Nell’interessante quanto denso articolo di Dugin viene delineato il concetto di Ordine Multipolare. Esso parte innanzitutto dal negare che esista una gerarchia fra culture e società che le esprimono: l’unipolarismo e la globalizzazione non sono l’approdo naturale a cui l’umanità deve arrivare quasi per inerzia. Essi rappresentano lo specifico di una cultura angloamericana, fondata sulla potenza marittima e solo attualmente dominante, e che, come tale, tende a rileggere la Storia secondo la propria convenienza: in particolare, essa vuole imporre l’idea di rappresentare l’Ordine Razionale per eccellenza che emerge dal Caos, inteso quale disordine incontrollato, anarchia e assenza di ragione. Dugin rifiuta questa prospettiva e invita a recuperare, dal piano locale, lo specifico di ogni singola cultura ; esorta a servirsi delle tecnologie e di quanto più avanzato l’Occidente possa offrire per rafforzare il legame culturale ed identitario col proprio territorio (ciò che secondo lui ha una valenza decisiva specie verso le giovani generazioni, giungendo a teorizzare che il controllo nell’accesso alla rete ed ai social – limitativo della libertà della persona- va comparato col danno ancor più grave dello sradicamento culturale e della omogeneizzazione forzata indotta dall’Occidente, così da annullare differenze e pluralità). Dugin rifiuta altresì le ricostruzioni di Wallerstein, secondo il quale è ineluttabile la polarizzazione fra un Centro attorno al quale si condensano le élites dominanti con le loro ricchezze, ed una periferia abitata da masse pauperizzate i cui flussi migratori sono volti alla ricerca delle meno peggiori condizioni di vita: per Dugin, nel mezzo, esiste la possibilità di ricostruire uno spazio – e conseguentemente un tempo, per lui espressione di un fenomeno sociale – attraverso il modello della rete, in cui attori locali riconfigurano fra loro strutture sociali, economiche, culturali, relazionali fino ad esprimere, al più alto livello, rappresentanze politiche in grado di assumere la tutela di questa rete di rapporti dando così nuova linfa a quel centro di imputazione di interessi quale lo Stato, oggi ampiamente superato dalla dimensione sovranazionale e globale di cui l’Occidente si serve per imporre le proprie decisioni. Ecco quindi la necessità che le entità (Russia, India, Cina) dei grandi spazi ritrovino uno spirito cooperativo non per divenire un altro Occidente globalizzante ed invasivo, ma modello di sviluppo e riferimento per altre culture che potranno trovare la loro via alla modernità senza soccombere all’occidentalizzazione.
1. La concezione multipolare come visione del futuro e la Terra nell’Era Postmoderna
Il Multipolarismo come nuova categoria concettuale
La teoria multipolare rappresenta un unicum che non può essere qualificato in termini di contrapposizione “progresso vs. conservazione”, “vecchio vs. nuovo”, “sviluppo vs. stagnazione”. La visione globalista ed unipolare della storia immagina il processo storico come un movimento lineare “dal peggio al meglio”, dal sottosviluppo al progresso e così via. In questo caso la globalizzazione è vista come un naturale punto di approdo, e tutto ciò che lo impedisce rappresenta il vecchio, il retaggio del passato, ciò che ciecamente cerca di preservare a tutti i costi lo status quo. In virtù di tale rappresentazione, il globalismo ed il potere marittimo stanno cercando di interpretare il Multipolarismo come una posizione conservatrice che cerca di opporsi all’ineluttabile cambiamento. Se la globalizzazione è il post moderno (la società globale), il Multipolarismo è solo pura resistenza che contiene ancora residui di Modernità e addirittura di Pre Modernità.
Tuttavia è possibile considerare le cose da un’angolazione diversa, e mettere da parte la dogmatica del “processo lineare ineluttabile”. L’idea di tempo come categoria sociologica della filosofia multipolare è basata sul Multipolarismo come differente sistema di interpretazione della realtà. Esso infatti, rispetto all’unipolarismo ed al globalismo, non è affatto una visione volta a congelare l’esistente nei termini in cui si trova. Il Multipolarismo non consiste nel ripristinare l’idea di stato secondo il modello westfaliano né nella riproposizione del modello bipolare di Yalta, né nel congelamento dell’attuale fase di transizione in cui l’ordine internazionale oggi si trova.
