Introduzione
Dal 2008 in poi, uno dei temi più discussi ed analizzati della politica russa, con eccessi che spesso hanno rasentato il gossip, è stato quello dei rapporti che intercorrono tra l’attuale Presidente Dmitry Medvedev ed il Premier Vladimir Putin. Sul cosidetto tandem russo sono state realizzate una moltitudine di analisi che hanno cercato, ognuna dal suo punto di vista, di mettere in luce la vera essenza dei rapporti tra presidente e premier. Alcuni analisti hanno ravvisato una certa disparità in tali relazioni al punto da definire Medvedev come una marionetta nelle mani di un Putin cinico e calcolatore mentre altri tendono ad interpretare il tandem in modo meno sbilanciato. Inoltre, all’affermazione di chi pensa che la conflittualità tra i due sia marcata ed in aumento si contrappone la visione di chi sostiene che, al di là di qualche piccola differenza di vedute, l’armonia regni sovrana.
È dunque chiaro che le posizioni su un tema così delicato ed importante siano varie e spesso discordanti. Tuttavia, al di là delle differenze di vedute spesso inconciliabili tra loro, molte di queste analisi offrono degli spunti davvero interessanti per comprendere il funzionamento del sistema politico russo.
Ciò che ci proponiamo di fare in questa nostra breve analisi è cercare di offrire una chiave di lettura dei rapporti tra Medvedev e Putin che vada, fin dove possibile, oltre le semplicistiche dicotomie ed i vecchi stereotipi utilizzati per analizzare l’essenza ed i rapporti di forza all’interno del tandem russo.
Dopo la rimozione del sindaco di Mosca, Yuri Luzkov, vero e proprio peso massimo della politica russa e le sempre più frequenti discussioni sulle elezioni presidenziali del 2012 riteniamo che focalizzare la nostra analisi sul tandem Medvedev-Putin sia necessario per tentare di carpire le dinamiche future che caratterizzeranno la Russia.
I rapporti tra Putin e Medvedev
L’amicizia tra Medvedev e Putin dura ormai da circa 20 anni. Entrambi di San Pietroburgo, si incontrarono per la prima volta nel 1991 grazie Anatoly Sobchak, professore presso la Facoltà di giurisprudenza, che decise di candidarsi, con successo, alla carica di sindaco della città. Medvedev, dottorato in diritto civile ed assistente presso la stessa Facoltà, grazie alle sue qualità attirò l’attenzione di Sobchak che lo invitò a far parte della nuova amministrazione comunale. Putin, ex agente del KGB, fu chiamato dal neo sindaco a gestire il comitato per gli affari esterni della città. Forse qui è presente la differenza più grande tra Medvedev e Putin, vale a dire il loro passato: il primo proviene dal mondo giurisprudenziale ed accademico, il secondo da quello dei servizi segreti. Come si può facilmente intuire, ciò ha creato ampie differenze nelle loro reti di contatti personali.
Tra i due nacque un’amicizia fraterna e sincera in cui però Putin ha giocato, grazie ai suoi 13 anni in più di vita e soprattutto di esperienza nei serivizi segreti sovietici, il ruolo di fratello maggiore. Questa amicizia è, con molta probabilità, un fattore di primo piano di cui non si può non tenere conto soprattutto per la sua utilità nell’appianare le frizioni tra i due.
Quando Putin, trasferitosi a Mosca nel 1996 per guidare l’FSB, fu nominato prima premier (aprile 2009) e poi delfino del presidente Eltsin (dicembre 2009) con successiva vittoria alle elezioni presidenziali del 2000, Medvedev era al suo fianco durante la campagna elettorale che avrebbe permesso a Putin di arrivare al vertice politico della Russia divenendo poi capo del suo staff. Di li a poco Medvedev sarebbe stato nominato presidente di Gazprom, la società gassifera monopolista russa di cui lo Stato detiene la quota azionaria di maggioranza.
