Descrizione
GEOSTRATEGIA
Secondo la concezione di Sir Halford Mackinder, l’Europa centro-orientale va disegnata in modo tale da creare un diaframma che impedisca ogni forma di contatto tra Russia e Germania, così da stroncare sul nascere qualunque egemonia di tipo continentale. Si evidenzia come questa teoria, lungi dall’essere dimenticata, sia tuttora parte della strategia americana, costituendo un’ipoteca nei riguardi della stabilità del continente europeo considerato nella sua interezza.
L’ordinario svolgersi delle odierne relazioni non può prescindere dagli assetti posti in orbita spaziale. Dalle comunicazioni al posizionamento GPS, la crescente rilevanza del dominio extra-atmosferico e confermata da un rinnovato interesse da parte delle autorità militari che sono ben consce delle opportunità offerte da questo contesto. Si pone, quindi, il problema della legittimità sotto il profilo del diritto internazionale dello sfruttamento militare di questo dominio da parte degli Stati. Dopo una breve ricognizione delle implicazioni militari dell’uso dello spazio extra-atmosferico ed una introduzione ai principi del corpus iuris spatialis, saranno oggetto di approfondimento le norme internazionali disciplinanti l’uso della forza e la condotta delle operazioni militari al di fuori dell’atmosfera terrestre.
La guerra algoritmica consiste nel costruire algoritmi che suggeriscano ai decisori le giuste tattiche, trasformino le informazioni in modo comprensibile e, soprattutto, le forniscano in tempo reale. Durante le operazioni militari, la velocità è un elemento fondamentale e la minore latenza del 5G consentirà ai combattenti di condividere più dati simultaneamente. La corretta analisi algoritmica, termine coniato per indicare qualsiasi algoritmo generato da computer, è realizzata da un sistema in grado di interagire nell’ambito di un conflitto armato; con la rete 5G queste operazioni avverranno pressoché in tempo reale.
DOSSARIO: LE SÈTTE DELL’OCCIDENTE
La censura effettuata da Pechino ha spostato fuori dalla Cina il raggio d’azione della setta Falun Gong, strumento di propaganda occidentale e anticinese. I legami con Qanon e l’ampia disponibilità di denaro ne hanno consentito finora la visibilità; Falun Gong sopravvivrà all’esautoramento di Donald Trump dalla presidenza degli Stati Uniti?
La crisi pandemica, oltre a mostrare in generale l’intrinseco inganno del presunto benessere diffuso creato da quarant’anni di neoliberismo esasperato, ha accelerato nel contesto nordamericano le tendenze disgregatrici ed ha approfondito le linee di faglia interne ad una entità politico-geografica divisa etnicamente e socialmente. Se è vero che i fatti del 6 gennaio sono in parte il prodotto di tali fratture, è altrettanto vero che solo in rari casi una società profondamente individualista come quella statunitense è stata capace di mobilitare le masse in nome di rivendicazioni di carattere sociale. Le analisi sin qui prodotte sul momento storico nordamericano (impostate o sul disprezzo per gli “sconfitti della globalizzazione” o sul carattere prettamente economico) hanno cercato di sottovalutare il reale collante ideologico dell’assalto al Campidoglio: ovvero, ciò che è stato capace di unificare e condurre la massa sulla base di una commistione tra messianismo e teoria della cospirazione che, lungi dall’essere una novità, si presenta come uno dei caratteri essenziali dell’“anima” nordamericana. Di fatto, il fenomeno QAnon è solo la versione digitalizzata e postmoderna di correnti carsiche che hanno attraversato la storia politica e sociale degli USA. In questo contesto si cercherà di analizzarne le radici ideologiche ed il ruolo geopolitico al di fuori degli Stati Uniti, anche alla luce della possibile creazione di un movimento puramente “trumpista”.
L’articolo ripercorre l’evoluzione e la trasformazione di un movimento molto importante per la Turchia moderna e rappresentativo della strategia occidentale nei confronti del Paese della Mezzaluna: da organizzazione comunitaria e religiosa, portabandiera della fede islamica di fronte alle strette imposte dal secolarismo laico, alla costituzione di una sorta di setta sincretistica costellata di slogan tipicamente modernisti (mentre prende corpo un’intrapresa economica dalle dimensioni colossali) e infine alla creazione di una “Struttura Parallela” capace di condizionare – su commissione occidentale e in particolare della CIA statunitense – la politica di interi Paesi, Turchia in testa.
Il tema dell’islam politico, altrimenti detto “islamismo” e scientemente amalgamato all’Islam, è stato riportato alla ribalta dai politici e dai media con obiettivi e motivazioni che ho analizzati nel dossier Strategika “La nation française et la question musulmane”. Lo studio storico presente definisce per l’appunto l’islam politico, che, diciamolo subito, ha di islamico soltanto il nome. I due principali movimenti che hanno dato nascita all’islam politico sono: 1) il wahhabismo, un’ideologia eretica nata nel XVIII secolo, il cui fondatore, Mohammed ibn ‘Abd al-Wahhab, fu condannato ed escluso dall’Islam da diversi ulema e mufti; 2) il riformismo islamico, nato nelle logge massoniche orientali nel XIX secolo, ricollegate alla massoneria francese e britannica. Questo riformismo massonico dell’Islam darà nascita nel 1928 ai Fratelli Musulmani, sostenuti ed utilizzati dagli Angloamericani dagli anni Quaranta fino ai giorni nostri. Quello che oggi viene chiamato “islam politico” è un coacervo di ideologie e di movimenti che, fin dalla loro origine, hanno mirato a sovvertire l’Islam e il mondo musulmano, strumentalizzando politicamente la religione. Come si vedrà, l’islam politico non è la manifestazione dell’Islam temporale, ma la strumentalizzazione del referente islamico da parte di organizzazioni, movimenti, Stati, a fini bassamente politici.