Il Multipolarismo è uno sguardo rivolto al futuro (che ovviamente non si è ancora determinato), un principio organizzativo di un nuovo ordine mondiale e, quindi, una revisione degli assiomi filosofici, ideologici su cui la modernità si fonda.
Il Multipolarismo, come l’unipolarismo e la globalizzazione, è orientato verso la costruzione di qualcosa che non c’è mai stato prima, verso uno sforzo creativo proprio di uno spirito libero, la lotta per costruire una società migliore, più armoniosa e felice. Ciò che ne rappresenta la differenza è che i suoi principi, i suoi valori sono radicalmente diversi da quelli della visione globalista.
Il Multipolarismo vede il futuro al plurale, pieno di varietà, differenziato, non omologato e con un ampio margine per far coesistere scelte collettive e individuali. Ci sono anche le sfumature provenienti da esperienze di frontiera che arricchiscono la matrice di nuovi modelli identitari.
Questo è lo schema della “rigogliosa complessità” del mondo dove una moltitudine di spazi fisici si combina con una variegata diversità di vivere il tempo, cosicché attori individuali e collettivi riescono a trasformare la loro stessa identità attraverso quello stesso dialogo in cui si trovano coinvolti. La cultura, la filosofia, l’economia e la tecnologia dell’Occidente sono viste come una delle componenti non prevaricante quelle asiatiche o di tribù arcaiche, come variabili di un’unica società umana (Menschliche Gesellschaft). Alcune di queste società, seguendo il linguaggio weberiano, sono “disincantate”, mentre altre sono ancora “incantate” (M.Eliade) e povere, vivendo in armonia col loro ambiente e con un’idea ancora forte del “sacro”. Il Multipolarismo accetta qualunque scelta una società intenda fare, ma la scelta diventa sensibile solo in un contesto spaziale e storico determinati e perciò rimane circoscritto ad un livello locale. Certo, l’Occidente può essere un riferimento, suscitare ammirazione ma allorquando voglia debordare da un contesto spaziotemporale specifico, cercando di imporre una valenza universale, diventa una decadente riproduzione di sé stesso. Questo è in fondo ciò che è capitato nel rapporto dominante della cultura americana su quella europea, che ha prodotto un’Europa ipertrofica, privata di qualsiasi armonia interna, sterile e senza alcuna attrattiva. E’ un’Europa che ha assunto nel proprio spazio i caratteri contraddittori, paradossali e drammatici dell’universalismo.
Multipolarismo come Postmoderno
Se guardiamo al passato, scopriremo che il Mondo Multipolare, un Ordine basato su un principio multipolare, non è mai esistito. Il Multipolarismo è dunque un progetto, un piano, un’idea di futuro, non una mera inerzia o un’insulsa resistenza alla globalizzazione. Il Multipolarismo osserva il futuro ma lo vede in maniera radicalmente diversa dai sostenitori del globalismo e si sforza di dare vita alla sua visione.
Queste considerazioni dimostrano che il Multipolarismo è la vera Postmodernità (quindi né Modernità o Pre Moderno) ma semplicemente un’interpretazione differente della Postmodernità rispetto al globalismo ed all’unipolarismo. La Filosofia Multipolare conviene sul fatto che il presente ordine mondiale sia imperfetto e richieda una profonda trasformazione. Il Mondo Multipolare non è la rappresentazione di un secondo o terzo Nomos della terra di schmittiana memoria, ma la battaglia vera per l’affermazione di un Quarto Nomos che deve trovare realizzazione. Il Multipolarismo non è solo rigetto di un’interpretazione di Postmoderno ma l’implementazione di un modello radicalmente diverso da quello propugnato dai teorici del globalismo e dell’unipolarismo. Differente certo rispetto alla vulgata neoliberista, e a quelle antiglobaliste. Il segno è universale ma diverso. L’idea multipolare riconosce che gli stati nazionali non sono più adatti alle sfide che la Storia pone, e, soprattutto, essi sono una fase all’interno di un processo più ampio in vista di una globalizzazione. Perciò essa supporta i processi specifici di integrazione di specifiche aree, insistendo sul fatto che i loro confini delimitino i processi di civilizzazione storicamente sviluppatisi in questi territori. L’idea multipolare postula che gli attori non statali debbano incrementare il significato ed il valore della loro presenza, purché essi rappresentino un ‘espressione genuina del loro territorio. L’idea multipolare rifiuta le “Grandi narrazioni”, la visione eurocentrica, la rigida gerarchizzazione dei poteri. Essa supporta al contrario il valore delle identità asimmetriche, plurali, riflettendo lo spirito di ogni specifica cultura in qualunque modo essa possa essere esecrabile agli occhi di altre. La visione multipolare rifiuta l’approccio meccanicistico si stampo cartesiano, distinguente un soggetto ed un oggetto. Essa afferma una visione olistica, integrale verso il mondo, bilanciata dalla “geometria della natura” la cui manipolazione essa rifiuta, preferendo un dialogo con le forze di questa.
