Dopo la situazione di stallo in seguito agli ultimi negoziati dell’agosto 2009, sono ripartiti, sotto l’egida delle Nazioni Unite, i colloqui tra Marocco e Sahara Occidentale. Christopher Ross, inviato speciale del segretario generale dell’ONU, ha invitato le parti a incontrarsi nei pressi di New York con lo scopo di riavviare le trattative. L’esito dei due giorni di incontro non ha portato ad una soluzione della controversia, in quanto le parti risultano ancora molto distanti.
La proposta del Fronte Polisario (Fronte popolare di liberazione di Seguìa el Hamra e del Rìo de Oro) parte dal referendum come unico strumento in grado di garantire l’esercizio dell’autodeterminazione del popolo saharawi, appoggiato da numerose risoluzioni; il progetto del Marocco si articola a partire dalla sovranità del Marocco. (1)
Da un lato, dunque, una parte richiede ancora una consultazione della popolazione, rimandata da più di dieci anni, mentre l’altra non prevede alternativa ad un’autonomia “concessa” dal Regno ad un “suo” territorio.
La questione del Sahara Occidentale è rimasta irrisolta dagli anni ‘70, quando si levò un’ondata di ribellione contro il tentativo da parte del Marocco di annettere il territorio, in seguito al ritiro della Spagna. Il popolo saharaoui attraverso il suo legittimo rappresentante, il Fronte Polisario, ha lottato, e ancora lotta, contro l’oppressione e l’occupazione militare marocchina e opera instancabilmente, attraverso mezzi pacifici, per le sue legittime rivendicazioni: l’autodeterminazione e la libertà.
Durante i tentativi di risoluzione del conflitto, occorre evidenziare l’importanza e il coraggio delle scelte dei leader del Fronte Polisario che hanno optato per una trasformazione da movimento armato a partito indipendentista. In questo passaggio fondamentale, il cessate il fuoco ha sospeso un conflitto che durava da quindici anni e doveva precedere il referendum previsto per il 1992. Da allora, nonostante i rallentamenti e gli ostacoli posti dal Marocco ad ogni nuovo accordo stipulato, il Fronte Polisario non lo ha mai interrotto.
Il processo di autodeterminazione del Sahara Occidentale passa attraverso l’applicazione integrale del piano di pace dell’Onu (MINURSO) che contempla lo svolgimento di un referendum di autodeterminazione. Questa dovrebbe essere la giusta via per sedare i conflitti, e quella auspicata dal popolo saharaoui.
Le Nazioni Unite condannano il tentativo del Marocco di acquisire sotto la propria sovranità parti del territorio occupato, lo sfruttamento e il danneggiamento delle risorse naturali, gli spostamenti forzati di popolazione e specialmente gli insediamenti di popolazione marocchina nei territori di quello che dovrebbe costituire uno Stato autonomo e diverso dal Marocco, e infine la violazione dei diritti umani.
Fin dal 1974 la missione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in visita nell’ex Sahara spagnolo ha constatato che la popolazione o, per lo meno, la quasi totalità delle persone da essa incontrate si è pronunciata categoricamente in favore dell’indipendenza e contro le rivendicazioni territoriali del Marocco e della Mauritania.
Da allora le dichiarazioni di Stati e di organizzazioni internazionali in favore della rappresentatività del movimento di liberazione nazionale del Sahara Occidentale, il Fronte Polisario, si sono moltiplicate, oltre alle prese di posizione molto nette in questo senso dell’Organizzazione dell’Unità Africana.
Il riconoscimento del Fronte Polisario come legittimo rappresentante del Sahara Occidentale è importante in quanto permette di identificare l’ente che ha diritto a partecipare alle conferenze internazionali (specialmente quelle di codificazione), sia pure senza diritto di voto, e l’ente da prendere in considerazione ai fini della futura indipendenza del territorio.
A pochi chilometri dalla città di Tifariti, le autorità occupanti hanno eretto un obbrobrioso muro lungo più di 2.700 km, che separa uno stesso popolo da più di trent’anni. Lungo il muro della vergogna sono disseminati i più terribili mezzi di distruzione: mine antiuomo di ogni tipo, che provocano morte e disperazione tra la popolazione, oltre alle disastrose conseguenze ecologiche che ne conseguono per gli animali e la fauna del territorio. Esso è il simbolo dell’occupazione e della logica della forza, è un affronto per la coscienza del mondo intero e per la dignità dell’uomo. Rivela la vera faccia dell’occupazione illegale del Sahara Occidentale, della politica espansionista del Marocco e delle violazioni dei diritti umani (2).
