José Alberto Mujica Cordano è l’attuale Presidente dell’Uruguay, in carica dal primo marzo 2010; il suo è un piccolo Paese, il cui territorio è circondato dai due giganti sudamericani: il confine occidentale lo divide infatti dall’Argentina, quello orientale dal Brasile. L’estensione geografica dell’Uruguay è infinitamente più ridotta di quella dei suoi potenti vicini, per non parlare poi del numero di abitanti. Lo Stato di Mujica conta infatti meno di 4 milioni di abitanti, che se paragonati ai 40 milioni di argentini e i quasi 194 milioni del Brasile, contribuiscono a porre l’Uruguay in una posizione secondaria rispetto ai suoi sconfinati e popolosi vicini.
Effettivamente la cronaca di questo Stato rimane piuttosto in sordina sullo scenario internazionale, probabilmente anche a causa dei numerosi capi carismatici che attualmente, o fino a tempi molto recenti, hanno governato molti dei Paesi dell’America Latina: il Brasile di Lula, il Venezuela di Chavez, la Cuba di Castro e l’Argentina di Cristina Kirchner. In un tale scenario risulta alquanto difficoltoso ritagliarsi un ruolo di rilievo a livello regionale e globale e l’ Uruaguay potrebbe sembrare destinato all’oblio; però il suo Presidente, “Pepe” Mujica, non pare accettare passivamente una tale subordinazione ed riesce spesso a richiamare l’attenzione dei media su di sé e sul suo Uruguay.
Il Presidente uruguayano è considerato il Presidente più povero del mondo; percepisce uno stipendio mensile di circa 10.000 dollari, ma tiene per sé solo il 10% di questa somma, destinandone il 90% alla beneficenza. Ha inoltre rinunciato alla residenza presidenziale, preferendo continuare a vivere nella sua casa di campagna e rifiutando l’auto blu (1). Inoltre Mujica non nasconde le sue critiche a molti dei dirigenti regionali; pur essendo un Presidente di sinistra, non mitiga la sua delusione per l’esperienza cubana, e nel suo libro-intervista preparato per la campagna elettorale si legge che, se dovesse scegliere un Paese come modello per l’Uruguay, sceglierebbe la Finlandia. Nessun segno di ammirazione dunque per i suoi vicini e compagni latinoamericani.
Se però si dovesse identificare l’avversario politico di Mujica, molti sarebbero propensi a indicare l’Argentina e la sua Presidentessa. A tale proposito, è piuttosto recente la gaffe di cui si è reso protagonista il Presidente uruguayano; poche settimane fa, infatti, durante una conferenza stampa, credendo che i microfoni fossero spenti, Mujica si è espresso duramente nei confronti della Kirchner, affermando: “La vecchia è peggio di quel guercio di suo marito. Lo strabico aveva più senso della politica, questa è solo testarda. Non sa quello che fa”. È chiaro che la parole siano rivolte alla Kirchner e a suo marito (Nestor Kirchner) defunto nel 2011. Quest’ultimo è stato Presidente dell’Argentina dal 2003 al 2007 al quale succedette la moglie Cristina Fernandez Kirchner, attualmente al suo secondo mandato alla massima carica argentina.
Il rapporto burrascoso con Buenos Aires risale ad un passato più lontano e negli anni Pepe Mujica non ha certo risparmiato i giudizi impietosi; nel già citato libro-intervista l’uruguayano afferma che “[…] l’Argentina è un Paese che cade a pezzi […] Menem è un mafioso”. Per quanto riguarda il popolo argentino, Mujica si esprime scrivendo: “[…] Non dirò che il popolo argentino è un popolo di tarati o una repubblica delle banane, ma certo che hanno reazioni da isterici, pazzi e paranoici […]”.(2)
La frizione che oppone Montevideo e Buenos Aires ha raggiunto la crisi più acuta con la questione delle papeleras in costruzione sul confine tra i due Stati. Il fiume Uruguay funge infatti da confine naturale tra l’omonimo Paese e l’Argentina; per gestire tale contiguità dei territori e i problemi da essa derivanti, nel 1975 i due Stati avevano stipulato un Trattato, denominato Estatuto del Rìo Uruguay, il cui primo articolo ne definisce la natura di strumento finalizzato alla creazione di un meccanismo idoneo a raggiungere un utilizzo ottimale e razionale del fiume. Nel 2002 tale meccanismo però entra in crisi, a causa della decisione di localizzare la produzione di due cartiere, una spagnola e una finlandese, sulla sponda uruguayana del fiume, a Fray Bentos. La costruzione dei due stabilimenti suscita da subito la preoccupazione del Governo argentino, vista la comunione del bacino fluviale; il Ministero degli esteri argentino chiede infatti uno studio sull’impatto ambientale, per verificare le possibili conseguenze delle cartiere. Se sulla sponda uruguayana inizia la costruzione di una delle due fabbriche, su quella argentina ha inizio la protesta; la popolazione della cittadina posta di fronte a Fray Bentos, Gualeguaychu, decide infatti di bloccare l’accesso ai ponti che collegano i due Stati. La tensione cresce velocemente su entrambi i lati; il blocco si espande dalla città uruguayana Gualeguaychu, a tutto il confine, per giungere al primo blocco totale delle comunicazioni terrestri nel gennaio 2007, con gravi danni all’economia uruguayana. Per parte sua il Montevideo decide di installare l’esercito a protezione della cartiera in costruzione. I governi, inoltre, procedono anche per via diplomatica: Nestor Kirchner si rivolge alla Corte internazionale dell’Aja nel 2006, sostenendo la violazione uruguayana dello statuto del fiume Uruguay del ’75. Montevideo, invece, fa appello al sistema di conciliazione del Mercosur, accusando l’Argentina di essere venuta meno a uno dei suoi principi cardine, non avendo garantito la libera circolazione dei beni. (3)
La crisi diplomatica si risolve solo il 15 novembre 2010, con la decisione di istituire una Commissione congiunta bilaterale per il controllo delle emissioni inquinanti della cartiera e la loro gestione. A tale positiva conclusione contribuisce anche il tanto discusso Presidente Mujica, il cui mandato ha inizio nel marzo del 2010.
