Le notizie provenienti dalla Siria sono tragiche, ma molti commenti occidentali sono improntati alla soddisfazione, il che non stupisce. La caduta del “dittatore” non insegna nulla a chi è stato testimone del disastro occorso in Libia, oppure in Iraq, e magari in Somalia. L’abile al-Jolani, sulla cui testa pende ancora – a quanto sembra – una taglia di dieci milioni di dollari, guida una formazione – Hayat Tahrir al-Sham (“Organizzazione per la Liberazione del Levante”) – ufficialmente riconosciuta come organizzazione terroristica da Stati Uniti, Regno Unito, Unione Europea e altri. Ed è stata HTS, multinazionale della guerriglia e del terrore, erede di al-Nusra e di al-Qaida, a guidare i “ribelli” fino a Damasco, con un attacco che ha stupito il mondo per la sua formidabile irruenza. Ma chi c’è dietro HTS, e dietro gli altri miliziani armati?
Nelle analisi un nome sembra prevalere sugli altri: la Turchia. Ma i rapporti di Ankara con l’“opposizione siriana armata” riguardano il cosiddetto Esercito Nazionale Siriano (già Esercito Siriano Libero), gradatamente spostatosi in funzione anticurda, contro cioè i terroristi dell’YPG, branca siriana del PKK che da sempre insidia la Turchia.
Naturalmente questo non esclude quanto è invece verosimile, vale a dire che l’Esercito Nazionale Siriano – considerato il tracollo del regime di Assad – si metta ora al seguito dei rivali di Hayat Tahrir al-Sham, cercando di trarre beneficio dalla situazione.
Come però ribadito dai politici e dai militari turchi, non è la Turchia che ha progettato ed eseguito il piano iniziato il 27 novembre, piano che ha stupefatto tutti per la celerità della realizzazione. Ankara non ha niente da guadagnare dal caos generalizzato che divamperà ora in Siria, con i guerriglieri tagliagole che già hanno preso il controllo di Kasab e del valico frontaliero con la Turchia. Del resto, i Turchi non potevano aver dimenticato la lezione del 2011 e degli anni seguenti: il disastro di una guerra non voluta dall’opinione pubblica e l’enorme problema dei profughi non potevano che sconsigliare nuove avventure.
Chi invece è stato il primo attore della vicenda è Israele, che soprattutto dopo il 7 ottobre 2023 ha lavorato ai fianchi sistematicamente e quotidianamente la Siria con bombardamenti, minacce e aggressioni. Ora, caduta inopinatamente Damasco, l’esercito di Tel Aviv ha immediatamente rafforzato le sue posizioni sul Golan, occupando la zona cuscinetto e portandosi sulla linea Alpha, al confine con la Siria. Ma quel che più conta, Israele ha inferto un gran colpo all’intero Asse della Resistenza, eliminando il nemico siriano dopo avere indebolito Hezbollah e l’Iran, impossibilitati a intervenire tempestivamente in difesa di Damasco. Molto poco ha potuto fare anche la Russia, i cui sforzi di mediazione fra Siria e Turchia per una soluzione politica condivisa sono risultati piuttosto deludenti, e comunque tardivi. Ora anche Latakia e Tartus sono in procinto di essere perse, e non è poco.
Il vincitore – sottolinea il sempre bene informato “Shalom” – è Israele: “La caduta di Assad è una vittoria di Israele”. “È stato lo smantellamento di Hezbollah e la distruzione delle difese aeree dell’Iran che hanno permesso ai ribelli di prendere l’iniziativa e di vincere”.
“Shalom” suggerisce la pista turca nelle responsabilità dell’impresa (si tratta pur sempre di avere alleati qaedisti … poco raccomandabili): “La vittoria dei ribelli siriani è stata infatti sostenuta logisticamente e politicamente dalla Turchia, che ha ambizioni imperiali neoottomane sull’Asia centrale, sul Mediterraneo e sul Medio Oriente, con toni sempre più aggressivi nei confronti di Israele”. I Turchi imperialisti e antisemiti, insomma, ecco chi ha avuto l’idea. D’altra parte, se sono vere le dichiarazioni riportate di capi dell’Esercito Nazionale Siriano, unici obiettivi dell’azione sarebbero stati Assad e l’Iran, e la nuova Siria andrà verso una pace totale con Israele …
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