L’assassinio ad Ankara dell’ambasciatore Andrej Karlov – un diplomatico che anche nei momenti di tensione peggiori si era adoperato per favorire un miglioramento dei rapporti russo-turchi – mette alla prova la volontà di Turchia e Russia di procedere su un terreno di collaborazione.
Come di consueto è giunta la rivendicazione di Daesh, diligentemente riportata dal Site Intelligence Group della sionista Rita Katz; tuttavia valutazioni diverse e più corrispondenti allo scenario geopolitico attuale sono possibili. L’attentato giunge come avvertimento carico di significato alla vigilia del fondamentale incontro a tre fra Russia, Turchia e Iran sulla situazione siriana: un incontro impensabile soltanto otto/nove mesi fa.
Il quotidiano “Sabah” in un editoriale del 20 dicembre sottolinea la vicinanza dell’attentatore Mevlut Mert Altıntaş all’ambiente gülenista: il poliziotto era infatti segnalato ai servizi di sicurezza come simpatizzante del movimento di Fethullah Gülen, del quale aveva seguito dei corsi nel centro di Körfez. Risultano anche stretti legami con Emre Uslu, l’ex agente della Polizia al centro dell’inchiesta aperta contro il settantacinquenne predicatore residente in Pennsylvania: anche Uslu – giornalista di “Zaman” – è fuggito negli Stati Uniti, con richiesta di estradizione da parte turca.
Aggiunta interessante: il quotidiano pone a fianco la pista Gűlen con la decisione di Turchia e Russia di regolare i propri scambi commerciali con le monete nazionali anziché in dollari.
Il Ministro degli Esteri Cavuşoğlu ha esplicitamente confermato l’ipotesi dell’origine gülenista dell’attentato: il che vorrebbe dire – conseguentemente – CIA e Stati Uniti.
Questo articolo è coperto da ©Copyright, per cui ne è vietata la riproduzione parziale o integrale. Per maggiori informazioni sull'informativa in relazione al diritto d'autore del sito visita Questa pagina.