La Postmodernità nella concezione Multipolare ed in quella Unipolare, nelle versioni globalista ed antiglobalista
Quando la conversazione si sposta verso le misure concrete, sorgono le contraddizioni fra teoria multipolare e la Postmodernità. Le concezioni liberali e neomarxiste operano coi concetti base di “individuo” e “progresso”, concepiti nell’ottica di liberazione dell’individuo e, nell’ ultimo passaggio, nell’idea di “liberazione dall’individuo” verso un’idea di clone, di post – umano. Soprattutto è il concetto di individualità che considerano universale. L’idea multipolare diverge profondamente dall’idea di Post Modernità e postula concetti di società, di personalità collettiva, di coscienza collettiva (Durkheim) e di incoscienza collettiva (Jung) come centro di tutte le cose. La società è una matrice dell’esistenza; essa crea individui, popoli, linguaggi, economie, culture, sistemi politici nonché rappresentazioni dello spazio e del tempo. Nella concezione multipolare, non c’è solo un tipo di società, ed anzi non esiste un ordine gerarchico di una sull’altra. L’individuo è diventato “la misura di tutte le cose” solo in un modello compiuto di società, in quella occidentale, ma non è detto che sia e debba essere così in tutte le altre. E ciò perché altre società sono strutturate in un latro modo. Si deve riconoscere il diritto di ogni società di autodeterminarsi, di creare la propria realtà coi mezzi che ha a disposizione, con una differente visione dell’individualità umana.
La stessa idea riguarda il tema del “progresso”. Il tempo è un fenomeno sociale, strutturato in modo diverso a seconda del tipo di società. In alcune società si sostiene il ruolo determinante dell’individuo nella storia, in altre no, perciò non esiste un unico fattore determinante che specifichi i concetti di individualismo e di post umanità. Il destino dell’Occidente continuerà a procedere verso queste direzioni, in quanto il suo cammino è ancorato alla logica della sua storia. L’abbraccio dell’Occidente con le idee di individualismo e di post umanità ha il potere di infliggere danni alle altre società e nazioni, anche se in qualche modo queste idee sono già presenti nelle loro culture, di fatto esse hanno funzionato come precetti quasi scontati. E’ questo universalismo culturale di marca imperialista la sfida più grave che il Multipolarismo deve affrontare.
2. Multipolarismo e teorie della globalizzazione
Il Multipolarismo contro le politiche globalizzanti
Dalla prospettiva multipolare, dobbiamo considerare le teorie alla base della globalizzazione e come queste siano correlate le une alle altre. La teoria del Governo mondiale (Meyer, Boli) presuppone la creazione di uno stato integrato a livello globale ed è completamente antitetica all’idea multipolare. Segue quelle teoria della “fine della Storia” formulata da Francis Fukuyama e coerente con quei progetti rigidamente unipolari e globalisti che descrivono un futuro completamente in contrasto con l’idea multipolare. La teoria del Governo Integrato Globale è radicalmente antitetica all’idea Multipolare.