Verso la conclusione del secondo mandato presidenziale, Putin, rispettando il dettato costituzionale che vieta alla stessa persona di occupare la carica per più di 2 mandati consecutivi (articolo 81 della Costituzione della Federazione Russa), scelse Medvedev come proprio successore. Nelle elezioni del 2008 egli divenne presidente ed in maggio la nuova presidenza Medvedev fu inaugurata. Il giorno successivo fu la volta di Putin in qualità di nuovo primo ministro (le elezioni parlamentari della primavera avevano consegnato la maggioranza al partito Russia Unita di cui Putin era ed è leader). Quello fu l’inizio ufficiale del tandem che ancora oggi guida la Russia.
Prima di passare ad analizzare i risvolti costituzionali e politici del tandem ci preme attirare l’attenzione sul fatto che dalla nostra brevissima descrizione del rapporto tra i due emerge chiaramente quanto ampio sia il debito di Medvedev nei confronti di Putin: senza di lui la scalata al vertice del potere politico russo probabilmente non sarebbe mai avvenuta. Questo è un elemento che, nel momento in cui analizziamo il tandem, deve essere tenuto a mente.
Medvedev-Putin o Putin-Medvedev? Cambiando l’ordine degli addendi il risultato cambia…
Cerchiamo adesso di comprendere un po’ meglio il significato politico ed istituzionale di questo tandem.
È interessante notare che fin dal principio la nuova configurazione del potere, dopo il trasferimento di Putin dal Cremlino alla ‘Casa Bianca’, ha portato molti esperti ad interrogarsi su quale sia stato il reale impatto sull’assetto costituzionale interno: sebbene sotto il profilo formale la Costituzione non abbia subito mutamenti degni di nota (se si fa eccezione per la riforma di Medvedev del dicembre 2008 che ha prolungato il mandato presidenziale a 6 anni e quello del Parlamento a 5) e la forma di governo sia, di conseguenza, rimasta quella semi-presidenziale è fuori discussione che sotto il profilo sostanziale il trasferimento di Putin alla guida del consiglio dei ministri abbia provocato uno spostamento del potere reale verso quella carica a detrimento di quella presidenziale.
Senza alcuna ombra di dubbio, nella Costituzione e nel sistema politico russo fino all’arrivo di Medvedev la figura dominante era quella del presidente della repubblica con il primo ministro collocato in posizione subordinata, mentre adesso siamo in presenza di un sistema in cui il premier, forte della legittimità di cui gode agli occhi della gente, del partito Russia Unita e delle elìte che lo circondano e che costituiscono la sua base di potere, svolge un ruolo centrale che pone in secondo piano, o comunque indebolisce, la statura del presidende russo ed i poteri di cui costituzionalmente gode.
Potremmo dunque affermare che sebbene il dettato costituzionale sia rimasto invariato si è verficato un mutamento dell’ordine costituzionale del Paese verso una forma tendenzialmente più parlamentare, in cui il motore politico del Paese è rappresentato dal governo e dalla sua maggioranza parlamentare. Chiaramente, si tratterà di vedere se tale assetto sia stabile o se si tratti solo di una fase passeggera in attesa del ritorno di Putin al Cremlino nel 2012, da cui ne scaturirà il ritorno ad un assetto politico più in linea con il dettato costituzionale.
Per onestà intellettuale, è bene chiarire fin dal principio che la Costituzione russa, una Costituzione a ‘maglie larghe’ (che evita cioè una descrizione dettagliata e stringente di quello che il Paese dovrebbe essere sotto il profilo politico-istituzionale e lascia, sebbene entro certi limiti, alla politica la possibilità di intepretare il dettato costituzionale), nonostante delinei i compiti più importanti che spettano a ciascuna carica (con una supremazia del presidente abbastanza evidente), crea volutamente delle aree di sovrapposizione sia negli affari politici interni che esteri (si veda, nello specifico, gli articoli 80, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 113, 114, 115 della Costituzione russa). L’arrivo di Putin alla carica di primo ministro ha ridotto, se non proprio invertito, la supremazia del presidente sul premier e delineato delle cesure nella divisione dei compiti molto più nette e sbilanciate a favore del premier. Recentemente Putin ha affermato di non essere interessato alla gestione della politica estera, compito di cui quindi deve occuparsi Medvedev, perchè troppo impegnato con la politica interna, a cominciare da quella economica (affermazione a cui hanno fatto eco le parole del Ministro delle Finanze Alexei Kudrin secondo cui le decisioni sulle politiche di natura economica sono prese solo dal premier).
