Mentre l’elezione di Donald Trump fa discutere il mondo, il presidente-eletto sembra deciso a non pronunciarsi sull’Africa. Nel continente intanto, gli investimenti, l’ AGOA, il terrorismo e il clima sono tra gli aspetti che più potrebbero venire influenzati dalla sua presidenza.

Nonostante si sia detto molto su cosa potrebbe significare l’elezione di Donald Trump, poco sappiamo di come il mandato del tycoon potrà influenzare i rapporti Stati Uniti-Africa. Sia chiaro: possiamo avanzare ipotesi plausibili, ma c’è ben poco di certo. Nel corso della sua campagna elettorale, infatti, Trump non si è minimamente pronunciato sull’argomento Africa. L’apparente disinteresse di Trump per il continente ha attirato non poche critiche, soprattutto a seguito del 16 Novembre, quando il gruppo per la transizione di Trump ha riferito che il neoeletto aveva parlato con 29 leader mondiali, dei quali uno solo (al-Sisi) era africano .
Cosa si aspetta l’Africa dall’elezione di Trump? Ovviamente, è impossibile individuare una reazione rappresentativa di tutto il continente. Sul versante politico, molti dei capi di stato africani non hanno esitato a presentare, come di norma, le loro congratulazioni al nuovo presidente, giungendo anche a toni decisamente entusiastici — è il caso del presidente del Burundi Pierre Nkurunziza, che ha definito la vittoria di Trump come “la vittoria di tutti gli Americani”. Una voce fuori dal coro è stata la leader della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, che si è dichiarata molto triste e seriamente preoccupata dall’esito delle elezioni negli States. Pur essendo un’eccezione tra i leader politici, Sirleaf non è sola: ha fatto notizia il caso di Wole Soyinka, Nobel per la letteratura nel 1986, dichiaratosi seriamente intenzionato a lasciare per sempre gli Stati Uniti in caso di vittoria di Trump. Ancora, l’ex ministro degli affari esteri nigeriano e professore di scienze politiche Bolaji Akinyemi ha parlato di Trump come di un individuo inesperto e pericoloso.

Sono quattro le parole chiave per capire il dibattito Africano su Trump: investimenti, AGOA, terrorismo e clima. Cerchiamo di capire, un punto alla volta, in quali modi questi tre temi scottanti potrebbero essere affrontati dal nuovo presidente. Il primo punto sono gli investimenti: è verosimile che l’amministrazione Trump farà di tutto per sostenere gli investitori americani in Africa e garantirne gli interessi. In queste circostanze, c’è chi spera che l’elezione del magnate possa incoraggiare un aumento degli investimenti. Secondo Mima Nedelcovych, CEO dell’ Initiative for Global Development, la vittoria di Trump rappresenta una grande opportunità, da cogliere adoperandosi per attirare investimenti e promuovere la crescita . Resta da capire come si comporterà il tycoon in fatto di garanzie di mercato, ovvero come si posizionerà nei confronti dell’AGOA.

L’ AGOA (African Growth and Opportunity Act) è una legge commerciale statunitense approvata nel 2000, e da allora rinnovata fino al 2025, che prevede l’accesso duty-free nel mercato statunitense di beni provenienti da 38 paesi dell’Africa sub-sahariana. Cosa ne sarà di questo sistema dopo il 31 di Dicembre? In base alle dichiarazioni di Trump, ci sarebbe di che preoccuparsi. Ecco cosa diceva il Tycoon nel suo discorso sulla politica estera del 27 Aprile 2016: “Il disavanzo della nostra bilancia commerciale con il mondo si sta avvicinando ad un miliardo di dollari l’anno. Stiamo ricostruendo le nazioni degli altri e nel frattempo indeboliamo la nostra. Porre fine al furto di posti di lavoro americani ci darà le risorse di cui abbiamo bisogno per ricostruire il nostro apparato militare e a riguadagnare forza e indipendenza finanziaria.” Ancora, il magnate ha manifestato la ferma intenzione di tirar fuori gli Stati Uniti dal famigerato TPP, e preteso una rinegoziazione dei trattati istitutivi del NAFTA (ed, in caso contrario, l’uscita degli USA dagli stessi). Pur non essendoci nessuna dichiarazione relativa al sistema tariffario dell’AGOA, non c’è da meravigliarsi che molti temano per le sue sorti. È probabile che Trump pretenda che il sistema sia trasformato nel senso di una maggiore reciprocità, permettendo anche l’ingresso di beni Statunitensi non tassati nei 38 paesi interessati; ovviamente, la situazione sarebbe estremamente sconveniente per questi paesi, che probabilmente opterebbero per porre fine all’AGOA.

