Eurasia – La visita da Lei effettuata il 6 marzo all’Ambasciata del Venezuela per rendere omaggio al Presidente Chavez deve essere interpretata come un gesto di cortesia diplomatica o come un atto ispirato da solidarietà politica nei confronti del “socialismo del XXI secolo”?
On. Craxi – Hugo Chavez è stato un protagonista indiscutibile della storia recente del Sud America, i sentimenti da cui ero mosso per il mio omaggio nascono innanzitutto dalla vicinanza stretta che lega l’Italia al popolo venezuelano e dalla sincera ammirazione per la determinazione con la quale Egli ha cercato di riequilibrare le diseguaglianze sociali del suo popolo non facendosi condizionare dal peso e dalla forza del vicino Americano. Naturalmente luci ed ombre gravano su questa esperienza a cavallo fra il castrismo e l’epopea bolivariana in chiave moderna, nulla di più distante dal modello socialdemocratico a cui io mi ispiro e tuttavia non per questo non meritevole di attenzione e di rispetto politico.
Eurasia – Nel numero 3/2010 di “Eurasia” abbiamo rievocato la battaglia del PSI contro l’adesione al Patto Atlantico, ripubblicando fra l’altro il testo della dichiarazione di voto di Pietro Nenni del 18 marzo 1949, ma ricordando anche che dieci anni più tardi Arthur Schlesinger rassicurò la Casa Bianca circa l’accettazione de facto della NATO da parte dello stesso Nenni. Trascorso un quarto di secolo dal crollo di quell’assetto bipolare che aveva fornito agli Stati Uniti la giustificazione ufficiale per mantenere l’occupazione militare dell’Europa occidentale, a quale delle due distinte posizioni assunte dal capo socialista ritiene che l’attuale Partito Socialista debba ricollegarsi?
On. Craxi – È passato più di mezzo secolo dalle vicende politiche che si svolsero a ridosso del dopoguerra e quelle posizioni socialiste furono superate a suo tempo, giustamente, dallo stesso Nenni. E’ chiaro ed evidente che l’Alleanza Atlantica col passare degli anni ha smarrito la sua ragione difensiva e si è via via andata trasformando progressivamente anche “associando” nuovi paesi e nuove realtà politiche e militari. In assenza di un equilibrio nuovo è evidente che ci si trova di fronte ad un’eredità del passato che non ha fatto ancora i conti con una situazione radicalmente in via di trasformazione. Penso che la prospettiva di una difesa Europea potrebbe superarne la ragione d’essere, fermo restando un rapporto di collegamento con la potenza atlantica. Il sistema, lo ripeto, dovrebbe agire solo in chiave difensiva, scongiurando eventuali attacchi esterni; negli anni novanta, rilevo, si è assunta altre funzioni probabilmente contravvenendo ai principi fondativi.
Eurasia – Dati il Suo particolare rapporto con la Tunisia e la Sua funzione nell’ambito dell’associazione “Amici della Tunisia”, Lei potrebbe sicuramente fornire un’interpretazione fondata degli avvenimenti che hanno scosso il Paese nordafricano. Qual è la Sua opinione circa il fenomeno delle cosiddette “primavere arabe”? Dobbiamo davvero credere che esso abbia avuto esclusivamente origine da fattori endogeni?
On. Craxi – Che vi sia stata nella vicina Tunisia una sommossa di popolo scaturita dalle gravi condizioni sociali, che non sono ancora sopite, che hanno colpito la parte del paese più derelitta è un fatto reale. È altresì comprovato che nella crisi temporanea del regime Ben Ali si è introdotta un’accelerazione così rapida che non è affatto scontato attribuirla alla mera spontaneità. Elementi di implosione interna, dettati dall’inevitabile logorio di un’autocrazia che durava da oltre un ventennio, sono stati certamente accompagnati da potenze esterne interessate al “regime change”. Si è spesso equivocato sul significato di Primavera Araba così come su quella della cosiddetta Rivoluzione dei gelsomini. Alle speranze di progresso democratico e di libertà civili presto si sono sostituiti i presagi cupi di altre involuzioni autoritarie sotto il segno del fanatismo religioso, accompagnati da un furore giustizialista iconoclasta che ha reso ingovernabile il paese per oltre due anni ed ha fatto conoscere alla vicina ed amica Tunisia il periodo forse più drammatico dall’indipendenza sino ad oggi. Ci sono tuttavia nel paese risorse umane, intelligenze e spiriti forti che possono spingere il paese verso una prospettiva di reale libertà politica e religiosa costruendo un modello di convivenza civile e di progresso economico per buona parte del mondo arabo. Non bisogna smarrire la speranza, un’evoluzione positiva è importante anche per noi.