Multipolarismo e Cultura Globale (In difesa della localizzazione)
E’ difficile rapportarsi con le teorie della cultura mondialista (Robertson) e le concezioni “trasformazioniste” (Giddens). Gli approcci critici alla globalizzazione, nella linea di Huntington, possono ricondursi a questo contesto. In queste teorie, si analizza l’equilibrio fra due tendenze, il puro globalismo ed il localismo (Robertson), o la comparsa di nuovi modelli di civiltà (Huntington). L’asse portante della teoria multipolare è radicalmente antagonista a quella globalista, non di meno esistono effetti secondari che possono pure considerarsi positivi. L’indebolimento del contesto sociopolitico degli stati nazionali può dimostrarsi sotto due profili: in parte alcune delle funzioni statali sono devolute ad entità sovranazionali/globali, in parte nelle mani di alcuni nuovi attori locali. D’altra parte, a causa della fragilità e della dissoluzione dell’entità statale, i fattori legati alla religione e alla civiltà di appartenenza diventano decisivi. Questi fenomeni accompagnano la globalizzazione e dal momento che interessano il processo di dissoluzione degli stati, espressi da un contesto ideologico ormai sorpassato, diventano interessanti ed importanti ai fini della teoria multipolare. Questi effetti secondari della globalizzazione riconducono le società al loro originario contesto di appartenenza, includendo quindi specificità non solo culturali, territoriali ma anche religiose. Questo conduce a rafforzare il ruolo dell’identità etnica, dei fattori religiosi e confessionali, ai problemi ed alle specificità delle comunità locali. Volendo sintetizzare questi fenomeni, essi possono essere intesi come fattori strategici del Nuovo Ordine Multipolare che deve essere implementato, accelerato e supportato. All’interno del processo di “glocalizzazione” descritto da Robertson, il Multipolarismo è interessato al “locale” essendo in piena sintonia con questo profilo. Robertson stesso crede che i processi di “glocalizzazione” non siano predeterminati e possano influenzarsi reciprocamente. Accettando questa analisi, i sostenitori della teoria multipolare devono coscientemente indirizzare i loro sforzi affinché al locale sia assicurata preminenza rispetto al “globale”.
Conclusioni relative alla Teoria Sistema Mondo secondo la prospettiva Multipolare
La teoria del Sistema Mondo descritta da Immanuel Wallerstein è interessante per la concezione multipolare in ragione dell’accurata descrizione, sotto il profilo economico, politico e sociale della radice della globalizzazione. La teoria del Sistema Mondo di Wallerstein rappresenta l’elite globale capitalista, che si stringe attorno al Centro, anche se i rappresentanti provengono dai paesi periferici. Il mondo proletario che lentamente passa da un’identità a base nazionale ad una di tipo internazionale e classista rappresenta “la periferia” non solo geografica ma anche sociale. Gli stati nazionali non sono altro che contesti in cui si riproduce il medesimo processo. Si tratta dell’arricchimento di un’oligarchia e della sua integrazione in un “Centro” sovranazionale e globale mentre parallelamente si assiste ad una pauperizzazione delle masse che si incrociano fra loro nei vari flussi migratori.
Dal punto di vista della teoria Multipolare, questa analisi non considera i fattori della geopolitica, della cultura e della civiltà di appartenenza. L’ultimo è il disprezzo verso la teoria marxista, concentrata nel disvelare i meccanismi economici che reggono le organizzazioni sociali. Nel mondo attuale, “Il Secondo Mondo” (cioè le formazioni territoriali derivanti da processi di integrazione regionale, dette altrimenti “Grande Spazio”) è situato fra il centro e la periferia. Nella logica di Wallerstein, questo non sposta nulla nella trama del “sistema mondo” polarizzato fra il nucleo attorno cui si riuniscono le elites, e la periferia costituita da masse diseredate ed internazionalizzate: solo questo processo si svolge con maggior rapidità di quella che sarebbe occorsa in una dimensione meramente statale. Tuttavia nella logica della Teoria Multipolare la presenza del Secondo Mondo cambia tutto radicalmente. Tra le elites e le masse esistenti nella varie strutture sociali del Secondo Mondo, può sorgere un modello relazionale diverso tanto dalla prospettiva liberale quanto dalle previsioni dell’analisi marxista. Samuel Huntington si riferiva a tale situazione parlando di “modernizzazione senza occidentalizzazione”. L’essenza di questo fenomeno è che, pur col retroterra di un ‘educazione e di una padronanza tecnologica di base occidentale, le elites dei paesi periferici spesso agiscono in questo modo: non si integrano con l’elite globale preferendo ritornare alla loro società di appartenenza, confermando le interazioni costruttive di identità e le trame di socializzazione all’interno di queste società, mettendo le proprie competenze acquisite al servizio della loro società e non dell’Occidente, anzi opponendosi a quest’ultimo. I fattori di identità culturale (spesso religiosa) e l’appartenenza ad un modello di civiltà si rivelano più forti dell’algoritmo universalista presentato nella tecnologia di modernizzazione e del mezzo che lo ha generato.
