Intervista al deputato Francesco Forciniti*
EURASIA – Nella seduta della Camera del 15 dicembre Lei è intervenuto duramente contro il presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi, rivolgendogli un caldo invito ad andarsene. Può riassumere i motivi di tale invito?
FORCINITI – Mario Draghi è un tecnocrate, un banchiere, l’esponente di punta di una sedicente élite che da sempre lavora per imporre ai popoli forme sempre più aggressive di macelleria sociale e ridurre gli spazi democratici. Non era certo la persona migliore da mettere a capo di un governo in un momento storico come questo, in cui sarebbe servita una maggiore sensibilità “sociale”. A causa sua il Paese sta scivolando verso forme di autoritarismo sempre peggiori, è in corso una spregiudicata aggressione ai diritti costituzionali posti a fondamento della nostra Repubblica – diritto al lavoro in primis – mentre in parallelo è in corso un nuovo attacco ai beni comuni e si prepara l’ennesima carrellata di svendite di Stato. Ecco perché ho invitato Draghi ad andare via: perché ogni volta che la storia di questo Paese è dipesa a vario titolo da sue decisioni, l’Italia ne è uscita più povera, più ingiusta, più spaccata dal punto di vista sociale. E oggi sta succedendo la stessa cosa.
EURASIA – Il settimanale londinese “The Economist”, che dal 2015 è controllato dalla Exor N. V., la società finanziaria facente capo alla famiglia Agnelli-Elkann, ha scelto l’Italia come “Paese dell’anno”, perché “con Mario Draghi ha acquisito un primo ministro competente e rispettato a livello internazionale”. Considerando che la svendita del patrimonio pubblico italiano fu inaugurata sul Britannia col contributo fondamentale di Draghi (all’epoca direttore generale del Tesoro), non ritiene che il riconoscimento dell’ “Economist” possa essere il sinistro auspicio di una nuova fase del saccheggio dell’Italia?
FORCINITI – Certamente. In tutti i Paesi “a democrazia controllata” la propaganda di regime assume un ruolo fondamentale. E’ così anche nell’Italia di Draghi. I mezzi di informazione italiani sono tutti clamorosamente schierati dalla parte del governo. I mezzi di informazione nostrani hanno smesso di essere “cane da guardia” del potere e ne sono diventati invece fedeli megafoni. Non è ammesso dissenso, non c’è spazio per le voci critiche, spesso distorte, ridicolizzate o addirittura criminalizzate. Nel caso specifico “The Economist” non è un periodico italiano, ma è controllato dalla famiglia Agnelli, e non si sottrare a questa logica. A parte il fatto che negli ultimi anni lo stesso premio è stato riservato a paesi come Tunisia, Birmania, Armenia, Malawi, Uzbekistan. E questo dovrebbe fare riflettere non poco.
EURASIA – Su un’altra autorevole rivista occidentale, il bisettimanale statunitense “Forbes”, il direttore operativo del Lexington Institute, Loren Thompson, ha recentemente affermato che sotto la guida di Draghi l’Italia è una pedina preziosissima della strategia americana ed è candidata a diventare, soprattutto sul piano militare, il paese fiduciario di Washington in Europa. Quali sono, a Suo parere, le forze politiche e gl’interessi economici di cui si fa portatore colui che il presidente Cossiga definì “vile affarista”?
FORCINITI – Le ultime elezioni presidenziali americane hanno provocato dei cambiamenti nel quadro geopolitico mondiale. L’endorsment di “Forbes” fa pensare ad un’Italia ancora più ingabbiata nella logica di un atlantismo acritico, da Paese subalterno, quasi da colonia piuttosto che da partner autorevole in grado di giocare il suo ruolo alla pari con gli altri. In passato l’avere appoggiato totalmente le decisioni militari prese da Washington ha contribuito a seminare guerre e destabilizzazione nel mondo. Anche da questo punto di vista Draghi non è in grado di garantire all’Italia che gli errori del passato siano evitati.
* Eletto alla Camera dei Deputati alle elezioni politiche del 2018, l’avv. Francesco Forciniti (Corigliano Calabro, 2 settembre 1985) è uscito dal Movimento 5 Stelle ed è entrato nel gruppo misto di Montecitorio. Dal 2018 è membro della I Commissione Affari costituzionali.
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