Il Parlamento turco, a grande maggioranza, si accinge a votare (il 9 febbraio si avrà la pronuncia definitiva) l’emendamento costituzionale riguardante l’accesso agli istituti universitari : “Nessuno può essere privato del suo diritto all’istruzione superiore”.
Il fatto riguarda, principalmente, le decine di migliaia di donne musulmane finora escluse dall’Università a causa della loro volontà di non rinunciare al copricapo islamico, di fatto vietato dall’articolo 42 dell’attuale Costituzione: per tale ragione la notizia ha fatto il giro del mondo (occidentale), suscitando diffidenza e perplessità nei mass media, invocazioni alla “concezione laica dello Stato” e alla democrazia, timori per le “interferenze islamiche”.
Una ben strana concezione democratica: in forza della quale norme costituzionali liberticide, emanate nella scia di un sanguinoso colpo di Stato (quello del 1980, sono assunte a esempio di progresso e di laicità – mentre un emendamento tendente a restituire un diritto (perché di questo si tratta ) a chi ne è stato privato è considerato illiberale !
La questione, comunque, è al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica in Turchia, ove, in questi giorni, tutti i giornali se ne occupano con grande risalto. La mobilitazione dei “laici” è stata totale, e una grande manifestazione ad Ankara – nei pressi del mausoleo di Atatürk – ha accompagnato una dichiarazione pubblica di 52 professori e assistenti universitari (primo firmatario il prof. Sevgi Mir) in difesa dello “Stato di diritto laico e sociale” (1). Altre iniziative contro il türban (il velo oggetto degli anatemi) si sono aggiunte negli stessi giorni, tutte provenienti dallo stesso ambiente intellettual – borghese ostile all’Islam e allineato ai centri di potere accademici, giudiziari e militari.
“L’Università ha detto no” (al türban), ha titolato Hürriyet del 2 febbraio, mentre di una “minoranza furiosa in tumulto”, ha parlato, lo stesso giorno, Vakit. Un docente di geologia, il prof. Celal Sengőr, è in effetti arrivato a giudicare l’accesso all’Università con il velo tradizionale come un “cedimento all’irrazionale e alla religione”, e per questo inammissibile !
Di nuovo la falsa disputa sul “laicismo”, questa volta imperniata sul falso problema del türban, in un paese dove circa i 2/3 delle donne lo indossano: di nuovo una campagna di provocazione antiislamica nel consueto quadro delineato dello scontro tra la civiltà buona (quella “laica”) e quella minacciosa e intransigente ispirata a valori religiosi.
Ma la Turchia non sembra stare al gioco e proseguirà – sabato- per la sua strada.
(1) Cumhuriyet, 2 febbraio 2008
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