Questo ha reso il ruolo del presidente Medvedev nella politica interna russa molto più debole di quanto in realtà dovrebbe essere. Non solo, l’affermazione di Putin sulla divisione dei compiti che abbiamo riportato sopra apparentemente limita il ruolo che il governo deve svolgere nella politica estera. In realtà molti, e non a torto, dubitano del fatto che Putin abbia veramente abdicato al ruolo che spetta al premier russo nell’arena internazionale e molti suoi gesti (alcuni anche abbastanza teatrali, come la sua presenza sul teatro di guerra durante il conflitto con la Georgia nell’agosto 2008) e dichiarazioni sembrano sostenere ciò.
Tutto questo ci mostra come si sia verificata una compressione dei poteri presidenziali che va in direzione opposta a quanto affermato dalla Costituzione semi-presidenziale russa.
È chiaro dunque che ogni qual volta cerchiamo di capire il funzionamento del sistema politico russo non ci possiamo limitare alla semplice lettura della Costituzione ma dobbiamo indagare anche la prassi politica.
A tal proposito, uno degli elementi su cui gli analisti politici pongono l’accento è la disparità tra Medvedev e Putin in termini di base di potere: sebbene abbia favorito l’ascesa di nuove leve con una preparazione tecnica e a lui fedeli, quella del primo è relativamente debole e ad uno stato embrionale mentre quella del secondo, basata soprattutto sui siloviki, è estesa e solida, almeno fino ad oggi. Molti ritengono che questo sia uno degli elementi più importanti che rendono il rapporto tra il presidente ed il primo ministro sbilanciato a favore del secondo.
È probabile che entrambi siano consapevoli di questo stato di cose e non ci sia la reale volontà da parte di Medvedev di intraprendere i passi necessari per poter sfidare l’amico Putin tentando di creare una base di potere più solida mentre da parte di Putin sembra non esserci la volontà di drammatizzare la disparità esistente delegittimando così un presidente che lui stesso ha scelto come suo successore e che nel corso degli anni si è rivelato un amico ed un alleato fedele.
Inoltre, molti esperti mettono in discussione l’idea, diffusa in certi ambienti occidentali ma anche russi, secondo cui le differenze tra Putin e Medvedev siano così profonde ed insanabili da mettere in ombra la convergenza di valori ed interessi. A tal proposito è molto interessante quanto affermato da Putin qualche tempo fa durante il meeting con il Valdai International Discussion Club: parlando del suo rapporto con il presidente disse che non esisteva alcuna tensione politica come accade invece in altri Paesi. Fino ad oggi sembra proprio che l’affermazione sia sostanzialmente corretta, questo però non significa che tra i due non esistano delle differenze di vedute, anzi. Si prenda ad esempio le differenze esistenti sulle seguenti cinque questioni che hanno un’importanza assoluta nella politica russa.