I processi di stratificazione sociale e l’occidentalizzazione delle elites come descritti da Wallerstein esistono e prendono piede, ma contestualmente se ne determina un altro di “modernizzazione senza occidentalizzazione”. Unitamente all’integrazione regionale, questi processi rappresentano una tendenza che Wallerstein ignora ma che, ironicamente, la sua analisi permette di cogliere pienamente e descrivere. Questo costituisce un importante elemento per la tesi multipolare.
Come per la prospettiva globalista, tutte le società devono confrontarsi con le teorie globaliste di prima mano, così la teoria multipolare può offrire i seguenti principi
La vera completezza ed integrità del mondo sono obiettivamente reali, ma possono essere percepite solo una volta che si rimuovano le banalità attorno che ne impediscono la piena comprensione. Heidegger chiamava questo “l’autentica esistenza dell’essere”. Comprendere il mondo come un unicum nella sua interezza è possibile modificando l’esistenza, non solo attraverso l’accumulazione di nuovi dati, espressioni, informazioni, incontri, conversazioni e conoscenza. Seguendo Heidegger, l’uomo è stimolato a studiare nuovi contesti e paesaggi in modo da fuggire dalla vera esistenza e questo è impersonato proprio dalla cifra dell’Uomo cioè quell’impersonale ed astratta eppure al contempo concreta forma di vita che trova surrogati per rimpiazzare l’esperienza di una vera esistenza. L’Uomo, non vivendo un’autentica esistenza, dissolve la sua coscienza nella curiosità e nel gossip, due delle forme di inautentica esistenza. Più semplici diventano le comunicazioni nel mondo globale, più diventano insignificanti. Più saturati diventano i flussi informativi, meno la gente è in grado di comprenderli e di decodificarne il significato. Perciò la globalizzazione non contribuisce in alcun modo alla comprensione del mondo ma, al contrario, inganna disperdendo l’attenzione in una miriade di puzzles senza senso dove i singoli elementi non riconducono ad un tutto comprensibile, così quindi da riflettere un’esistenza frammentata. La globalizzazione non conduce affatto ad una visione onnicomprensiva che, al contrario, può essere raggiunta tramite una profonda esperienza esistenziale anche all’interno di un solo luogo.
Perciò società differenti non collidono in un orizzonte globale, ma per come l’ideologia globalista cerca di imporsi al loro interno esse potrebbero trovare un comune punto di intesa nel respingerla, data la minaccia che essa porta, senza alcun riguardo, a tutti i popoli ed alle culture che si pongono su un piano diverso dai suoi dettami.
La teoria Multipolare riconosce la portata universale della sua sfida ma deve essere chiaro che non deve essere intesa come un antidoto per prevenire catastrofi, tragedie, disastri. L’orizzonte del globalismo è concepito come qualcosa che deve essere sconfitto, prevaricato ed abolito. Ogni società lo farà a proprio modo, ma la Teoria Multipolare suggerisce di generalizzare, consolidare, e coordinare tutte le forme di opposizione al globalismo. Di fronte alla visione ed alla sfida globalista è necessario strutturare una reazione qualificata, indipendente e con una chiara prospettiva in termini multipolari di ciò che deve subentrare in luogo del globalismo.
3. Dal veleno alla cura
Sellare la tigre della globalizzazione: il Network Multipolare
La costruzione di un mondo multipolare richiede lo sviluppo di un particolare atteggiamento verso gli aspetti di base del processo di globalizzazione. Abbiamo visto che nonostante il Multipolarismo si opponga alla visione unipolare e globalizzante, il problema non è solo relativo al rifiuto delle trasformazioni che circondano la modernità ma individuare “il format multipolare” per queste trasformazioni, per influenzarle, e guidare il processo verso quel modello ritenuto come migliore. Il Multipolarismo in certe situazioni non deve opporsi frontalmente alla globalizzazione ma limitarsi a riprendere l’iniziativa e indirizzare i processi lungo una diversa traiettoria perciò trasformando il veleno in una cura (detto con un’espressione cinese, sellando la tigre). Tale strategia ripropone il concetto di “una modernizzazione senza occidentalizzazione”, ma ad un livello più generalizzato e sistemico. Alcune società che si mantengono separate dal flusso globalizzante, prendono a prestito le tecnologie occidentali per difendersi e respingere la pressione ad esse connessa. La teoria multipolare suggerisce di adottare tale schema quale cifra di azione per la maggior parte delle società non occidentali.