A livello ancor più macroscopico, per comprendere la posizione dell’Uruguay nello scacchiere regionale, è necessario considerare la sua adesione al Mercosur. I membri attuali sono infatti l’Argentina, l’Uruguay, il Brasile, il Venezuela e il Paraguay, anche se quest’ultimo è stato sospeso nel 2012. Questa organizzazione, nata nel 1991 col Trattato di Asunción (sottoscritto originariamente da Argentina, Uruguay, Brasile e Paraguay), si pone l’obiettivo ultimo di creare un mercato unico tra i Paesi membri, ponendo in essere le politiche e i provvedimenti necessari. I principali interlocutori dell’Uruguay risultano dunque essere Argentina e Brasile; è con questi Paesi che si svolgono i principali scambi commerciali del piccolo Stato. Montevideo può però sfruttare il suo sbocco sul mare per commerciare anche con altri Paesi; tale posizione strategica gli permette inoltre di aggirare le eventuali misure protezionistiche, ma anche gli ostacoli o blocchi terrestri, come avviene nel caso della controversia delle cartiere. Opportunità che ad esempio non ha il Paraguay; Asunción è membro originario (sospeso) del Mercosur che però, ritrovandosi stretto tra Argentina, Brasile e Bolivia, non può che vivere in una dipendenza esterna anche più accentuata rispetto a quella uruguayana. (4)
L’integrazione economica ricercata dal Mercosur lascia quindi spazio a diverse critiche e anche Mujica non nasconde le sue perplessità. In una recente intervista rilasciata alla radio di Montevideo M24, avrebbe infatti definito il Mercosur: “una pessima unione doganale e non un mercato comune”. Il Presidente sostiene inoltre la necessità di ridurre i vincoli imposti ai singoli Stati per la loro appartenenza alla comunità economica, lasciando la possibilità ai membri di stringere anche accordi bilaterali. La situazione attuale, invece, crea un’eccessiva dipendenza dal Mercosur, che secondo Mujica è fonte di “ostacoli che si riflettono direttamente sulla produzione e, quindi, sulle opportunità di lavoro”. (5)
La figura carismatica di Mujica cerca quindi di sottrarre l’Uruguay alla sua posizione, che sembra destinata alla subordinazione. Lo fa con uno stile incisivo e spesso irriverente, ma la sua pare una strategia efficace per non cedere il passo alle superpotenze vicine e per guadagnare una posizione più autonoma e significativa nello scenario internazionale.
* Rachele Pagani è laureanda in Diritti dell’uomo ed etica della cooperazione internazionale presso l’Università degli Studi di Bergamo
(1) L’uruguayano Pepe Mujica è il presidente più povero del mondo, http://www.lastampa.it/2012/11/16/esteri/l-uruguayano-pepe-mujica-e-ilpresidente-piu-povero-del-mondo-HgGoJC69maP0hQkbUE4jiI/pagina.html
(2) Uruguay, Cile: storie di presidenti, miliardari e guerriglieri,Maurizio Stefanini http://temi.repubblica.it/limes/uruguay-cile-storie-di-presidenti-miliardari-e-guerriglieri/11592
(3) Argentina e Uruguay fanno pace non solo sulla carta, Francesco Davide Ragno, http://temi.repubblica.it/limes/argentina-e-uruguay-fanno-pace-non-solo-sulla-carta/17358
(4) Argentina, Brasile e i problemi del Mercosur, http://www.fondazionecdf.it/index.php?module=siteHYPERLINK “http://www.fondazionecdf.it/index.php?module=site&method=article&id=1911″&HYPERLINK “http://www.fondazionecdf.it/index.php?module=site&method=article&id=1911″method=articleHYPERLINK “http://www.fondazionecdf.it/index.php?module=site&method=article&id=1911″&HYPERLINK “http://www.fondazionecdf.it/index.php?module=site&method=article&id=1911″id=1911
(5) Il Mercosur non va, http://www.lindro.it/economia/2013-03-04/72620-il-mercosur-non-va
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