Eurasia – Quali saranno, nella legislatura parlamentare che si apre adesso, le linee di politica estera del PSI davanti alla prospettiva di un mondo in cui emergono potenze statali che rivendicano una loro funzione sullo scenario mondiale?
On. Craxi – È evidente che ci troviamo dinnanzi ad uno scenario internazionale profondamente in trasformazione, segnato dalla crisi recessiva che spinge molte nazioni a reclinarsi su se stesse. Del modello globale è necessario cogliere soltanto le opportunità positive rigettando e respingendo il falso mito del nuovo ordine politico mondiale e l’idea di un pensiero economico unico che oggi ha messo in ginocchio l’Europa ed ha allargato vieppiù le differenze fra Nord e Sud del mondo.
L’Italia ha il dovere di promuovere più Europa e nell’Europa essere alla testa delle medio-potenze che dialogano e si intersecano con il Mediterraneo e l’Africa.
Non mancano e non mancheranno i dossier sui quali l’azione parlamentare potrà essere di stimolo, di proposta, di controllo sull’attività del governo, qualora si formi, che mi auguro sia meno anchilosato dell’ultima esperienza del governo tecnico.
Eurasia – Quali sono, a Suo giudizio, le forze politiche italiane più svincolate dalla politica di allineamento atlantico e quindi le più propense a seguire una linea d’azione adeguata al mondo multipolare che si va configurando ?
On. Craxi – Non ragionerei esclusivamente in termini di posizionamento ostile alla Nato, ma piuttosto del superamento delle forme tradizionali legate al precedente blocco di divisione mondiale. Nuovi protagonismi in questo senso ancora non sembrano affiorare se non su scala regionale. Gli Usa sembrano determinati a mantenere la propria funzione di leadership mondiale e, nei propositi di Obama, rovesciando l’impostazione della precedente amministrazione. Le forze politiche attuali, quelle uscite dalle ultime elezioni, mi appaiono assai deboli e distratte sul terreno dell’iniziativa internazionale. Questo ha reso possibile l’evidente sostegno di ampi settori della finanza internazionale ad esponenti e movimenti politici che apparivano destinati alla vittoria od alla affermazione elettorale. Forze politiche svincolate, come dice lei, ne vedo proprio poche. Anzi, non ne vedo affatto.
Eurasia – Non ritiene che la proposta di un approccio multipolare nelle nostre relazioni internazionali possa rappresentare una scelta vantaggiosa per l’Italia anche sotto il profilo economico? Pensiamo soprattutto alle grandi economie emergenti dei cosiddetti Paesi del BRICS, che offrono buone possibilità sia per le esportazioni sia per gli investimenti delle nostre imprese, strangolate dalla crisi economica dell’eurozona.
On. Craxi – Non c’è dubbio che esistano opportunità di rilievo per la nostra economia; i fattori che frenano questo aumento delle nostre capacità sono sicuramente da trovare nella farraginosità dei vincoli che regolano il mondo del lavoro e della scarsa propensione delle nostre imprese all’internazionalizzazione ed all’innovazione. Un sistema sovente protetto che ora si è trovato di fronte una competizione globale verso la quale è assai difficile fare fronte. Nonostante questo resta in campo tutta la forza evocativa del cosiddetto Made in Italy, la nostra superiorità culturale in molti campi, la nostra creatività e genialità che sovente sopperisce alle nostre arretratezze.
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