Egregio signor Segretario generale,
Illustri colleghi,
Il fatto che la nostra seduta si svolga nella Giornata internazionale del multilateralismo e della diplomazia per la pace, introdotta nel calendario delle ricorrenze da una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 12 dicembre 2018 ha un valore simbolico.
Tra due settimane celebreremo il 78° anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale. La disfatta della Germania nazista, alla quale il mio Paese, con il sostegno degli Alleati, ha dato un contributo decisivo, ha posto le fondamenta dell’ordine internazionale postbellico. La sua base giuridica è stata la Carta delle Nazioni Unite e la nostra organizzazione, che incarna il vero multilateralismo, ha acquisito un ruolo centrale e di coordinamento nella politica mondiale.
Per quasi 80 anni della sua esistenza, l’ONU ha svolto la missione cruciale affidatale dai suoi padri fondatori. Per decenni, l’intesa di base dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sul primato degli scopi e dei principi della Carta ha garantito la sicurezza globale. E così facendo, ha creato le condizioni per una cooperazione realmente multilaterale, regolata dalle norme universalmente riconosciute deldiritto internazionale.
Ora il sistema “ONU-centrico” attraversa una crisiprofonda. La causa principale è l’ambizione di singoli membri della nostra organizzazione di sostituire il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite con una sorta di “ordine basato sulle regole”. Queste “regole” nessuno le ha mai viste, non sono state oggetto di negoziati internazionali trasparenti. Vengono inventate e applicate per contrastare i processi naturali di formazione di nuovi centri di sviluppo indipendenti, che sono la manifestazione oggettiva del multilateralismo. Si cerca di contenerli con misure unilaterali illegittime, tra cui il divieto di accedere alle moderne tecnologie e ai servizi finanziari, l’allontanamento dalle catene di approvvigionamento, la confisca delle proprietà, la distruzione di infrastrutture critiche dei concorrenti, la manipolazione di norme e procedure universalmente concordate. Di conseguenza abbiamo la frammentazione del commercio globale, il collasso dei meccanismi di mercato, la paralisi del WTO e la trasformazione definitiva e ormai smascherata del FMI in uno strumento per raggiungere gli scopi degli Stati Uniti e dei loro alleati, compresi gli obiettivi di natura militare.
Nel disperato tentativo di affermare la propria supremazia punendo i disobbedienti, gli Stati Uniti hanno deciso di distruggere la globalizzazione, che per anni è stata esaltata come il bene supremo di tutta l’umanità, al servizio del sistema multilaterale dell’economia mondiale. Washington e il resto dell’Occidente, ad essa sottomesso, attivano le loro “regole” ogni volta che hanno bisogno di giustificare passi illegittimi contro coloro che allineano le loro politiche al diritto internazionale e si rifiutano di assecondare gli interessi egoistici del “miliardo d’oro”. I dissidenti vengono messi sulla lista nera in base al principio che “chi non è con noi è contro di noi”.
Per i colleghi occidentali è da tempo diventato “scomodo” trovare un accordo in formati universali come l’ONU. Il tema delle “democrazie” che si uniscono contro le “autocrazie” è stato introdotto come giustificazione ideologica per minare il multilateralismo. Oltre ai “vertici per la democrazia”, i cui partecipanti sono determinati da un autoproclamato egemone, vengono creati altri “club degli eletti” che operano aggirando le Nazioni Unite.
“Vertici per la democrazia”, “Alleanza per il multilateralismo”, “Partenariato globale sull’intelligenza artificiale”, “Coalizione globale per la libertà dei media”, “Appello di Parigi per la fiducia e la sicurezza nel cyberspazio”: tutti questi e altri progetti non inclusivi sono concepiti per minare i negoziati su temi rilevanti sotto l’egida dell’ONU, per imporre concetti e soluzioni non consensuali a vantaggio dell’Occidente. Prima si accordano su qualcosa in privato, in una cerchia ristretta, e poi presentano questi accordi come “posizione della comunità internazionale”. Chiamiamo le cose con il loro nome: nessuno ha permesso alla minoranza occidentale di parlare a nome di tutta l’umanità. Dovremmo comportarci con decenza e rispettare tutti i membri della comunità internazionale.
