La malattia di Hugo Chavez ha messo in luce nel foro della politica venezuelana e latinoamericana la figura del suo vice: Nicolas Maduro, ex ministro degli esteri, tenutosi fino ad oggi all’ombra dell’imponente mole mediatica e istituzionale del presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Valutare le possibilità di successo dell’erede designato di Chavez, le sue capacità di richiamo politico in Venezuela come nell’America Latina e infine il suo apporto alla stabilità del processo rivoluzionario iniziato nel 1999, potrebbe essere importante per capire il futuro del Venezuela come protagonista della regione.
Nomina alla carica di presidente sub delega
La svolta politica per Nicolas Maduro è arrivata a definirsi l’8 dicembre scorso con l’investitura ufficiale a futuro presidente da parte dello stesso Chavez, per poi consolidarsi dopo il 10 gennaio (giorno indicato dalla Costituzione per il giuramento presidenziale davanti all’assemblea). In questo arco di tempo il vicepresidente ha svolto funzioni e compiti istituzionali che in concreto lo hanno posto, oltre che come portavoce dello stato di salute di Chavez, quale fidato esecutore degli ordini del presidente. Maduro è ad oggi emanazione politica a Caracas di uno Chavez costretto a letto, ma lucido e attento nell’affidargli i diktat governativi. Questo almeno è quanto trapela ormai quotidianamente dalla bocca di Maduro stesso, che aggiorna in continuazione il popolo sulle condizioni di Chavez. Ovviamente in questa fase interlocutoria (che durerà fin quando la situazione non sarà chiarita definitivamente: o con le nuove elezioni per l’impedimento del Presidente, o con il ritorno definitivo sullo scranno presidenziale di quello che ora è il degente di lusso a L’Havana) Maduro si sta comportando da semplice esecutore delle volontà presidenziali senza alcuna libertà di manovra personale. A tal proposito basta porre l’attenzione sui frequentissimi viaggi del vicepresidente venezuelano a Cuba, che non si limitano ad un semplice monitoraggio degli eventuali progressi clinici di Chavez. Il lavoro di segreteria speciale svolto da Maduro sta comunque proiettando lo stesso al ruolo di protagonista all’interno dei vertici sudamericani e nelle relazioni regionali con gli alleati preoccupati della sorte di Chavez (Paesi Alba e Argentina in primis).
Nel primo mese di questo interim al vertice, Maduro ha fornito rassicurazioni, infatti, sui contratti e le forniture di idrocarburi riguardanti i principali partner della zona caraibica, che beneficiano, ad oggi, di tariffe agevolate per incrementare lo sviluppo economico sotto l’egida venezuelana (rappresentata da Petrocaribe) (1). Questo non sarà un lavoro a breve termine: Maduro ha avuto infatti la certezza che agirà come vicepresidente vicario sine die il 10 gennaio. La data in questione ha cristallizzato questa nuova fase del secondo mandato di Chavez affiancato da Maduro, innovando la prassi presidenziale in materia di giuramento e aprendo di fatto un limbo governativo nel quale avrà spazio di manovra lo stesso Maduro (finché Chavez non tornerà in piena forma, se mai accadrà). Il 10 gennaio, vero crocevia cronologico per la Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, era una data essenziale ai fini della presa del potere formale da parte di Chavez. L’impossibilità di giurare davanti all’Assemblea Nazionale ha aperto un contenzioso costituzionale che si è risolto a favore proprio del presidente: Chavez assolverà all’obbligo del giuramento quando potrà, evitando così nuove elezioni e una crisi istituzionale(2).
Ci vorranno settimane, mesi addirittura, prima che Maduro torni a fare il semplice vicepresidente o a candidarsi alla guida del Paese (in un eventuale post Chavez); tuttavia risulta essere il solo a godere della fiducia incondizionata del presidente ed è l’attuale principale mandatario della ideologia chavista nei consessi regionali. Maduro è stato scelto tra un folto gruppo di fedeli chavisti che occupano prestigiosi incarichi al vertice di governo (tra i quali il presidente dell’Assemblea Nazionale Diosdado Cabello e il ministro degli esteri Elias Jaua)(3). Autista e sindacalista per una ditta di trasporto pubblico locale di Caracas, Maduro entrò per la prima volta in contatto con Chavez dopo l’arresto di quest’ultimo – per il tentato golpe del 1992 – grazie a sua moglie, Cilia Flores, avvocato proprio del presidente(4). Fin da subito in stretti rapporti con il leader, Maduro ha scalato la carriera politica in circa dieci anni divenendo vicepresidente il 15 ottobre scorso.
