La nazionalizzazione da parte dell’Argentina della quota spagnola (Repsol) della compagnia energetica YPF, che diventa così proprietà di Buenos Aires, ci parla direttamente di geopolitica, di Europa e di crisi.
L’azione di un grande Stato come l’Argentina, in crescita e desideroso di spazio economico e geopolitico è non solo comprensibile, ma naturale: quando i rapporti di forza precedenti vengono meno, i nuovi equilibri vanno a modificare una situazione che limita la sovranità di un governo e di un popolo: in questo modo una classe dirigente scrupolosa compie scelte, a volte drastiche, ma che vanno nella direzione di riportare sotto il controllo della propria cittadinanza le attività economiche e le possibilità di crescita che un tempo sarebbero state di altri.
In una situazione di stallo geopolitico, vero o apparente, come quello vissuto per qualche anno dopo il crollo dell’Unione Sovietica, qualcuno si era illuso di cristallizzare tutto, rendendo azioni del genere impossibili, richiamandosi al feticcio del diritto internazionale. In realtà questa “dottrina” non è nient’altro che retorica buona nei momenti meno vitali, in cui chi impone l’equilibrio ha interesse nel dettare regole internazionali per garantirsi lo status quo. Quando lo status quo viene meno, come succede da qualche anno con le economie emergenti che sfidano la superpotenza USA, il diritto internazionale ritorna in soffitta e viene violato proprio da chi lo ha imposto: le regole dell’ONU vengono messe da parte e sono sostituite dagli interventi della NATO; così le concezioni e le strategie geopolitiche tornano apertamente a farla da padrone. E’ quello che sta succedendo nell’America indiolatina, è quello che succede nel campo d’azione statunitense, ma purtroppo è quello che non succede per quanto riguarda l’Europa.
E non si parla dell’espropriazione della multinazionale spagnola Repsol, ma della mancanza di strategia di lungo termine che lascia tutta l’Europa continentale in balia degli eventi.
Come è stato più volte affermato, la crisi economica di cui sentiamo il peso sulle nostre spalle, originata dal mito finanziario e dall’economia senza regole, ha come epicentro specifico gli Stati Uniti ed è particolarmente drammatizzata dal contemporaneo emergere di nuovi spazi geopolitici. Il crescente multipolarismo pone una sfida proprio all’Europa: continuare a non avere una visione geopolitica autonoma e quindi continuare acriticamente ad essere periferia del sistema atlantico, oppure sviluppare una propria strategia sovrana di lungo periodo cercando autonomia e compattezza e dialogando coi grandi spazi geopolitici, in particolare con quelli del condominio eurasiatico.
L’imposizione del sistema geopolitico atlantico – che aveva avuto origine con la fine della seconda guerra mondiale e con lo sbarco degli Usa sul territorio europeo – fu giustificato in funzione anticomunista durante la guerra fredda. Ma oggi tale sistema si rivela apertamente come uno strumento che consente agli USA di scaricare il peso della crisi sulla periferia (l’Europa continentale) e di preservare la loro prerogativa di centro geopolitico. Quando le nazioni emergenti, come è il caso dell’Argentina, reclamano e riconquistano il proprio ruolo e la propria sovranità, in una sistemazione geopolitica del genere a farne le spese sono proprio gli Stati e i popoli europei.
Non è un caso che dagli Stati Uniti di Obama, sempre pronti a difendere la libertà del mercato e quindi i diritti di investimento delle multinazionali, non una parola si è sino ad ora levata in difesa della società spagnola Repsol e dei suoi “diritti”. Quello che gli USA tutelano è il proprio interesse, per cui il mercato di una potenza emergente come l’Argentina risulta più interessante che non le possibilità connesse all’Europa, la quale rimane periferia, giardino di casa e base del sistema militare NATO.
E’ per questo che anche in Europa sarebbe necessario rendersi conto che l’analisi geopolitica dovrebbe prendere il posto della vuota retorica del diritto internazionale – ormai in crisi così come le varie organizzazioni internazionali – e rendersi conto che nessuna coalizione atlantica difende gl’interessi europei. Non esiste più la scusa della minaccia sovietica e Stati come Iran, Russia (per fare due esempi di Paesi criminalizzati gratuitamente e a noi vicini) rappresentano enormi possibilità di crescita politica ed economica per l’Europa, oggi bloccata da vuoti burocratismi e da argomenti retorici legati al passato.
*Matteo Pistilli è redattore di “Eurasia, rivista di studi geopolitici”.
Questo articolo è coperto da ©Copyright, per cui ne è vietata la riproduzione parziale o integrale. Per maggiori informazioni sull'informativa in relazione al diritto d'autore del sito visita Questa pagina.