Nell’imporre un “ordine basato sulle regole”, i suoi autori negano con arroganza il principio chiave della Carta delle Nazioni Unite: l’uguaglianza sovrana degli Stati. La quintessenza del “complesso di esclusività” è stata la dichiarazione “orgogliosa” di J.Borrell, capo della diplomazia dell’UE, secondo cui “l’Europa è ilgiardino dell’Eden e il resto del mondo è una giungla”. Permettetemi di citare anche la dichiarazione congiunta NATO-UE del 10 gennaio di quest’anno, che recita: “L’Occidente unito” utilizzerà tutti gli strumenti economici, finanziari, politici e”, sottolineo, “militari a disposizione della NATO e della UE per garantire gli interessi del “nostro miliardo”.
“L’Occidente collettivo” si è anche proposto di rimodellare a “proprio comodo” il multilateralismo a livello regionale. Non molto tempo fa, gli Stati Uniti hanno invocato una ripresa della “Dottrina Monroe” e hanno chiesto ai Paesi latinoamericani di limitare i legami con la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese. Questa politica, tuttavia, si è scontrata con la determinazione dei Paesi della regione a rafforzare le proprie strutture multilaterali, soprattutto la Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC), difendendo il loro legittimo diritto di affermarsi come uno dei pilastri di un mondo multipolare. La Russia sostiene pienamente tali giuste aspirazioni.
Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno ora dedicando notevoli sforzi per minare il multilateralismo nella regione dell’Asia-Pacifico, dove un affermato sistema aperto di cooperazione economica e di sicurezza si è sviluppato per decenni intorno all’ASEAN. Questo sistema ha prodotto approcci consensuali che soddisfano i “Dieci” dell’ASEAN e i suoi partner di dialogo, tra cui Russia, RPC, Stati Uniti, India, Giappone, Australia e Repubblica di Corea, garantendo un vero multilateralismo inclusivo. Con le Strategie Indo-Pacifiche, Washington ha deciso di smantellare questa architettura consolidata.
Al vertice di Madrid dello scorso anno, la NATO, che aveva sempre convinto tutti del suo “spirito pacifico” e della natura esclusivamente difensiva dei suoi programmi militari, ha dichiarato la sua “responsabilità globale”, l’“indivisibilità della sicurezza” nella regione euro-atlantica e nella cosiddetta regione indo-pacifica. In altre parole, la “linea di difesa” della NATO (in quanto Alleanza difensiva) si sta spostando verso le coste occidentali del Pacifico. Questa politica dei blocchi che minano il multilateralismo incentrato su ASEAN emerge palesemente nella creazione dell’alleanza militare AUKUS, in cui vengono spinti Tokyo, Seul e alcuni Paesi dell’ASEAN. Sotto l’egida degli Stati Uniti si stanno creando meccanismi per interferire nelle questioni dellasicurezza marittima al fine di garantire gli interessi unilaterali dell’Occidente nelle acque del Mar Cinese Meridionale. Ieri J.Borrell, che ho già citato prima, ha promesso di inviare forze navali dell’Unione Europea in questa regione. Non si può nascondere che le “strategie indo-pacifiche” sono concepite per contenere la Cina e isolare la Russia. È così che i colleghi occidentali intendono il “multilateralismo efficace” nella regione Asia-Pacifico.