L’uomo di Cuba
Facente parte di quella ristretta cerchia di pretoriani del bolivarismo, Maduro, secondo l’opposizione e i suoi detrattori, è considerato l’uomo di Cuba a Caracas e non solo. Secondo fonti autorevoli, Cuba è il salvacondotto governativo di Maduro per assicurarsi prestigio ideologico e – quel che più conta – la fiducia dell’esercito, i cui ufficiali siedono nelle posizioni più sensibili all’interno della struttura istituzionale del Paese(5). Questa nomea costituitasi già da tempo deriva comunque dalla stima incondizionata che Maduro prova per Fidel e il regime castrista, nonché da un debito intellettuale che condivide con Chavez nei confronti dell’ideologia socialista declinata nei Caraibi e resistente nei decenni alla pressione statunitense. Una saldatura tra i due Paesi facilmente visibile ancor di più dai dati economici riguardanti l’interscambio commerciale.
Il Venezuela è il più grande partner commerciale di Cuba al mondo; oltre al petrolio concesso a prezzi ultracompetitivi, Caracas è il maggiore acquirente dei prodotti cubani, nonché dei servizi essenziali come sanità e istruzione. Alleanza economico-ideologica che ha trovato sfogo regionale nell’istituzione dell’organizzazione Alba, entità politica sovranazionale sorretta dalla parvenza ideologica della Grande Colombia di Simon Bolivar(6). In realtà, dal punto di vista dell’influenza geopolitica è chiaro come tra i due Stati, sia Cuba la più interessata al mantenimento dello status quo del Venezuela per ragioni di mera sopravvivenza. Il rischio concreto che l’opposizione salga al potere con il forfait di Chavez, con consequenziale spostamento dello sguardo geopolitico di Caracas verso Washington, ridisegnerebbe la carta dell’influenza bolivarista con preoccupanti risvolti in campo energetico: Cuba dovrebbe rinunciare alla continua crescita del Pil foraggiata da 100 mila barili di petrolio giornalieri(7) e tutto il progetto Alba subirebbe un arresto.
Essenziale quindi, è che Maduro in questi mesi di “apprendistato” studi bene da alterego di Chavez e che dia continuità al mandato, specialmente in prospettiva di elezioni che i partner commerciali di Caracas sperano avvengano al più tardi. Che l’attenzione su Chavez e il ruolo di Maduro sia particolarmente alta, fino alla vera e propria tensione, è sensazione che si manifesta non solo con gli oppositori interni e i partner commerciali di Caracas. L’intero continente ha deciso di non intervenire nella questione creatasi sul giuramento e la presa formale del potere. L’intromissione sarebbe stata vista, a livello politico, come una critica assoluta allo stesso Chavez e ai suoi ideali democratici. La questione comunque è stata marginalmente affrontata con toni critici solo dall’ambasciatore panamense all’Oas: Guillermo Chocez si era espresso duramente contro l’avallo silenzioso dell’organizzazione nei confronti della sentenza del Tribunale supremo venezuelano; esternazione che Panama ha smentito dimissionando il diplomatico. Nemmeno gli Stati Uniti – i più influenti nell’Oas – e i suoi alleati regionali stanno quindi entrando nel merito. La pressione sulla svolta istituzionale impressa per ora è sentita fortemente in casa.
La sfida interna
Che Maduro debba preoccuparsi di conquistare il necessario potere politico anche in casa è fuori dubbio come del resto l’acquisizione di considerazione all’estero. In Venezuela la transizione nel medio periodo non è affatto opzione remota. Nonostante i proclami di Maduro, secondo cui Chavez resterà presidente per tutto il mandato, le eventuali elezioni anticipate richiedono un candidato forte e autorevole da contrapporre allo sfidante del Movimiento Primero Justicia, Henrique Capriles Radonski. L’ultimo contendente di Chavez alle presidenziali ha ottenuto il 45% dei voti, e la sua temibilità è certa. Dal 2008, Capriles è il governatore dello stato di Miranda e nelle elezioni amministrative di fine anno ha confermato la carica mettendo in fila prima Cabello e poi Jaua (i due sfidanti di alto livello che Chavez gli aveva opposto). Ad oggi, anche sull’onda emotiva della salute di Chavez, il Psuv resta comunque saldamente il primo partito. Con un vantaggio strategico simile Maduro in questo periodo dovrà dare stabilità e sicurezza di crescita al Paese attraverso un fattore per sua natura fluttuante. Gli introiti sull’esportazioni del petrolio rappresentano il 95% del totale e sono la fonte di finanziamento unica ed essenziale per lo sviluppo che a sua volta passa per una crescita proporzionale della spesa pubblica. Qualora il prezzo del greggio dovesse scendere per una contrazione continua dei consumi, il Venezuela ne risentirebbe più di tutti. Maduro dovrà essere così lungimirante – e fortunato – nell’accontentare il proprio elettorato (il Piano Casa è uno dei più attesi) e sperare in condizioni favorevoli del mercato del greggio per continuare nel trend positivo del Pil (+4,2% nel 2011 dopo due anni di recessione) in crescita esponenziale dal 2003 – in quell’anno il Pil registrava poco più di 83 miliardi di dollari per poi arrivare all’apice nel 2010 con quasi 394 miliardi di dollari con valori positivi medi del 10,52%(8). Il populismo di matrice chavista, sorretto dai miliardari introiti del greggio, ha però una variante mediatica non indifferente, una presa sul popolo che fa di Chavez la vera e forse unica guida carismatica dell’intera America Latina. Uno spessore che manca attualmente a Maduro, che insieme agli altri esponenti di punta del partito, è sempre stato oscurato fino ad ora dalle capacità comunicative del presidente. Maduro riuscirà a sostituire Chavez in un’ottica di medio-lungo periodo?
