La proposta – o meglio il piano determinato – del presidente statunitense riguardo a Gaza ha suscitato un po’ dovunque sconcerto e sdegno. Deportazione dell’intera popolazione locale (in Giordania? In Egitto? In Arabia Saudita?) e costituzione di una sorta di riviera turistica sono ipotesi talmente surreali che sembrano formulate per spaventare i Palestinesi e minacciare l’intero mondo islamico per paralizzarlo e porlo sulla difensiva. Presentando una “soluzione” di questo tipo, Trump sembrerebbe quasi ridicolizzare l’intera questione palestinese, tentativo di genocidio incluso, svalutandone l’importanza a paragone di altri fronti di guerra.

Ma la percezione di gran parte della comunità mondiale è ben diversa; nel mondo islamico, pur tra mille incertezze, il dramma palestinese ha ben altro peso specifico. Dalla Turchia giunge ora una proposta che spariglia le carte e mostra come con l’avvento di Trump i rapporti con gli Stati Uniti divengano ancora più difficili: proposta non governativa, ma del geopolitico, ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri Ahmet Davutoğlu, che l’ha formulata nel corso di un incontro pubblico.

In sintesi: indire un referendum nella Striscia per verificare la possibilità di farla diventare – nell’attesa della costituzione di uno Stato palestinese – territorio autonomo della Repubblica di Turchia. Davutoğlu ha sottolineato che Gaza faceva parte dell’Impero ottomano – cui la Turchia si ricollega storicamente – e che tanto il mandato britannico quanto l’occupazione sionista sono da considerarsi illegittimi.

Il geopolitico – oggi segretario di una forza politica di opposizione in Turchia – ha esplicitamente attaccato gli Stati Uniti: “Avete portato gli Israeliani in Palestina 100 anni fa? Riprendeteveli. Portate i sionisti in America”. Ha anche ricordato che permane un diritto dei Palestinesi l’accesso alle risorse naturali (in particolare, gas naturale) presenti nel territorio marittimo di loro competenza: una realtà, questa, che oggi è negata e conculcata dalla prepotenza sionista ed è minimizzata dagli Europei.

Sulla questione di Gaza è intervenuto anche il nipote del grande sultano Abdul Hamid II, deposto dai Giovani Turchi. Abdul Hamid Kayhan si è rivolto al presidente USA rigettando la sua volontà di deportazione: “Trump sostiene che ‘comprerà Gaza’. Ma da chi? Gaza è proprietà di mio nonno, il sultano Habdul Hamid”.

Per quanto limitata ad una provocazione probabilmente priva di seguito, la proposta di Davutoğlu rappresenta nondimeno la prospettiva e la determinazione di una solidarietà concreta al popolo palestinese, attribuendo ad uno Stato “successore dell’Impero” il compito di proteggere i cittadini palestinesi dalle mire di Tel Aviv e di Washington.


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Aldo Braccio ha collaborato con “Eurasia. Rivista di studi geopolitici” fin dal primo numero ed ha pubblicato diversi articoli sul relativo sito informatico. Le sue analisi riguardano prevalentemente la Turchia ed il mondo turcofono, temi sui quali ha tenuto relazioni al Master Mattei presso l'Università di Teramo e altrove. È autore dei saggi "La norma magica" (sui rapporti fra concezione del sacro, diritto e politica nell'antica Roma) e "Turchia ponte d’Eurasia" (sul ritorno del Paese della Mezzaluna sulla scena internazionale). Ha scritto diverse prefazioni ed ha pubblicato numerosi articoli su testate italiane ed estere. Ha preso parte all’VIII Forum italo-turco di Istanbul ed è stato più volte intervistato dalla radiotelevisione iraniana.