Dopo lo scioglimento dell’Organizzazione del Patto di Varsavia e l’uscita dell’Unione Sovietica dalla scena politica, si è cominciato a sperare nell’attuazione di un autentico multilateralismo senza linee di demarcazione nell’area euro-atlantica. Ma invece di liberare il potenziale dell’OSCE su una base collettiva paritaria, i Paesi occidentali non solo hanno mantenuto la NATO, ma, contrariamente alle promesse fatte, si sono imbarcati in un’impudente acquisizione dello spazio adiacente, comprese le aree in cui sono sempre esistiti e continueranno ad esistere vitali interessi russi. Come riferì l’allora Segretario di Stato americano J.Baker al Presidente Bush senior: “La principale minaccia alla NATO è l’OSCE”. Aggiungerei che oggi anche l’ONU e i requisiti della sua Carta rappresentano una minaccia per le ambizioni globali di Washington.
La Russia ha pazientemente cercato di raggiungere accordi multilaterali reciprocamente vantaggiosi basati sul principio dell’indivisibilità della sicurezza, solennemente proclamato ai massimi livelli nei documenti dei vertici dell’OSCE del 1999 e del 2010, nei quali si afferma in modo chiaro e inequivocabile che nessuno deve rafforzare la propria sicurezza a scapito di quella degli altri e che a nessuno Stato, gruppo di Stati o organizzazione può essere attribuita la responsabilità primaria del mantenimento della pace nell’area dell’OSCE o considerare qualsiasi parte dell’area dell’OSCE come propria sfera di influenza.
La NATO ha ignorato gli impegni assunti dai presidenti e dai primi ministri dei suoi Stati membri e ha agito esattamente al contrario, proclamando il suo “diritto” a commettere qualsiasi abuso. Un esempio lampante è il bombardamento illegale della Jugoslavia nel 1999, con l’uso di munizioni all’uranio impoverito, che ha poi causato un’impennata dei tumori sia tra i cittadini serbi che tra le truppe della NATO. J.Biden all’epoca era senatore e non senza orgoglio dichiarò davanti alle telecamere di aver personalmente chiesto il bombardamento di Belgrado e la distruzione di tutti i ponti sul fiume Drina. Ora l’ambasciatore statunitense a Belgrado, K.Hill, invita i serbi attraverso i media a “voltare pagina” e a “smettere di offendersi”. Per quanto riguarda “smettere di offendersi” gli Stati Uniti hanno accumulato una ricca esperienza. Il Giappone da tempo tace timidamente su chi ha bombardato Hiroshima e Nagasaki. Non una parola al riguardo nei libri di testo scolastici. Recentemente, alla riunione del G-7, il Segretario di Stato americano Blinken si è mostrato accorato e afflitto per le sofferenze delle vittime di quei bombardamenti, ma non è riuscito a menzionare chi li ha organizzati. Queste sono le “regole”. E nessuno osa contraddirle..
Dopo la seconda guerra mondiale, ci sono state decine di avventure militari criminali da parte di Washington, senza alcun tentativo di ottenere una legittimazione multilaterale. Perché farlo, visto che esistono “regole” che nessuno conosce?
La vergognosa invasione dell’Iraq da parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti nel 2003 è stata condotta in violazione della Carta delle Nazioni Unite, così come l’aggressione alla Libia nel 2011. Il risultato è stato la distruzione dello Stato, centinaia di migliaia di morti e il dilagare del terrorismo.
L’interferenza degli Stati Uniti negli affari degli Stati post-sovietici è stata una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite. Sono statiorganizzati le “rivoluzioni colorate” in Georgia e Kirghizistan e nel febbraio 2014 il sanguinoso colpo di Stato a Kiev. Della stessa serie i tentativi di prendere il potere con la forza in Bielorussia nel 2020.
Gli anglosassoni, che guidano con sicurezza l’intero Occidente, non solo giustificano tutte queste avventure criminali, ma si vantano anche della loro politica di “promozione della democrazia”. Ma sempre secondo le loro “regole”: Kosovo – riconoscere l’indipendenza senza alcun referendum; Crimea – non riconoscerla (anche se c’è stato un referendum); le Falkland/Malvinas – non toccarle, lì c’è stato un referendum (come ha detto recentemente il ministro degli Esteri britannico J.Cleverley). Ridicolo.