1. Economia: Medvedev, ragionando sulla crisi economica mondiale, ha definito l’economia russa come primitiva, non equilibrata, eccessivamente dipendente dall’esportazione di materie prime ed incapace di venire incontro ai bisogni delle persone. Serve dunque un cambiamento ed una modernizzazione. Al contrario Putin ha sostenuto che sotto il profilo economico la Russia è sulla giusta strada e la crisi economica, che è arrivata dall’esterno e non era connessa con l’economia del Paese, ha solo rallentato la marcia della Russia;
2. Corruzione: Medvedev ha condannato la corruzione cronica che affligge il Paese, a cominciare dalla macchina burocratica statale, e ne blocca lo sviluppo economico e politico. Per parte sua Putin ha anch’egli affermato che la corruzione in Russia esiste ma ha ricordato che tale problema è presente in molti altri Stati e stabilire se la Russia potrebbe fare di più contro la corruzione non è così facile da dimostrare;
3. Caucaso del Nord: a causa dei problemi politici, economici e sociali irrisolti, Medvedev ha definito il Caucaso russo il problema politico interno più serio del Paese ed ha indirettamente condannato il modo con cui il problema è stato gestito fino ad ora. Putin, cercando di smorzare i toni, ha sostenuto che ciò che sta accadendo in Caucaso del Nord non è terrorismo nel vero senso del termine ma piuttosto una lotta tra clan per la redistribuzione delle proprietà e che Ramzan Kadyrov (attuale presidente della Repubblica federata di Cecenia) non è solo un guerriero decisivo ma anche un grande leader economico ed un bravo ragazzo.
4. Libertà civili: Medvedev ha denunciato con forza l’arbitrarietà del potere che minaccia le libertà dei cittadini russi e li rende inermi di fronte ad esso. Il rimedio a tale stato di cose è l’edificazione di una cultura della libertà e dello spirito critico nelle persone. Al contrario Putin, fedele al suo stile schietto, ha ribadito poco tempo fa durante un’intervista che chi protesta scegliendo di ignorare il divieto di manifestare su Piazza del Trionfo a Mosca deve aspettarsi una manganellata in testa da parte della polizia;
5. Reset nelle relazioni con gli USA: Medvedev ha puntato molto sul reset politico e strategico con gli USA e da ciò ne è scaturito un risultato importante come il nuovo accordo START firmato lo scorso aprile. Molto resta da fare. Putin dice che vorrebbe tanto credere nel reset ma di fronte al riarmo georgiano da parte degli USA e del progetto di scudo antimissile americano da collocare in Europa Orientale nutre qualche dubbio.
Al momento, riteniamo che a tali differenze di vedute non si debba dare un’importanza svincolata dal contesto della normale dialettica tra due cariche istituzionali che si trovano a condividere (sebbene come abbiamo detto le differenze in termini di potere reale sono evidenti) il potere esecutivo.
Certo, potenzialmente, su tali differenze potrebbero sorgere spaccature e tensioni tra i due in grado di destabilizzare il sistema politico russo. Tuttavia, fino ad oggi, non possiamo non prendere atto del fatto che le possibilità che tale evento si verifichi siano quasi inesistenti. Ad oggi, per vari motivi che spaziano dall’amicizia alla consapevolezza di Medvedev di trovarsi in una posizione molto meno salda di quella di Putin, cosa che rende la fruizione dei poteri costituzionali di cui il presidente gode alquanto problematica, passando per una condivisione di valori ed obiettivi, a prevalere è stata un’atmosfera di generale cooperazione in cui però non sono mancati, e del resto bisognerebbe stupirsi del contrario, prese di posizioni differenti e volontà di portare avanti singoli progetti che non incontravano la piena approvazione dell’altro.
Last but not least, non dimentichiamo che uno dei più importanti fattori che fa pendere il piatto della bilancia verso la concordia e la collaborazione all’interno del tandem è il fatto che entrambi condividano l’obiettivo di rendere la Russia un Paese politicamente stabile, economicamente sviluppato e dinamico, più democratico (sebbene seguendo la via russa alla democrazia), attivo e determinante nell’arena internazionale in generale e nello spazio post sovietico in particolare.