 Se già il destino di questa legge non è chiaro, ancor più incertezza c’è su quali conseguenze potrebbe portare una sua eliminazione. Non sono in pochi, infatti, a ritenere che un rinnovato isolazionismo Americano ed una chiusura dell’AGOA potrebbero in fin dei conti giovare all’Africa, promuovendo la localizzazione di economie fin troppo fondate sull’esportazione di petrolio e carboni. C’è addirittura chi, come l’ex presidente della South African Reserve Bank Tito Mboweni, sostiene che l’AGOA abbia giovato più alla Cina che all’Africa, incentivando la presa di controllo da parte di proprietari Cinesi dell’artigianato africano. Quali che siano le sorti dell’AGOA, dunque, si tratta di una legge dai benefici incerti, della quale forse si potrebbe fare a meno.

Il terzo punto scottante è il terrorismo. Nonostante Trump abbia fatto del pugno di ferro contro il terrorismo uno dei suoi slogan, la preoccupazione diffusa è che la linea antimusulmana del tycoon possa avere un ritorno opposto alle aspettative e che le organizzazioni terroristiche possano far leva sulla dialettica di Trump per allargare le loro file. In ogni caso, già durante l’amministrazione Obama la “guerra al terrore”, seppure non sostenuta da esternazioni come quelle di Trump, ha portato gli Stati Uniti in varie aree del continente africano, e non si prevedono grossi cambiamenti con il nuovo mandato.
Veniamo all’ultimo punto: il clima. Sebbene non con riferimento all’Africa, sul clima Trump si è pronunciato in modo inequivocabile. Fin quando ci muoviamo nel breve periodo, l’amministrazione Trump non sembrerebbe troppo dannosa per l’Africa. È estremamente improbabile, ad esempio, che il magnate possa sottrarsi alla Congo Basin Initiative, introdotta durante la prima amministrazione Bush. Il progetto, che prevede l’appoggio degli USA alla protezione della foresta tropicale e dei fiumi di diverse nazioni dell’Africa centrale, ha riscosso fin troppo successo sia tra i democratici che tra i repubblicani per poter essere messo da parte. Nonostante ciò, la politica di Trump continua a rappresentare un grosso rischio ambientale per l’Africa, e questo per un motivo molto semplice. Il presidente-eletto non ha nessuna intenzione di cercare un compromesso tra l’indipendenza energetica degli USA e la sostenibilità di questo progetto, perché semplicemente non crede ce ne sia bisogno, e la sua presidenza non terrà affatto in considerazione effetti di lungo periodo, con probabili risvolti drammatici per l’ambiente. Ma perché questo problema dovrebbe interessare all’Africa più che agli altri? La risposta è semplice: l’Africa è, al contempo, il continente con i più bassi livelli di emissioni e quello che più risentirebbe del cambiamento climatico, date le temperature già elevate.

Questi scenari, confusi, sfocati, sono il massimo che possiamo delineare per l’Africa. D’altra parte, se c’è una verità indubitabile e che emerge in vari modi è che non basterà l’ascesa di Trump a cambiare anni di politica estera americana.


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