La sospensione del presidente della Romania Traian Basescu può parere illogica guardandola dalla prospettiva delle relazioni romeno-americane, ma questa illogicità è solo un’apparenza, sostiene un’analisi pubblicata da «Vocea Rusiei». I suoi autori sostengono che Washington avrebbe avuto bisogno d’una sospensione la più rapida possibile del presidente e non abbia potuto lasciare la faccenda nelle sole mani degli esecutori romeni.
«All’inizio Traian Basescu è stato un perfetto vassallo degli Usa: ha inviato truppe in Iraq e in Afghanistan, ha permesso l’installazione d’uno scudo anti-missile (trasformando la Romania in un obiettivo prioritario per i missili nucleari russi), ha lanciato attacchi verbali contro la Russia ed è stato un promotore degli interessi americani nel quadro degli incontri decisionali europei. In queste condizioni, molti sostenitori dell’inquilino di Cotroceni hanno considerato che la protezione americana del regime di Basescu fosse un fatto assodato e irreversibile. La realtà si è però dimostrata essere molto diversa», leggiamo nell’analisi pubblicata da «Vocea Rusiei».
Secondo quest’ultima, l’arrivo a Bucarest del generale Wesley K. Clark (ex capo di Stato Maggiore dell’esercito statunitense) e il rapido riorientamento della posizione dell’ambasciatore americano Gitensten dimostra che Washington ha deciso di sostenere l’Usl nella lotta politica interna.
Perché gli americani sono arrabbiati con Basescu?
«A dispetto di tutti gli sforzi di Basescu per essere un perfetto vassallo, addirittura ideale, degli Usa, l’ex presidente è invece arrivato a essere liquidato politicamente dai burattinai dell’amministrazione americana». Sorge spontanea la domanda: perché gli americani sono arrabbiati con Basescu? «Esistono due possibili risposte, che possono essere complementari», precisa l’analisi. Traian Basescu non è riuscito a diventare un presidente gradito alla componente democratica dell’élite americana, mentre l’immagine di «uomo dei repubblicani a Bucarest» ha danneggiato in modo grave la sua carriera politica.
Probabilmente un altro dato che ha disturbato l’amministrazione di Washington è stata la visita di Basescu all’ambasciata cinese all’inizio di quest’anno. Ricordiamo ai lettori che il 10 gennaio 2012, il presidente della Romania decise di partecipare alla festa per l’anno nuovo all’ambasciata cinese, decisione alquanto sorprendente, visto che Basescu non aveva mai partecipato a simili eventi. Pochissimi analisti di Bucarest hanno notato una discrepanza tra la versione ufficiale delle visita e la realtà del calendario. Nel 2012 il nuovo anno cinese è iniziato il 23 gennaio, ossia due settimane dopo la cerimonia ufficiale organizzata a Bucarest. Secondo gli osservatori esterni la situazione era chiara: Basescu ha avuto bisogno d’un pretesto per discutere qualcosa d’importante con i rappresentanti della diplomazia cinese e, per agevolare questa discussione, l’anno nuovo è stato “spostato” di due settimane. Si può speculare molto sul contenuto della discussione tra Basescu e i cinesi, è però certo che simili discussioni non avrebbero non potuto provocare una qual certa irritazione da parte di Washington. La situazione in cui si trova oggi Basescu può essere la risultante di questa irritazione, constata l’analisi.
Le dimissioni di Basescu: moneta di scambio statunitense nell’àmbito di una soluzione geopolitica.
Un’altra possibile spiegazione offerta da «Vocea Rusiei», che però non esclude quella succitata, si riferisce al comportamento di Basescu in politica estera.
«Il fatto che i poteri forti adoperino i loro vassalli in qualità di moneta di scambio nelle risoluzioni geopolitiche, non è affatto un segreto. A un certo punto, il comportamento di Basescu in politica esterna è diventato così irritante per talune forze geopolitiche che la sua fuoriuscita è diventata argomento di discussione nell’àmbito dei negoziati di questi poteri forti. Nel contesto di alcune simili risoluzioni, le forze geopolitiche globaliste sono abituate a fare concessioni reciproche in relazione ad alcuni problemi di ordine locale, spesse volte legando tra loro aspetti problematici che non hanno apparentemente alcuna connessione. Non è da escludersi che il cambio di regime in Romania – cambiamento che implica la defenestrazione dalla vita politica non solo del presidente bensì dell’intera squadra che lo ha sostenuto – sia stato solo una moneta di scambio, una concessione, nell’àmbito di una soluzione geopolitica che gli Usa hanno portato a termine a livello internazionale. Questa spiegazione dell’attuale situazione è confermata in maniera circostanziata dal fatto che a Bucarest è stato inviato il generale Clark, organizzatore del Blitzkrieg, che ha portato alla sospensione di Basescu con una precisione militare. Pare che Washington abbia avuto bisogno di una sospensione la più rapida possibile del presidente e non abbia potuto lasciare la faccenda nelle sole mani degli esecutori romeni.
«Se l’atteggiamento del governo Usl, tanto in politica interna quanto in quella estera, si distinguerà dal comportamento di Traian Basescu, ciò offrirà precise indicazioni circa i reali motivi della sospensione», sostiene ancora l’analisi.
Dal quotidiano «Adevarul» (articolo in linea) del 12 luglio 2012
Tradotto da Luca Bistolfi
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