Riflessioni conclusive
Dopo aver attentamente vagliato tutta una serie di fattori (sia personali, sia ‘pubblici’) siamo giunti alla conclusione che la caratteristica saliente del tandem Putin-Medvedev sia la prevalenza del primo sul secondo. È dunque corretta la visione di coloro che sostengono, senza esagerarne i contorni, che il presidente Medvedev sia una sorta di junior partner del primo ministro Putin. In un certo senso, questa è la più grande anomalia della politica interna russa: grazie al suo peso politico, Putin, in qualità di premier ha assunto quella centralità che spetterebbe al presidente. Mentre Medvedev, in modo speculare, è rilegato a quel ruolo relativamente secondario che normalmente spetta ai primi ministri russi. Ora, che le personalità e le capacità delle persone possano determinare dei mutamenti degli equilibri politici è cosa risaputa: durante gli anni novanta la statura morale e le qualità del premier Primakov (che fu primo ministro dal settembre 1998 al maggio 1999) misero sotto pressione il decadente Eltsin. Tuttavia, la preminenza che il primo ministro Putin detiene nella politica russa a discapito del presidente è un caso un pò differente rispetto al rapporto Eltsin-Primakov: attualmente non esistono le tensioni che si verificarono allora ed il presidente non accettò supinamente o con qualche distinguo il ‘protagonismo’ e l’autonomia di cui il premier godeva. Anzi, Eltsin diede il ben servito a Primakov nel maggio 1999.
La verità è che il tandem in Russia è un’anomalia che viene tenuta in piedi per coprire il fatto evidente di una disparità tra le due più alte cariche dello Stato a favore del premier che ha determinato un cambiamento dell’ordine costituzionale pur mantenendo inalterato il dettato costituzionale. Come più volte ribadito, il rapporto che dovrebbe intercorrere tra presidente e premier è quello tra due cariche in cui il primo si erge su un piano superiore rispetto al secondo e dove, nel caso di tensioni o differenze di vedute, il secondo rassegna le dimissioni ed il primo resta al suo posto.
Ora, tale anomalia può essere risolta, come sostengono molti a cominciare da certi esponenti del partito Russia Unita, riportando Putin alla presidenza e relegando, forse, Medvedev alla carica di primo ministro. Tale soluzione può funzionare nel breve periodo mentre per il lungo periodo è necessario che si trovino soluzioni razionali e funzionali che rafforzino il sistema politico nel suo insieme e lo rendano meno dipendente dal singolo politico e dalle reti di interessi che lo sostengono.
La scadenza del 2012 è più vicina di quanto si possa immaginare e sempre più spesso il tema delle prossime elezioni presidenziali irrompe sulla scena politica russa. Mentre Putin non ha ancora scoperto le sue carte (o almeno non tutte) ed ha più volte affermato che la scelta di chi sarà il candidato verrà presa di comune accordo con Medvedev, escludendo quindi in modo implicito che possa verificarsi una competizione elettorale tra i due, il presidente ha fatto sapere che se la gente lo sosterrà e se esisteranno le condizioni per poter portare avanti il suo programma potrebbe ricandidarsi per un secondo mandato. Tale eventualità sembra alquanto remota e, salvo colpi di scena, è molto probabile che sarà Vladimir Putin il vincitore delle prossime elezioni presidenziali che si terranno nel 2012. Quando ciò accadrà il tandem sarà archiviato e ricordato come una fase istituzionale passeggera prima del ritorno di Putin alla presidenza. È probabile (ed anche auspicabile viste le sue capacità e senso delle istituzioni) che Medveved possa trovare spazio nella futura compagine governativa in quanto Putin ha veramente bisogno di persone fedeli e con le idee chiare sul futuro della Russia sia a livello domestico che internazionale. Come dicevamo, l’archiviazione del tandem che seguirà al ritorno di Putin metterà sicuramente fine all’anomalia politico-istituzionale di cui abbiamo parlato, ma per fronteggiare le sfide che attendono il Paese servono riforme strutturali del sistema politico, economico e sociale di cui la Russia ha urgente bisogno e che persone come Medvedev possono aiutare a realizzare.
* Alessio Bini, dottore in Relazioni internazionali (Università di Bologna), collabora con “Eurasia”
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