Il presente articolo intende affrontare il ritorno di una particolare tendenza oscillante tra ideologia e religione, che dal mondo anglosassone si è diffusa in ampia parte dell’Europa e dell’America, soprattutto in un contesto storico che appare contrassegnato dall’emersione di nuove esigenze di multipolarità.
DOSSARIO: DA TRUMP A BIDEN
Proponendo un metodo d’indagine consistente nell’unire lo spazio geografico e la volontà creatrice di un attore politico con le contingenze internazionali, l’articolo indaga e individua i fondamenti della geopolitica statunitense nell’opera di Alfred Mahan e Nicholas Spykman. Tramite una corretta comprensione di tali fondamenti, è possibile comprendere non solo lo sviluppo storicamente avvenuto dell’azione statunitense, ma anche le sue prospettive future e quindi la continuità dell’azione degli Stati Uniti.
Gli eventi di Capitol Hill del sei gennaio hanno segnato in modo determinante l’immaginario collettivo e la percezione del ruolo degli Stati Uniti nel mondo. Tuttavia, lungi dall’aver rappresentato la fine dell’“impero” nordamericano, questi hanno determinato semplicemente il passaggio da una fase di crisi (notevolmente accelerata dalla pandemia) ad una fase inerziale in cui la nuova amministrazione farà ricorso al collante ideologico del “destino manifesto” per ridurre la conflittualità interna e cercare di restaurare l’immagine storica di guida dell’“Occidente”.
A motivare il nuovo Presidente USA Joe Biden è la forte convinzione che la Russia rappresenti il principale pericolo per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. In un articolo scritto su “Foreign Affairs”, Biden ha affermato di voler combattere l’“aggressione russa” mantenendo invariato il potenziale militare della NATO ed aumentando le capacità dell’Alleanza Atlantica di contrastare minacce di tipo non convenzionale. Nello stesso testo Biden ha espresso la necessità di imporre alla Russia un prezzo elevato per le sue azioni, sottolineando l’importanza del mantenimento di stretti rapporti con le forze della società civile russa che si oppongono all’operato del Cremlino. Eppure tra Mosca e Washington non esistono solo divergenze.
L’articolo sviluppa alcune questioni emerse il 5 Dicembre 2020 nel corso della conferenza “Il Martire Soleimani e una nuova civiltà islamica”, organizzata da un tavolo di istituzioni accademiche e centri studi della Repubblica Islamica dell’Iran. La conferenza verteva sugli sbocchi geopolitici e strategici possibili per la Repubblica Islamica dopo l’assassinio del Generale, considerati alla luce dei recenti sviluppi politici nella Regione (i cosiddetti “Accordi di Abramo” tra regime sionista e petromonarchie arabe mediati da Washington).
DOCUMENTI
Dante, De Monarchia, I, 5; I, 14, 4-11 (trad. C. M.). L’imperatore è, per la sua posizione preminente, per la superiorità morale e intellettuale che gli deriva dalla sua funzione stessa, il solo in grado di interpretare e possedere i princìpi del diritto naturale dai quali derivano tutte le leggi positive che le passioni e i disordinati appetiti celano in parte agli uomini posti meno in alto. I prìncipi particolari ricevono da lui questi principia universalia e in base ad essi fissano le leggi che ritengono più opportune secondo i tempi i luoghi e le persone. Nei casi dubbi e nei casi di violazione della legge di natura, l’imperatore interviene a decidere o a reprimere.
Dante, Convivio, IV, 4, 1-14. Nel quarto trattato del Convivio viene sviluppata un’ampia digressione concernente l’autorità dell’Imperatore. Nel brano qui riportato l’Autore fissa alcuni concetti che verranno poi approfonditi nel De Monarchia, in particolare il concetto secondo cui lo scopo dell’uomo nella vita terrena è il conseguimento della felicità temporale; per consentirlo, è indispensabile la funzione dell’Imperatore, arbitro fra interessi divergenti e garante di pace.
Epistola VI (trad. C. M.). Nel 1311 Firenze era diventata la centrale di uno schieramento ostile ad Arrigo VII, che nell’anno precedente era sceso in Italia. Temendo che l’Imperatore venisse in Toscana, i Fiorentini avevano accelerato la costruzione della terza cinta muraria intorno alla città e con “parole superbe e disoneste” avevano risposto al messo imperiale che mai essi “per niuno signore inchinarono le corna” (Dino Compagni). Quindi si erano alleati con altri comuni di analogo orientamento e con Roberto d’Angiò, che si era messo a capo della Lega Guelfa di Toscana. Dante, che con l’Epistola V scritta tra il settembre e l’ottobre del 1310 aveva esortato i sovrani d’Italia ad accogliere l’Imperatore, il 31 marzo 1311 inviò l’Epistola VI ai Fiorentini, accusandoli di trasgredire il diritto divino e quello umano.
RECENSIONI E SCHEDE
Giulio Peroni, Stabilità economica e sostenibilità nel diritto internazionale (Marco Zenesini)
Francesco Zampieri, Elementi di strategia marittima (Amedeo Maddaluno)
Parag Khanna, Il secolo asiatico? (Juan M. de Lara Vázquez)
Aristofane, I Cavalieri (Adelaide Seminara)
Giambattista Cadoppi, Bielorussia. Tra Eurasia e tentativi di rivoluzione colorata (Luca Baldelli)