Per respingere il sistema dei due pesi e due misure, chiediamo a tutti di ispirarsi agli accordi consensuali definiti nell’ambito della tuttora vigente Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1970 sui principi del diritto internazionale. Essa proclama chiaramente la necessità di rispettare la sovranità e l’integrità territoriale di quegli Stati che “osservano il principio dell’uguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli e hanno governi che rappresentano tutte le persone che vivono in un dato territorio”. È evidente a qualsiasi osservatore imparziale che il regime nazista di Kiev non può in alcun modo essere considerato rappresentativo degli abitanti dei territori che si sono rifiutati di accettare i risultati del sanguinoso colpo di Stato del febbraio 2014 e contro i quali i golpisti hanno mosso guerra. Così come Pristina non può pretendere di rappresentare gli interessi dei serbi del Kosovo, ai quali la UE aveva promesso l’autonomia – così come Berlino e Parigi avevano promesso uno status speciale al Donbass. Il risultato di queste promesse è ben noto.
Il nostro Segretario Generale, A.Guterres, nel suo discorso al “Secondo Vertice per la Democrazia”del 29 marzo di quest’anno, lo ha detto in maniera superba: “La democrazia deriva dalla Carta delle Nazioni Unite. Le sue prime parole – Noi Popoli – riflettono la fonte fondamentale del potere legittimo: il consenso di coloro che sono governati”. Il consenso. Permettetemi di sottolinearlo ancora una volta.
Per fermare la guerra scatenata dal colpo di Stato nell’Ucraina orientale, sono stati compiuti sforzi multilaterali per una soluzione pacifica, incarnati da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che ha approvato all’unanimità gli accordi di Minsk. Questi accordi sono stati calpestati da Kiev e dai suoi padroni occidentali, che di recente hanno ammesso, cinicamente e persino con orgoglio, di non aver mai avuto intenzione di applicarli, ma di voler solo guadagnare tempo per rifornire l’Ucraina di armi contro la Russia. In questo modo è stata pubblicamente proclamata una violazione dell’obbligo multilaterale di tutti i membri dell’ONU, sancito dalla sua Carta, che impone a tutti i Paesi di rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.
Le nostre azioni coerenti per evitare lo scontro, compresa la proposta del Presidente russo Vladimir Putin del dicembre 2021 di concordare garanzie multilaterali di sicurezza reciproca, sono state respinte con arroganza. Nessuno, ci è stato detto, può impedire alla NATO di accogliere l’Ucraina nel suo “abbraccio”.
In tutti gli anni trascorsi dal colpo di Stato, nonostante le nostre insistenti richieste, nessuno dei padroni occidentali del regime di Kiev ha rimesso al suo posto Poroshenko, Zelensky o la Verkhovna Rada dell’Ucraina quando per via legislativa venivano costantemente demolite lingua, istruzione, mass media e in generale le tradizioni culturali e religiose russe – in diretta violazione della Costituzione ucraina e delle convenzioni universali sui diritti delle minoranze nazionali. Allo stesso tempo, il regime di Kiev stava introducendo la teoria e la pratica del nazismo nella legge e nella vita quotidiana. Non ha esitato a organizzare nel centro di Kiev e in altre città spettacolari fiaccolate sotto gli stendardi delle divisioni SS. L’Occidente taceva e si “sfregava le mani”. Ciò che stava accadendo era pienamente in linea con i piani degli Stati Uniti di utilizzare il regime palesemente razzista che avevano alimentato nella speranza di indebolire completamente la Russia, in linea con la loro politica strategica di eliminare i rivali e minare qualsiasi scenario che preveda l’affermazione di un equo multilateralismo negli affari mondiali.
