe, il Kazakistan meridionale, Almaty e la Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, con una diramazione per la capitale uzbeca Taškent (13). La costruzione dell’autostrada, secondo alcune stime, consentirà un incremento del trasporto merci via terra tra Cina e Kazakistan da 12 a 33 milioni di tonnellate annue (14). Per quanto riguarda le seconde, sono attualmente in corso dei vertici trilaterali tra Cina, Russia e Mongolia per il potenziamento della Transmongolica, la ferrovia che collega Pechino alla città russa di Ulan-Ude, sulla Transiberiana, e la costruzione di una nuova autostrada tra i tre Paesi (15). È poi in progetto una diramazione della Transmongolica che attraverserà la Mongolia occidentale e la Repubblica di Tuva, in Russia, prima di ricongiungersi anch’essa con la Transiberiana all’altezza di Krasnojarsk (16). Queste infrastrutture avranno particolare importanza per la Cina nord-orientale, consentendole di migliorare i propri collegamenti via terra per l’Europa. Il progetto più ambizioso, però, è senza dubbio quello della costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità tra Mosca e Pechino, uno dei temi del futuro incontro tra Putin e Xi Jinping previsto per l’8 maggio (17). La realizzazione del primo tratto della linea, che collegherà Mosca e Kazan’, inizierà nel 2016 e sono attualmente in corso trattative tra la RŽD, la società ferroviaria russa, e alcune società cinesi per la costruzione e il finanziamento dell’opera, che una volta terminata dovrebbe consentire di percorrere i settecentosettanta chilometri che separano le due città in circa tre ore e mezza (18).

Tuttavia, quando si parla di Russia e AIIB, bisogna tenere in conto anche altri fattori, ad esempio di tipo geopolitico. Alla vigilia della svolta russa il sito cinese di opposizione Duowei ha pubblicato un’analisi che, seppur smentita dai fatti, resta ancora utile per capire il perché delle titubanze di Mosca. La Russia, secondo Duowei, punta a stabilire relazioni paritetiche col gigante cinese, e se nella NDB la stessa può ancora avere una voce notevole, pur disponendo soltanto del 18% delle quote contro il 41% del fu Celeste Impero, nell’AIIB l’autorità del Cremlino sarebbe limitata. Ciò si ricollega ad un altro problema: la Russia, in grado di competere con la Cina (e con gli States) sul fronte militare, lo è molto meno sul fronte economico, e la resilienza che sta dimostrando nel corso di questa crisi non deve far dimenticare la presenza di oggettive debolezze strutturali (19). Ciò rimanda a un problema di fondo: la Russia, malgrado gli eventi degli ultimi anni, mantiene una certa diffidenza nei confronti della Cina, e il rafforzamento della presenza militare russa nell’Asia Centrale, secondo l’autorevole sito di analisi Stratfor, è dovuto anche ai timori di un eccessivo rafforzamento cinese nella regione (20). E tutto ciò avviene mentre, oltre la barricata, la Cina ha oggi meno motivi che mai per sentirsi minacciata dal Cremlino, visti il crescente isolamento di liberali e filoccidentali nella dirigenza russa, l’improbabilità di una riconciliazione con Tokyo che ancora qualche mese fa sembrava essere possibile e la riconversione di Putin in una sorta di novello Aleksandr Nevskij che, al pari del suo predecessore medievale, mostra la spada all’Occidente ma non disdegna di venire a patti con l’Oriente. La Cina, a differenza dell’Occidente, è stata sinora molto attenta a non urtare le sensibilità russe, sia sul fronte geopolitico che su quello culturale e identitario, ma non è da escludere che nei prossimi anni la sua leadership possa cambiare atteggiamento nei confronti del suo vicino settentrionale per assumerne uno più schiettamente imperiale.

Non più semplici sono i rapporti di affari tra la Russia e il fu Celeste Impero, anche per ragioni legate alle forti differenze culturali tra i due Paesi. Indicativa, sotto questo punto di vista, è la vicenda delle trattative russo-cinesi per la costruzione della ferrovia Mosca–Kazan’. Essendo ormai in uno stadio avanzato, un loro fallimento è alquanto improbabile, e già nell’ottobre dell’anno scorso la RŽD e la società ferroviaria cinese hanno sottoscritto un memorandum d’intesa per la costruzione della linea ferroviaria; ciononostante sono ancora diversi i punti in sospeso, soprattutto quelli legati ai finanziamenti. La Cina, infatti, è disponibile a investire denaro per la costruzione della linea, ma le sue banche, a differenza di quelle occidentali, non si contentano di un mero ruolo di partner finanziario, limitandosi quindi a concedere prestiti e a chiederne la restituzione a tempo debito, ma puntano a partecipare attivamente alla costruzione della ferrovia. “La speranza di poter sostituire i crediti che fino ad ora ricevevamo dall’Occidente con quelli cinesi” afferma un economista russo “si è rivelata vana. I Cinesi ce lo dicono quasi con sarcasmo: noi non siamo speculatori, se noi mettiamo i soldi siamo noi i contraenti, questi sono i nostri fornitori, e così via. Con loro non è così semplice”. E questo mentre la Russia punta a un tasso di localizzazione della costruzione dell’opera non inferiore all’80%. Nell’ottobre scorso, poi, le autorità di Pechino hanno posto come condizione per un finanziamento di 10 miliardi di dollari il passaggio del prolungamento della linea verso la Cina attraverso Ürümqi, il capoluogo dello Xinjiang, da dove si congiungerà con la rete ad alta velocità cinese (21).

