Un articolo di Ali Kulebi, presidente del TUSAM (Centro di ricerca sulle strategie di sicurezza nazionale) (1) sottolinea con notevole risalto l’interesse crescente della Turchia per lo scenario eurasiatico. Con “Eurasia”, secondo una particolare e limitata accezione viene talora intesa nel testo l’Asia centrale, la “Terra dei padri”, mentre considerazioni più generali e complessive riferiscono quel termine all’insieme dei due continenti, europeo e asiatico.
Di fronte al crescente interesse occidentale per l’Asia centrale – i “Balcani eurasiatici” di Brzezinski – la Turchia ha un ruolo importante, che è in gran parte da giocare nei rapporti con la Russia.
Kulebi rinviene nell’orientamento geopolitico di Alexandr Dughin, “consulente strategico di Putin”, le linee portanti della politica internazionale russa: così la prospettiva della costituzione di “un asse Parigi – Berlino – Mosca – Teheran – Tokyo”, la creazione dell’Organizzazione per la cooperazione di Shangai, la stessa “Comunità degli Stati Indipendenti”, tutto ciò è valutato e apprezzato da Putin e Dughin in chiave antiamericana e di liberazione eurasiatica.
La strategia imperialista statunitense – concretamente attuata con la globalizzazione e con la continua pressione militare – è infatti principalmente diretta contro la Russia: “E’ improbabile, nonostante le aspettative contrarie – sostiene l’autore del saggio – che la Cina possa incrinare il potere globale degli USA, e questo a causa della sua scarsità di risorse energetiche”.
L’imperativo geopolitico statunitense è di isolare la Russia, e per questo la sua azione punta in questa fase storica al dominio terrestre (Asia centrale, Medio oriente), in apparente contraddizione con la sua dimensione di potenza marittima.
La recente visita di Putin in Turchia sembra definitivamente segnare la fine della diffidenza russa verso Ankara e inaugurare una nuova fase di collaborazione: Kulebi cita autori russi (Bagramof e Kadirbayev) a sostegno dell’idea di unità fra Turchi e Slavi come elemento decisivo dell’orientamento eurasiatista turco; l’unità “tra Turchi, Persiani, Uzbeki, Azeri, Kirghisi, Kazaki, Turkmeni” è obiettivo non in contrasto ma correlato a tale orientamento.
Quello dei rinnovati buoni rapporti tra Turchia e Russia è d’altra parte un aspetto particolarmente trattato dagli organi di stampa e dagli specialisti di politica internazionale turchi : il numero di giugno di “2023”, la maggiore rivista di geopolitica turca, è interamente dedicato alle relazioni passate, presenti e future tra i due Paesi, prendendo spunto dalla situazione dei musulmani in Russia; si segnala in particolare una lunga intervista (2) al prof. Hasan Ali Karasar, dell’università di Ankara, membro del Centro per gli studi eurasiatici di Ankara, nella quale si argomenta di come i popoli turco-musulmani non costituiscano un problema o un pericolo per la Federazione russa.
Naturalmente permangono elementi di disagio e di difficoltà da affrontare: nell’articolo si osserva ad esempio che Russia e Iran non vedono di buon occhio una piena integrazione tra Turchia e Azerbagian (“una nazione, due Stati”, proclama uno slogan condiviso da Turchi e Azeri), e ciò si traduce in un poco gradito sostegno all’Armenia; viene auspicata la piena collaborazione turca con la Russia “di Putin e di Dughin”, ma ciò non può significare subordinazione o mancato riconoscimento del ruolo della Turchia in ambito caucasico.
L’Eurasia rappresenta comunque “una nuovo concetto di cooperazione basato sul multipolarismo”, che riguarderà “Turchia, Iran, repubbliche turche, Ucraina, Russia, Cina e perfino Giappone”, e ciò nel rispetto delle specifiche identità, in particolare di quelle religiose.
E l’Europa? Kulebi , sulla scia di Dughin, non la dimentica, considerando che l’eurasiatismo turco si alimenterà della decisiva posizione strategica della Turchia, ponte asiatico verso il Vecchio Continente; ma la Turchia “deve resistere alle interferenze della Ue” (3), non facendosi ridurre alla dimensione di grande mercato per gli investitori esteri: il deficit commerciale turco ha raggiunto – in forza della crescita di importazioni – i 5,8 bilioni di dollari, e sono numerose le imprese turche piccole/medie costrette al fallimento.
Intanto, l’interesse turco per la prospettiva eurasiatica – rivolto oggi soprattutto verso la componente “asiatica” – trova concreto riscontro nei fatti : per il 2008 è prevista la completa realizzazione della linea ferroviaria che – grazie soprattutto agli investimenti cinesi nell’opera – collegherà Istambul a Shangai, via Kars, Tbilisi, Baku e la Russia meridionale. E’ previsto un trasporto annuale di venti milioni di tonnellate di merci.
Note
(1)The forgotten option : Turkish Eurasianism, pubblicato sul giornale turco di lingua inglese Daily News in due parti, 23 e 24 agosto 2006; disponibile anche su www.acturca.wordpress.com
(2)Putin çok sofistike bir müslüman politikası uyguluyor, in 2023, n° 62, giugno 2006, pp. 18 – 26
(3)Fra queste sarà sicuramente considerata la recentissima (inizio settembre 2006) approvazione della “relazione Eurlings” da parte della commissione Esteri del Parlamento europeo, comprendente critiche su diritti civili, rapporti con Cipro e questione armena (mancato riconoscimento del genocidio armeno)
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