Editoriali e saggi si concentrano questa settimana su tre interrogativi.

Il primo è di carattere militare, ovvero quale sia, in uno scenario di scontro militare, la capacità d’urto della NATO. La risposta non è molto incoraggiante date le forti tensioni fra i membri dell’Alleanza Atlantica. Da una parte quelli storici che prediligono mantenere rapporti economici stretti con la Russia (a cominciare dalla Germania); dall’altra, i partner orientali e baltici che non si sentono affatto rassicurati dalla NATO e dal suo modo, per troppi anni, soft, di rapportarsi alla Russia. Solo dopo i fatti occorsi in Georgia, i vertici militari atlantici hanno cominciato ad allertare quelli politici sulla necessità di rimpolpare il budget destinato alla difesa. La situazione però non sembra aver raggiunto ancora alcun punto di equilibrio, stante la riluttanza di molti governi ad impegnare una spesa superiore al 2% dell’intero budget.

Il secondo quesito attiene agli scenari territoriali possibili a prodursi in Ucraina. Nel primo, l’Est dell’Ucraina viene annesso alla Federazione Russa o, salvando in parte le apparenze, vengono a determinarsi regioni con una larghissima autonomia in grado di sviluppare autonomi rapporti con Mosca. A parte la Crimea (col 58%), le minoranze filorusse si concentrano massimamente nelle città e rappresentano un’aliquota fra il 22% ed il 38% della popolazione: da un punto di vista demografico, la maggioranza della popolazione è concentrata nelle campagne dove, al contrario, è forte il sentimento ucraino di appartenenza. La strategia intelligente della Russia è stata quella di aprire non solo a coloro che fossero russi di origine ma anche ai russofoni così da ampliare l’interesse russo fino ai confini di Moldavia e Romania. Il problema però è che i russi si basano su una rappresentazione geografica dell ’ Ucraina risalente al 2001, quando la russificazione continuava a dispiegare gli effetti dei decenni precedenti, mentre oggi però non è più così.
Il secondo scenario prevede la stessa frammentazione completa del paese (con la repubblica di Donetsk nell’Est; la Crimea, una Nuova Repubblica Russa nel Sud (Odessa, Mykolayiv, Kherson, e la metà occidentale di Dnipropetrovsk; la repubblica di Dnipropetrovsk-Slobdzhansk Republic nel Centro Nord con Kharkiv, Poltava, Chernihiv, Sumy, e le parti occidentali di Dnipropetrovsk, Cherkasy, e distretti kievani) ma con Kiev destinata a diventare la Berlino del XXI secolo divisa fra una parte russa ed una ucraina.

Il terzo scenario è la ricostituzione di una Nuova Russia risalente all’epoca di Caterina la Grande. La domanda è se Putin voglia veramente spingersi nei fatti, oltreché nelle parole, verso tale direzione.
Qui si entra nel terzo interrogativo, ovvero se Putin lanci questa idea di Novorossiya come provocazione o vero disegno geostrategico. Nel primo caso, saremmo di fronte ad un frammento di una complessa trattativa diplomatica che consenta – anche tenuto conto delle imminenti scadenze elettorali europee – di verificare quale rappresentanza politica potrà emergere a Bruxelles e a Kiev. Nel secondo caso, ovviamente, lo scenario, per quanto sopra illustrato per la parte militare, sarebbe ben più preoccupante
Al momento in cui stiamo scrivendo la rubrica, la tensione fra Kiev e Mosca sta salendo oltre i normali livelli di guardia. Il tentativo del governo ucraino di riprendere militarmente il controllo di Slovyansk e, in generale, dell’area orientale del paese, sta provocando le reazioni russe al confine con ammassamenti di truppe a cui fanno da controcanto dichiarazioni infuocate da parte di Putin e Lavrov

http://www.foreignaffairs.com/articles/141311/alina-polyakova/ukrainian-long-division

http://www.cfr.org/ukraine/ukraine-long-road-rupture/p32814?cid=rss-analysisbriefbackgroundersexp-is_ukraine_on_a_long_road_to_r-042214


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