Diamo qualche esempio per reinterpretare questi aspetti attraverso l’ottica multipolare.
Prendiamo il concetto di network nella sua dimensione spaziale. Di per sé il fenomeno non è neutrale. Rappresenta il risultato di una graduale trasformazione nella comprensione sociologica di spazio nel contesto del “Sea Power” lungo il cammino di una più grande evoluzione, dalla prevalenza del mare a quella dell’aria e infine dell’infosfera. Lungo tale percorso, il network rappresenta la struttura che percepisce la presenza di elementi sistemici non in maniera organica ma meccanica. Il network può essere costruito da separati elementi individuali che inizialmente non siano connessi gli uni agli altri né abbiano un’identità collettiva. Evolvendosi, il network presenta la prospettiva di superare la dimensione fisicamente umana e di entrare nell’età post umana. Questo perché la centralità dell’uomo diviene sempre più relativa in un sistema autosufficiente ed autoreferenziale come il network. Da questo punto di vista il network può essere indifferentemente usato nella sa neutralità tanto dal “Sea Power”, dall’Atlantismo e dal Globalismo.
Nella geopolitica classica, possiamo vedere come Terra e Mare siano connessi non tanto dalla presenza di un elemento piuttosto che un altro, quanto come differenti società tendano a rappresentarsi sul piano sociologico, culturale e strategico rispetto al Mare. Carl Schmitt mette in evidenza cha a dispetto dell’aver creato un impero globale basato sulla navigazione, la società spagnola rimase fedele alla sua identità connessa con la Terra che si è pure rivelata nel modo di organizzare le colonie e nella diversa evoluzione fra America Latina ed Anglosassone. La presenza di una navigazione sviluppata non conduce necessariamente ad un Sea Power, nel senso geopolitico del termine. Di più, l’obiettivo di un Land Power, in particolare di chi detiene il controllo dell’Heartland, è ottenere l’accesso ai mari, rompere il predominio finanziario dalla parte delle talassocrazie, e cominciare a competere col Sea Power.
La situazione nel network è la stessa. La struttura multipolare necessita di controllare i processi costitutivi del network, le tecnologie ad essi connessi, imparare le regole e le regolarità comportamentali del network, e guadagnare la possibilità di realizzare i suoi obiettivi ed i suoi scopi all’interno del network. Lo spazio del network apre possibilità agli attori più piccoli, e in definitiva in questo contesto possono coesistere tanto la corporation transnazionale quanto le skills rapportate ad una dimensione più individuale. Lo stesso può dirsi per i social network e per i blog. La globalizzazione tende a far sì che i codici di coloro che entrano nei network saranno sotto il controllo dei proprietari fisici di servers, di domini registrati e di monopolisti degli hardware. Nelle teorie di Negri ed Hardt, abbiamo visto come si sia suggerito di includere anche questi profili nel preparare quella ribellione delle moltitudini che potrà sconfiggere l’Impero. Qualcosa di simile può essere indicato anche dalla prospettiva multipolare, ma all’ordine del giorno non c’è la conduzione di un caotico sabotaggio dei piani globalisti attraverso l’uso delle moltitudini, ma piuttosto la costruzione di un network di cittadini legati da uno specifico spazio storico e geografico con un codice culturale comune. Una civiltà virtuale può considerarsi come espressione di una civiltà attraverso anche un network, assumendo che il network funzioni da vero incubatore delle linee portanti di questo modello di civiltà in fieri. Già oggi forze politiche, religiose, etniche – non solo nella contrapposizione globale ed antiglobale – usano il format del network per coordinare le loro attività, propagare le proprie forze con l’aiuto di tutti gli strumenti a ciò necessari. La costituzioni di domini di rete nazionali e lo sviluppo di network nazionali per la comunicazione che usino il linguaggio nazionale possono rappresentare un altro strumento di lotta, contribuendo a rafforzare l’identità culturale dei giovani benché questi siano naturalmente attratti dal fascino delle nuove tecnologie. L’esempio cinese di Internet (dove l’accesso è fisicamente e legalmente limitato) può, secondo alcuni esperti cinesi, danneggiare la società cinese stessa. D’altro canto, in campo politico, sociale e morale, l’adozione di misure restrittive può rafforzare il Multipolarismo.
