Un tuo libro recentissimo (Yannick Sauveur, L’américanisation de la société française, L’Aencre, 2025) si propone di descrivere la diffusione dell’American way of life nella società francese. In cosa consiste propriamente questo fenomeno, che si tende per lo più a identificare con la globalizzazione? Quali sono le sue tappe fondamentali?
Il termine “globalizzazione”, più in voga, è più familiare al grande pubblico, ma il termine “americanizzazione” è più esatto, in quanto indica l’origine, vale a dire gli Stati Uniti, la cui potenza politica, militare ed economica svolge un ruolo di attrazione. Stefan Zweig parla di americanizzazione già nel 1925 e il jazz è già noto in Francia prima della seconda guerra mondiale, ma la grande ondata arriva dopo il 1944, quando i “liberatori” portano nei loro bagagli gomma da masticare, calze di nylon, coca cola e sigarette ; poi tornano il jazz, il cinema di Hollywood, il romanzo poliziesco. Il dominio culturale va di pari passo con la potenza politica, tanto più che il Piano Marshall (1947) ha, tra gli altri obiettivi, quello di esportare prodotti americani, e la cultura è concepita come un prodotto. Zbigniew Brzezinsky fa mistero dei secondi fini imperialisti: “la cultura di massa americana esercita una seduzione irresistibile, sui giovani in particolare. Nonostante l’edonismo spirituale e gli stili di vita stereotipati che essa vanta, la sua attrazione non è meno innegabile. I programmi americani alimentano i tre quarti del mercato globale della televisione e del cinema”. Dovremmo distinguere due tipi di americanizzazione: un’americanizzazione per imitazione, la quale concerne le famiglie agiate che inviano i loro rampolli negli Stati Uniti (un anno per conseguire il diploma di maturità americano o per ottenere l’istruzione superiore); in questo caso l’angloamericano è una prima lingua alla pari con la madrelingua e il modo di vita americano è perfettamente assunto. L’altra americanizzazione è più insidiosa, è la colonizzazione morbida (Dominique Noguez) o l’americanizzazione subliminale dei cervelli (François Asselineau), presente in ogni ambito: tempo libero, alimentazione, abbigliamento, musica. Americanizzazione dei ricchi o dei poveri, americanizzazione desiderata (ricercata) o subita, il risultato è lo stesso. E i due pubblici possono unirsi e trovarsi in un McDo o in qualsiasi altro fast food, anche non americano, perché l’americanizzazione è anche questo: estendere uno stile di vita all’intero pianeta.
Questo fenomeno, che potrebbe essere definito come una forma di colonialismo culturale, non riguarda soltanto la Francia. In quale misura esso coinvolge i diversi paesi europei ?
Certo, non riguarda solo la Francia, è globale. L’insegna McDonald’s è presente anche a Pechino! Invece è assente in Islanda (dal 2009), in Afghanistan, in Algeria, in Iran e in qualche altro paese. L’americanizzazione riguarda quello che si è convenuto di chiamare l’Occidente. Ma sono necessarie delle sfumature. Il Regno Unito, la Germania, i paesi del Nord Europa sono americanizzati quasi naturalmente. I paesi del bacino del Mediterraneo, purtroppo, si uniscono alla tendenza generale. Anche la Francia, che è stata a lungo un paese di relativa resistenza, dagli anni Ottanta ha recuperato il suo ritardo. Nel 2024, oltre 1500 punti vendita McDo in Francia! I paesi dell’Est europeo, tra i quali qui si dovrebbe includere l’ex Germania dell’Est, rimangono risparmiati in una certa misura. Il fenomeno woke, la cancel culture, la propaganda LGBT restano un indicatore occidentale. La Romania, una volta molto francofila, si è rapidamente anglosassonizzata. All’inizio degli anni Duemila, quasi tutti i tassisti parlavano francese, ma oggi sono molto rari. Perfino la Russia, della quale amiamo vantare la cultura tradizionale, non è rimasta al riparo dai venti dell’Ovest e i fermenti del liberalismo non mancano nelle sfere vicine al potere. Questa, almeno, è l’eco che mi arriva da amici che vivono in Russia.
Fra i tanti aspetti dell’americanizzazione della società francese, qual è, a tuo parere, il più grave ?
Tutti sono gravi. Ma a mio avviso il problema numero uno è quello della lingua: il francese in via di estinzione a favore del globish. Da qui deriva tutto il resto: il calo del livello educativo e dello spirito critico, un livello spaventosamente basso di conoscenza in francese, nella storia e più in generale in tutte le discipline letterarie. Parallelamente tutto ciò, l’aspetto più criticabile sta nella rassegnazione delle persone coinvolte: sia il cittadino qualunque – che nessuno costringe a frequentare McDo o Disneyland – sia le élites – governanti, giornalisti, scienziati. Le produzioni scientifiche sono per lo più in inglese, i relatori si esprimono in inglese anche se c’è una traduzione simultanea. D’altronde come stupirsi, quando il Presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, si ostina contro ogni buon senso a non usare quella che per secoli è stata la lingua della diplomazia. Che disprezzo per la Francia e i Francesi! Ciò che è vero per la Francia lo è anche per la Vallonia, per la Svizzera romanda e per il Québec. La minaccia non pesa solo sul francese, ma riguarda anche il tedesco e l’italiano.
Pensi che lo smantellamento dell’USAID (United States Agency for International Development) possa avere qualche effetto sul fenomeno denunciato nel tuo libro ?
L’amministrazione Trump sta tagliando le spese, e l’USAID ha un bilancio di oltre 40 miliardi di dollari. Inoltre, per reazione agli anni di Obama e Biden, si tratta di bloccare i finanziamenti ai programmi che promuovono l’aborto, la pianificazione familiare, la diversità e l’inclusione. Oggi si finge di “scoprire” cos’era l’USAID, agenzia creata nel 1961 sotto l’amministrazione Kennedy, mentre dietro la facciata dell’aiuto e dello sviluppo l’USAID è uno strumento al servizio del governo americano. L’USAID è stata utilizzata dalla CIA per infiltrarsi negli ambienti politici e per sostenere i movimenti di opposizione nei regimi nemici. Nel 2013, ad esempio, Evo Morales ha espulso l’USAID, accusandola di essere in Bolivia per motivi politici piuttosto e non umanitari. Nel 2012, la Russia ha espulso l’USAID accusandola di interferenze politiche e di finanziare i gruppi di opposizione. Lo smantellamento dell’USAID non avrà nessuna conseguenza positiva in Europa. I danni dell’americanizzazione continueranno, come in passato, con nomi diversi ed altri pretesti, agitando i buoni sentimenti morali, tutto in nome della libertà e della democrazia e demonizzando un Nemico: prima nazista, poi sovietico e adesso russo e/o cinese. E le cinghie di trasmissione statunitensi preparano i cervelli alla guerra in nome della Democrazia. Non cambia nulla!
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