Fonte: “Conflitti e strategie”
Il quotidiano dei forcaioli par excellence, Il Fatto di Travaglio & C., pur di andare in ogni caso ed a prescindere, come avrebbe detto Totò, contro Berlusconi ed il suo governo, contraddice le posizioni precedentemente assunte sul settore energetico nazionale (così come esplicitate in numerosi articoli apparsi sulle sue colonne negli ultimi mesi) e ci svela, seppur involontariamente, retroscena interessanti dell’affaire “Spezzatino Eni”.
In un pezzo di qualche giorno fa viene ripresa la notizia dell’attacco del Fondo d’investimento, con sede negli Usa, Knight Vinke contro il “Cane a sei zampe”.
La notizia non è nuova per chi legge questo blog ma viene connotata di ulteriori fatti che ci erano sfuggiti, attinenti ad un probabile turn over tra sottosegretari al Ministero dello Sviluppo Economico.
Al centro del totonomine c’è la signora Daniela Santanchè, leader del Movimento per l’Italia, che potrebbe essere presto insediata da Berlusconi al posto di Stefano Saglia, attuale sottosegretario nel citato Ministero. Quest’ultimo si è sempre dimostrato recalcitrante, se non fermamente contrario, all’ipotesi dello scorporo dell’azienda di San Donato, mettendosi volentieri al fianco del suo “capo” dicastero Scajola e di Scaroni tutte le volte che si è trattato di respingere le pretese di chi, dalle autorità garanti del mercato e della concorrenza ai soggetti privati finanziari, avrebbe voluto accelerare lo smembramento ENI per fantomatiche ragioni di valorizzazione della rete del gas in borsa.
Se, dapprincipio, era parso che Saglia fosse senza alternative, il sollevarsi delle polemiche sul giornale Il Secolo d’Italia ha fatto retrocedere il governo da questo defenestramento, piuttosto precoce e sospetto nei tempi di invocazione.
La soluzione di compromesso è invece arrivata sulla scia dei dubbi sollevati dal quotidiano di An. Il sottosegretario dovrebbe restare al suo posto ma in coabitazione con “lady destra chic” Daniela Santanchè, alla quale verrebbe creato un posto ad hoc nella stessa struttura ministeriale.
Insomma, un bilanciamento di visioni teso a neutralizzare i duri che vorrebbero mantenere la struttura proprietaria dell’Eni così com’è a fronte di “modernisti” pretestuosamente sensibili alle istanze dell’azionariato. Tra questi vi è appunto la Santanchè la quale, almeno da quanto sostiene Il Fatto, farebbe parte della parrocchia degli “scissionisti”.
Su quanto potrebbe presto accadere all’ENI, se dovesse passare il teorema Vinke, circa la indispensabilità della cessione di Snam per valorizzare alcune sue divisioni in borsa e portare più vantaggi agli azionisti, ce lo dice, senza mezzi termini, Marcello Colitti, ex dirigente Eni. Costui ha affermato che in conseguenza di queste decisioni scriteriate il titolo del Cane a sei Zampe potrebbe precipitare a valori vicino allo zero (altro che benefici per i piccoli investitori!) ma, aspetto ancor più grave, l’Eni perderebbe tanto in capacità di aggressione dei mercati che in forza contrattuale in un settore strategico dove sono coinvolte molte imprese di stato. Il solito inverecondo autolesionismo italiano, se c’è qualcosa che funziona bisogna intervenire per danneggiarla.
La preoccupazione maggiore viene, tuttavia, dai recenti tentennamenti di Scaroni, molto più possibilista che in passato nel rivedere gli assetti dell’impresa da lui guidata.
Il manager vicentino ha affermato che non è un “dogma” quello di tenere “all’interno di un perimetro più stretto dell’Eni” la Snam Rete Gas e che quindi quest’ultima può anche andare incontro ad altra sorte. Sarà, ma la sorte può essere tanto buona che cattiva, quindi sarebbe meglio tenerci le attuali certezze che hanno portato l’ENI tra i leaders mondiali del mercato energetico.
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