È ormai chiaro a tutti, anche se non tutti ne parlano ad alta voce: non si tratta affatto dell’Ucraina, ma di come si svilupperanno ulteriormente le relazioni internazionali: se attraverso la formazione di un consenso sostenibile basato su un equilibrio di interessi o attraverso una promozione aggressiva ed esplosiva dell’egemonia. La “questione ucraina”non può essere considerata separatamente dal contesto geopolitico. Il multilateralismo presuppone il rispetto della Carta delle Nazioni Unite in tutti i suoi principi interconnessi, come già detto. La Russia ha spiegato chiaramente gli obiettivi della sua operazione militare speciale: eliminare le minacce alla nostra sicurezza poste per anni dalla NATO direttamente sui nostri confini e proteggere le persone private dei loro diritti previsti dalle convenzioni multilaterali, proteggerle dalle minacce dirette di sterminio e di espulsione dai territori dove i loro antenati hanno vissuto per secoli come pubblicamente dichiaratodal regime di Kiev. Abbiamo affermatoonestamente che cosa e chi stiamo combattendo.
Visto l’isterismo suscitato da Stati Uniti e Unione Europea, vorrei in contrapposizione chiedere: cosa ci facevano Washington e la NATO in Jugoslavia, Iraq, Libia? C’erano minacce alla loro sicurezza, cultura, religione e lingua? Quali norme multilaterali li hanno guidati nel dichiarare l’indipendenza del Kosovo in violazione dei principi dell’OSCE, nel distruggere Paesi stabili ed economicamente prosperi come Iraq e Libia, a diecimila miglia dalle coste americane?
Il sistema multilaterale è stato minacciato dai tentativi spudorati degli Stati occidentali di sottomettere i segretariati dell’ONU e di altre istituzioni internazionali. C’è sempre stato uno squilibrio quantitativo a favore dell’Occidente, ma fino a poco tempo fa il Segretariato ha cercato di rimanere neutrale. Oggi, questo squilibrio è diventato cronico, con il personale del Segretariato che sempre più spesso si concede comportamenti politicamente motivati,inappropriati per i funzionari internazionali. Chiediamo allo stimato Segretario Generale Guterres di garantire che tutto il suo personale si attenga ai requisiti di imparzialità in conformità con l’articolo 100 della Carta delle Nazioni Unite. Chiediamo inoltre che la leadership del Segretariato, nel preparare i documenti di iniziativa sulla suddetta “agenda comune” e “una nuova agenda per la pace”, sia guidata dalla necessità di suggerire ai Paesi membri modalità per trovare un accordo e un equilibrio di interessi, piuttosto che assecondare concetti neoliberisti. Altrimenti, invece di un’agenda multilaterale, si approfondirà la frattura tra il “miliardo d’oro” e la maggioranza globale.
Parlando di multilateralismo non ci si può limitareal contesto internazionale, così come parlando di democrazia non si può ignorare il contesto internazionale. Non ci devono essere due pesi e due misure. Il multilateralismo e la democrazia devono essere rispettati sia all’interno degli Stati che nelle loro relazioni reciproche. Tutti sanno che l’Occidente, imponendo agli altri la sua concezione di democrazia, non vuole una democratizzazione delle relazioni internazionali imperniata sul rispetto dell’uguaglianza sovrana degli Stati. Ma ora, mentre promuove le sue “regole” nell’arena internazionale, sta anche “soffocando” il multilateralismo e la democrazia in casa propria, utilizzando strumenti sempre più repressivi per sopprimere qualsiasi dissenso – proprio come sta facendo il regime criminale di Kiev, sostenuto dai suoi “maestri”, gli Stati Uniti e i loro alleati.