Il network globale può diventare multipolare, cioè un’aggregazione di “continenti virtuali”. Così, invece di un singolo network, ne appariranno molti ciascuno dei quali espressione di uno spazio specifico. Tutti questi continenti assieme possono essere integrati in un network multipolare, differenziato e moderato sulla base dei paradigmi costitutivi del multipolarismo. Alla fine, il contenuto del network sarà un riflesso di come l’immaginazione umana andrà a strutturarsi.
Non è difficile ipotizzare cosa potrebbe essere in un ordine Multipolare
In pratica, a queste condizioni, un network può essere considerato come uno strumento per consolidare gruppi attivi, personalità, società, sotto l’egida del Multipolarismo in funzione di una graduale costruzione di un network multipolare.
Guerre di Network del Mondo Multipolare
Le guerre fra network sono un fenomeno tipico dell’epoca della globalizzazione. Ci si dovrebbe attrezzare nel conoscere il funzionamento – sotto l’aspetto teorico e pratico – delle guerre fra network per sapere come realizzare un Network Multipolare. In questo senso il principio “network centrico” adottato dalle Forze Armate russe rappresenta una saggia decisione, indirizzata a rafforzare le posizioni nell’Heartland ed incrementare la performance delle Forze Armate che costituisce uno degli elementi della configurazione multipolare.
Il principio “network centrico” nella warfare contiene profili tecnici e di base. L’equipaggiamento delle unità russe, configurato secondo una matrice a network (dispositivi di tracciamento e comunicazione, dispositivi interattivi, ecc.) rappresenta un aspetto talmente evidente del tema, da non richiedere un particolare retroterra geopolitico. E’ molto più importante considerare un altro profilo del network warfare.
Una guerra di rete, così come appare nei modelli operativi dei suoi teorici, è intrapresa costantemente in tutte le direzioni – contro nemici, alleati e forze neutrali. Allo stesso modo, le operazioni all’interno del network devono indirizzarsi in tutte le direzioni – e non solo verso il centro – affinché l’Ordine Multipolare possa avere successo. Se noi assumiamo che l’attore che intraprende una guerra di rete non sia uno stato ma un’entità non statale che prende di mira l’Ordine Multipolare (come quelli che le reti americane prendono di mira per imporre l’ordine unipolare), noi vedremo che alimentare più fonti di attacco per una guerra di rete da poli differenti (Russia, India, Cina, ecc.) creerà maggiore efficacia e risonanza. Dalla costruzione di un Mondo Multipolare, ogni polo che ne fa parte è interessato a rinforzare gli altri ed al contempo ad indebolire l’iper – potenza unipolare. Così, una guerra di network intrapresa da un intero assetto multipolare può rappresentare una spontanea convergenza di sforzi con una ramificazione in grado di divenire efficace. Dal rafforzamento della Cina la Russia può trarre beneficio, così come il rafforzamento dell’Iran può essere di utilità all’India. L’indipendenza del Pakistan dagli USA avrà ricadute positive sull’Afghanistan e nell’Asia Centrale, oltre che in altri luoghi. A seconda di come si dirige l’informazione ed i flussi di immagini che sono associati all’idea multipolare, il network può diventare estremamente efficace trascinando, nella sua logica multipolare, tutti gli attori coinvolti. In questo caso il coordinamento opera al più alto livello, quello della più alta rappresentanza dei paesi componenti il club multipolare (ad es. a livello dei capi di stato) dove il paradigma multipolare viene implementato prendendo forma concreta coi suoi processi.
La seconda parte della teoria “network centrica” è caratterizzata dall’enfasi da riconoscere alle condizioni iniziali di partenza. Questi fattori che influiscono sul risultato finale riguardano il momento in cui il conflitto inizio, quello da cui gli altri componenti della rete entrano in gioco, e i mezzi di informazione che trasmettono gli sviluppi del conflitto. Perciò la massima priorità deve essere assegnata al mezzo informativo, a livello locale e globale. Se la stima delle forze in gioco, il computo delle conseguenze dei vari passaggi intrapresi sono fatti correttamente, questo può condurre ad una situazione del conflitto in cui diventa impossibile persuadere un potenziale antagonista circa l’impossibilità di una resistenza senza via di uscita o di un’escalation armata. Questo riguarda tanto il modo tradizionale di condurre una guerra quanto quella specifica legata all’informazione, condotta appunto per influenzare la pubblica opinione.