Tuttavia, se è vero che le differenze culturali e le ambizioni geopolitiche hanno il loro peso, è anche vero che la situazione attuale non offre alla Russia molte alternative; e, per quanto non sia improbabile che la maggior parte della popolazione russa e magari della sua classe dirigente ancor oggi preferisca un’alleanza con l’Unione Europea, o persino con gli Stati Uniti, ad una con la Cina, non va dimenticato che una piena normalizzazione dei rapporti con l’Occidente, allo stato attuale, è possibile soltanto alle condizioni degli Stati Uniti, con qualche concessione su tematiche secondarie quali l’uso della lingua russa e il decentramento amministrativo, similmente a quanto accaduto per la Serbia nei rapporti con l’UE sulla spinosa questione del Kosovo (22). È molto più utile, per il Cremlino, far pesare nei confronti di Washington quella che Huntington chiamava la “carta russa”, ossia il potere della Russia di modificare in maniera significativa i rapporti di forza tra USA e Cina, similmente a quanto fatto dalla Cina popolare durante la Guerra Fredda. In più ci sono le precedentemente menzionate esigenze dell’economia. Così, se inizialmente Mosca aveva rifiutato gli inviti di Pechino ad aderire alla banca, cogliendo quest’ultima di sorpresa, in seguito ha rivisto la sua posizione, complici anche il crescente interessamento per la banca da parte della stampa e di vari Paesi occidentali e la costituzione di un apposito comitato per l’Asia e il Pacifico guidato dal Vicepremier Igor’ Šuvalov(23). Restano ancora molte incognite sulla gestione dell’istituto di credito, sulla ripartizione del suo capitale e sul ruolo di Pechino negli organi direzionali, ed è alquanto difficile che la Cina, che contribuirà con cinquanta miliardi di dollari alla costituzione di una banca che di capitale ne avrà cento, non faccia sentire il proprio peso; ma difficilmente Mosca avrà da rimpiangere la sua decisione.

NOTE

1) http://www.affairscloud.com/china-launches-aiib-in-asia-to-counter-world-bank/

2) Si noti, a questo proposito, che secondo fonti governative il Canada sta prendendo in seria considerazione l’ipotesi di aderire all’AIIB come membro ordinario (fonte: http://business.financialpost.com/news/economy/canada-reveals-its-actively-considering-joining-china-led-asian-bank-aiib ).

3) http://www.theguardian.com/us-news/2015/mar/13/white-house-pointedly-asks-uk-to-use-its-voice-as-part-of-chinese-led-bank

4) http://www.reuters.com/article/2015/03/31/us-usa-china-idUSKBN0MR2HB20150331

5) S. P. Huntington, Lo Scontro delle Civiltà e il Nuovo Ordine Mondiale, Garzanti, Milano 1997, p. 340.

6) http://www.japantimes.co.jp/news/2014/11/10/national/politics-diplomacy/in-beijing-abe-putin-agree-to-prepare-for-putins-visit-here-next-year/#.VTOGTiHtmko

7) D. Trenin, From Greater Europe to Greater Asia? The Sino-Russian Entente, Carnegie Moscow Center, Mosca 2015, p. 3.

8) http://www.wantchinatimes.com/news-subclass-cnt.aspx?id=20150327000002&cid=1102

9) I BRICS (acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) sono un raggruppamento inizialmente informale delle principali potenze emergenti.

10) http://www.bbc.com/news/business-28317555

11) http://www.adbi.org/working-paper/2010/09/09/4062.infrastructure.demand.asia.pacific/

12) http://www.nytimes.com/2013/07/21/business/global/hauling-new-treasure-along-the-silk-road.html?pagewanted=1&_r=1

13) Vedasi G. Cappelluti, Ritorno alla Via della Seta, in “Eurasia”, n. 32, Il secolo cinese?, p. 48.

14) http://tengrinews.kz/kazakhstan_news/kazahstan-kitay-razrabatyivayut-4-energeticheskih-proekta-12-231546/

15) http://thediplomat.com/2014/10/russia-china-mongolia-begin-trilateral-talks/

16) http://uk.businessinsider.com/mongolia-extends-trans-border-railway-to-china-russia-2014-10?r=US

17) http://primorye24.ru/news/atrnews/51715-kitay-i-rossiya-obsudyat-proekt-skorostnoy-zheleznoy-dorogi-pekin-moskva-uzhe-v-mae.html

18) http://www.m24.ru/articles/71413?attempt=1

19) http://www.wantchinatimes.com/news-subclass-cnt.aspx?id=20150327000002&cid=1102

20) https://www.stratfor.com/analysis/why-russia-will-send-more-troops-central-asia?utm_source=freelist-f&utm_medium=email&utm_term=article&utm_campaign=20150416&mc_cid=219f15166a&mc_eid=863bf4628c

21) http://www.business-gazeta.ru/article/130536/

22) Si veda, a questo proposito, il testo degli Accordi di Bruxelles del 2013.

23) http://www.themoscowtimes.com/opinion/article/russia-joins-the-aiib-finally/518424.html


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Giuseppe Cappelluti, nato a Monopoli (Bari) nel 1989, vive e lavora in Turchia. Laureato magistrale in Lingue Moderne per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale presso l’Università degli Studi di Bergamo, ha conseguito la laurea triennale in Scienze della Mediazione Interculturale presso l’Università degli Studi di Bari. Dopo aver trascorso periodi di studio presso l’Università di Tartu (Estonia) e a Petrozavodsk (Russia), nel 2016 ha conseguito un Master in Relazioni Internazionali d’Impresa Italia-Russia presso l’Università di Bologna. Dal 2013 ha pubblicato numerosi articoli su “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” e nel relativo sito informatico. Suoi contributi sono apparsi anche su “Fond Gorčakova” (Russia), “Planet360.info” (Italia), “Geopolityka” (Polonia) e “IRIB” (oggi “Parstoday”, Iran).