Cari colleghi, ancora una volta, come durante la “guerra fredda”, siamo giunti a una linea pericolosa, e forse ancora più pericolosa. La situazione è aggravata dalla perdita di fiducia nel multilateralismo, quando l’aggressione finanziaria ed economica dell’Occidente distrugge i benefici della globalizzazione, quando Washington e i suoi alleati abbandonano la diplomazia e chiedono un chiarimento delle relazioni “sul campo di battaglia”. Tutto questo all’interno delle mura dell’ONU, che è stata creata per prevenire gli orrori della guerra. Le voci delle forze responsabili e ragionevoli, gli appelli alla saggezza politica, al rilancio della cultura del dialogo, vengono soffocati da coloro che mirano a minare i principi fondamentali della comunicazione tra Stati. Dobbiamo tutti tornare alle origini: il rispetto degli obiettivi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite in tutta la loro diversità e interconnessione.
Un autentico multilateralismo richiede oggi l’adeguamento delle Nazioni Unite alle tendenze oggettive di formazione di un’architettura multipolare delle relazioni internazionali. La riforma del Consiglio di Sicurezza dovrebbe essere accelerata attraverso una maggiore rappresentanza dei Paesi asiatici, africani e latinoamericani. L’attuale eccessiva sovrarappresentazione dell’Occidente in questo principale organo delle Nazioni Unite mina il principio del multilateralismo.
Su iniziativa del Venezuela, è stato istituito il Gruppo di amici in difesa della Carta delle Nazioni Unite. Invitiamo tutti gli Stati che rispettano la Carta a farne parte. È inoltre importante sfruttare il potenziale costruttivo dei BRICS e della SCO. L’Unione Economica eurasiatica, la CSI e la CSTO sono pronte a dare il loro contributo. Siamo favorevoli a utilizzare l’iniziativa delle associazioni regionali dei Paesi del Sud globale. Anche il G20 può svolgere un ruolo utile per sostenere il multilateralismo se i partecipanti occidentali smetteranno di distrarre i loro colleghi dalle questioni urgenti all’ordine del giorno, nella speranza di silenziare l’argomento delle proprie responsabilità nella crescita dei fenomeni di crisi nell’economia mondiale.
È nostra responsabilità comune preservare le Nazioni Unite come sofferto modello di multilateralismo e coordinamento della politica mondiale. La chiave del successo è lavorare insieme, astenersi dal rivendicare l’esclusività e – ancora una volta – rispettare l’uguaglianza sovrana degli Stati. Questo è ciò che tutti noi abbiamo sottoscritto quando abbiamo ratificato la Carta delle Nazioni Unite.
Nel 2021, il Presidente russo Vladimir Putin ha proposto di convocare un vertice dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I leader di Cina e Francia hanno appoggiato questa iniziativa che purtroppo non è stata ancora attuata. Questo tema è direttamente correlato al multilateralismo: non perché le cinque potenze abbiano un qualche tipo di privilegio sugli altri, ma proprio per la loro speciale responsabilità ai sensi della Carta delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Questo è ciò che richiedono gli imperativi del sistema “ONU-centrico”, che si sta sgretolando sotto i nostri occhi a causa delle azioni dell’Occidente.
Le preoccupazioni per questo stato di cose si fanno sempre più forti nelle numerose iniziative e idee dei Paesi del Sud globale: dall’Asia orientale e sudorientale, al mondo arabo e musulmano in generale, all’Africa e all’America Latina. Apprezziamo il loro sincero desiderio di garantire che ogni problema contemporaneo sia risolto attraverso un onesto lavoro collettivo volto aconciliare gli interessi sulla base dell’uguaglianza sovrana degli Stati e dell’indivisibilità della sicurezza.
Per concludere, vorrei rivolgermi a tutti i giornalisti che stanno seguendo il nostro incontro. I vostri colleghi dei media russi non sono stati ammessi. L’ambasciata statunitense a Mosca li ha informati beffardamente che era pronta a rilasciare i visti nel momento in cui il nostro aereo è decollato. Vi chiedo quindi di supplire all’assenza dei giornalisti russi. Cercate di fare i vostri reportage in modo tale da trasmettere alpubblico mondiale l’intero ventaglio di giudizi e valutazioni.
Fonte: Ambasciata della Federazione Russa nella Repubblica Italiana
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