Perciò i paesi che dichiarano il proprio orientamento multipolare possono e devono usare attivamente le teorie e le pratiche della concezione “network centrica” peri propri interessi. I teorici di questo orientamento considerano tali teorie e pratiche come strumenti cruciali nel condurre campagne militari nell’attuale contesto Postmoderno. Il Multipolarismo raccoglie la sfida della Postmodernità, e comincia una battaglia per affermare la propria direzione. Le operazioni condotte secondo lo schema “network centrico” rappresentano uno dei più importanti ambiti attraverso cui condurre tale battaglia.
Il Multipolarismo e la dialettica del Caos
Un altro esempio di come trasformare il veleno in cura è rappresentato dal fenomeno del caos. Questo concetto compare sempre più nei testi di geopolitica, così come nelle teorie della globalizzazione. Coloro che propongono un approccio rigidamente unipolare suggeriscono di manipolare il caos in funzione degli obiettivi del centro (The Core, vale a dire gli USA). Gli antiglobalisti e gli anarchici salutano con favore il caos nel senso letterale del termine, come anarchia e disordine. Altri autori tendono a vedere il caos come il principio di un nuovo ordine che andrà a strutturarsi.
Il Multipolarismo si approccia al Caos nei seguenti termini:
1. Il concetto di Caos come antitesi di ordine è espressione della cultura europea, in particolare della Grecia antica. Questa opposizione è basata sulla concezione esclusiva di ordine che trascina con sé il razionale mentre nel Caos si concentra il disordine e l’irrazionale, oscurità, un termine in sé negativo. E’ possibile comunque un approccio meno rigido ed oppositivo ed in tal caso il Caos apparirà non già come mancanza di Senso, bensì come Matrice da cui il senso si in-forma. Nella cultura europea occidentale, il Caos è senza alcun dubbio il Male, ma così non è in altre culture. Il Multipolarismo rifiuta di considerare la cultura europea occidentale come riferimento centrale, quindi il Caos perde la sua connotazione negativa recuperando invece una prospettiva positiva. Il Multipolarismo non ragiona in termini di Caos contrapposto ad Ordine ma esige chiarezza, quale caos e quale ordine? In che senso una cultura tiene un significato piuttosto che un altro? Sappiamo già della cultura europea occidentale ma ad es. come si rapporta ai due concetti la cultura cinese? in verità, l’idea di “Tao” (la Via) cruciale per la filosofia cinese è descritta in termini che richiamano in modo evidente il concetto di Caos. Perciò l’approccio multipolare conferma che la comprensione dei termini Caos e Ordine dipendono dall’angolazione della civiltà a cui ci si riferisce e quindi quella europea occidentale non è affatto quella gerarchicamente superiore alle altre.
2. I globalisti spesso intendono Caos in senso geopolitico che non è correlato alla loro percezione di strutture sociopolitiche ed economiche e che reagisce col loro approccio universalistico, in termini di valori e identità soggettive. In questo caso, tutto ciò che abbia valore per la costruzione di un Ordine Multipolare, inclusa l’insistenza su altre forme identitarie, conseguentemente reca con sé i semi dell’ordine Multipolare e così ricade all’interno della categoria di “Caos”. Quest’ultimo supporta la costruzione di un Mondo Multipolare.
3. Infine il Caos, nella maniera in cui è compreso quale puro disordine o come insieme di processi debolmente organizzati, può essere inquadrato secondo la prospettiva multipolare. Qualora una situazione caotica (disturbo, interferenza, conflitto) sorga – tanto in modo naturale quanto artificiale, è necessario imparare a controllarla, esempio padroneggiando l’arte di moderare il Caos. Il Caos ha una logica ma è molto più complesso e comprensivo delle strutture dei processi non caotici. Al contempo, si presta ad una ricerca scientifica ed è attivamente studiato da fisici e matematici. Dal punto di vista dell’applicazione geopolitica, può divenire uno dei più efficaci strumenti per realizzare un Mondo Multipolare.
Traduzione: Corrado Fontaneto
Questo articolo è coperto da ©Copyright, per cui ne è vietata la riproduzione parziale o integrale. Per maggiori informazioni sull'informativa in relazione al diritto d'autore del sito visita Questa pagina.