La sfida che attende il vicepresidente e che in parte sta già affrontando, sarà infine la ricerca di una continuità politica: parola chiave che abbraccia dinamiche e destini degli attori tra i più sensibili e influenti del panorama geopolitico indio latino.
*Salvatore Rizzi, dottore in Scienze della Politica e corrispondente per il quotidiano “Latina Oggi”
(1) Oltre a Cuba (l’interlocutore più rilevante) a beneficiare di migliaia di barili al giorno di petrolio sottocosto e con tassi di interessi praticamente nulli sono: Antigua e Barbuda, le Bahamas, il Belize, la Dominica, la Repubblica Dominicana, Grenada, la Guyana, la Jamaica, St Lucia, St Kitts and Nevis, Saint Vincent e Grenadine, il Suriname, Haiti, il Nicaragua e il Guatemala
(2) Il dettato costituzionale esaminato dalla collegio giudicante si riferisce a due articoli: il 231 che recita: <<Il candidato eletto prende possesso dell’incarico di Presidente della Repubblica il dieci di gennaio del primo anno del suo mandato costituzionale, prestando giuramento dinanzi all’Assemblea Nazionale. Se per qualsiasi motivo sopravvenuto il Presidente della Repubblica non possa prendere possesso dinanzi all’Assemblea Nazionale, lo fa dinanzi al Tribunale Supremo di Giustizia>>; e l’articolo 233: <<Sono cause di impedimento permanente del Presidente della Repubblica: la morte, la rinuncia, o la destituzione decretata con sentenza dal Tribunale Supremo di Giustizia … quando si realizza una causa di impedimento permanente del Presidente eletto prima che questi abbia preso possesso dell’incarico, si procede ad una nuova elezione a suffragio universale, diretto e segreto entro i trenta giorni consecutivi seguenti…>> Vista l’impossibilità di acclarare l’impedimento permanente di Chavez, il Tribunale Supremo de Justicia – chiamato a dirimere la questione – ha optato per una interpretazione assiologica della Costituzione: dare maggiore valore alla scelta popolare espressa con il voto superando formalismi costituzionali che avrebbero sconfessato il più importante principio democratico.
(3) Cabello è indicato come il principale avversario politico di Maduro nella lotta intestina al Partito Socialista Unito del Venezuela per succedere a Chavez: ex militare gode della stima dell’esercito ed è tra i pochi insieme a Maduro ad essere informato in prima persona sullo stato di salute del presidente; prima della carica di presidente del Parlamento è stato anche ministro delle infrastrutture e fa parte del direttivo del Psuv. Elias Jaua è l’attuale ministro degli esteri, nominato il 15 gennaio, anch’egli ai vertici del governo dal 2003 quando divenne ministro dell’economia, in seguito dell’agricoltura e nell’ultimo anno vicepresidente prima della nomina di Maduro
(4) Anche Cilia Flores ha intrapreso una carriera politica con Chavez di primo piano: Presidente dell’Assemblea Nazionale, numero 2 del partito, è attualmente procuratore generale della Repubblica.
(5) http://www.el-nacional.com/politica/Maduro-instrucciones-Cuba-ganarse-FAN_0_124189967.html
(6) Rispetto al sogno realizzato da Bolivar (la repubblica ebbe vita breve, dal 1819 al 1831,) mancano all’appello dei paesi Alba (che coprono geograficamente la Grande Colombia) sia Panama che la Colombia stessa. Ad oggi il loro ingresso nell’organizzazione per l’alleanza bolivariana è fuori discussione per il patronage ideologico – economico esercitato dagli Sati Uniti
(7) http://www.indexmundi.com/it/cuba/economia_profilo.html
(8) Questi è altri dati economici relativi al Venezuela sono agevolmente consultabili sul sito della Banca Mondiale http://www.worldbank.org/en/country/venezuela
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