Numerose istituzioni ed organizzazioni governative e non governative che operano per la difesa dei diritti umani hanno denunciato le innumerevoli violazioni dei diritti umani perpetrate dal Marocco nel Sahara Occidentale e che quelle violazioni abbiano radici nella violazione del diritto del popolo Saharawi all’autodeterminazione.
Il mondo intero, e, in primo luogo, le Nazioni Unite con la presenza sul campo della MINURSO, si sono resi conto della ferocia di questa repressione contro il popolo Saharawi. Prigioni medievali stipate di prigionieri politici, torture, sparizioni, detenzioni e processi arbitrari, ricordano quotidianamente una brutale occupazione coloniale. (3)
L’inizio del conflitto, e la sua continuazione, hanno costretto migliaia di donne, vecchi e bambini Saharawi, all’esilio e, poi, alla resistenza contro l’occupazione della loro terra. La durezza delle condizioni di vita della popolazione nei campi di rifugiati Saharawi ed in alcune zone liberate della RASD (4), sono aggravate dall’asprezza dell’ambiente geografico.
L’occupazione del Sahara Occidentale, il rifiuto di dare giustizia alla sua gente si traducono in una repressione feroce esercitata nei confronti della popolazione civile.
Amnesty International ha recentemente richiamato l’attenzione sulle persecuzioni che hanno visto come vittime difensori dei diritti umani, come Brahim Sabbar e Ahmed Sbai e la candidata al premio Nobel per la pace,Haminatou Haidar, che recentemente ha vinto il premio “Robert Kennedy” per i diritti umani e quello della Train Foundation di New York, il “Civil Courage Prize” (5) . Dopo il ritiro dell’ultimo premio le autorità marocchine hanno arrestato Haminatou, in quanto aveva indicato il Western Sahara nei suoi documenti di sbarco. Le hanno ritirato il passaporto e spedita, contro ogni regola, apolide, alle Canarie, ma Haminatou ha iniziato uno sciopero della fame, sostenuta dall’opinione pubblica di tanti paesi, riuscendo a rientrare. (6)
L’appoggio riservato dal marocchino medio alle rivendicazioni palestinesi per avere uno Stato, diventa intolleranza e disprezzo per quelle saharawi, come se i principi universali con cui si difendono le cause altrui non fossero ugualmente validi nel proprio paese.
Il Fronte Polisario rimane dell’idea che l’unica soluzione accettata dalla popolazione sarà la realizzazione del referendum, dopo il quale qualsiasi esito verrà accettato, anche nel caso di integrazione al Marocco. Nel caso estremo in cui il conflitto dovesse riprendere, l’identità saharaoui si radicalizzerebbe (se la popolazione fosse ancora disposta a vivere nei campi profughi e a lottare per l’indipendenza) o si affievolirebbe in caso contrario.
Quella sul referendum è una vera e propria scommessa, poiché la Rasd potrebbe uscirne legittimata come nuovo Stato, oppure potrebbe sparire del tutto.
Le Nazioni Unite hanno annunciato la prossima visita del mediatore Ross nella regione per consultazioni con tutte le parti in causa in vista di nuove trattative. Probabilmente la sfida più grande sarebbe lo svolgimento del referendum, poiché permetterebbe di valutare quanto il progetto politico proposto finora dal Fronte Polisario sia effettivamente considerato il migliore per il futuro del Paese.
NOTE:
(1) Risoluzione 1754 (2007) del Consiglio di Sicurezza. (Fonte: Archivi delle Nazioni Unite);
(2) Reporters sans Frontières, Maroc, Annuel Rapport;
(3) Tratto da www.amnisty.org;
(4) La RASD, Repubblica Arba Saharawi Democratica, fondata il 27 febbraio 1976, la Repubblica ha un governo in esilio, guidato da Mohammed Abdelaziz;
(5) www.PeaceReporter.it;
(6) www.il sole24ore .com.
Le opinioni espresse nell’articolo sono quelle dell’Autrice e potrebbero non coincidere con quelle di “Eurasia”
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