La prassi è che alla vigilia di ogni girone di negoziati sul Kosovo e Metochia, Pristina imponga come una soluzione inviolabile quello che si deve ancora discutere. Sono differenti la tattica e gli attori che impongono soluzioni. A volte si tratta di funzionari di Pristina che insistono sull’omogeneizzazione dei falsamente minacciati albanesi e dei loro interessi, e a volte di gruppi terroristici di cui membri, mascherati e a armati fino ai denti, appoggiano queste storie minacciando la Serbia e i suoi cittadini. Servizio di Vukomir Petric.

I media elettronici a Pristina hanno trasmesso un paio di giorni fa un filmato in cui i membri della terroristica armata nazionale albanese ANA proclamano pubblicamente la mobilitazione sui territori etnici abitati dagli albanesi, con lo scopo, a quanto hanno evidenziato, di lottare contro l’occupatore serbo che minaccia nel Kosovo settentrionale e nella valle di Presevo. La cosiddetta ANA afferma che tre comuni nel sud della Serbia siano territori albanesi e chiede l’interruzione del dialogo con Belgrado perché pare stia conducendo una politica antialbanese. Nel filmato non si vedono i volti delle persone che portano le uniformi nere, ma si vede chiaramente l’arsenale. I serbi in Kosovo e Metochia sono costantemente esposti a minacce, provocazioni, arresti, molestie da parte degli albanesi locali, sia attraverso le istituzioni sia attraverso organizzazioni terroristiche paramilitari. Lo scopo è evidentemente la conservazione di un alto livello di insicurezza per i serbi, che avrebbe per risultato finale la completa pulizia etnica e il messaggio che le soluzioni al problema che offrono gli albanesi sono le uniche possibili.

Il legame tra la politica albanese e l’estremismo nella forma attuale risale dalla metà degli anni novanta del secolo scorso, quando il leader di allora degli albanesi kosovari Ibrahim Rugova pretendeva di essere pacifista, mentre la cosiddetta UCK sequestrava e assassinava i serbi. Questo era evidente anche alla vigilia di tutti avvenimenti importanti – proclamazione unilaterale dell’indipendenza kosovara, inizio del dialogo a Bruxelles, pressione sui serbi nel nord della provincia, intensificato interessamento dei serbi per il rimpatrio… Le persone armate e mascherate sono prima comparse nei media, e poi hanno cominciato a reclutare la gente per strada, organizzare parate nei borghi abitati da serbi rimpatriati, sequestrare il bestiame, minacciare. Le strutture di sicurezza nella provincia, locali ed internazionali, restano mute e passive e continuano ad affermare di non sapere chi sia quella gente.

Con il silenzio però non si può nascondere la prassi di azioni coordinate degli estremisti albanesi e delle strutture politiche che hanno lo scopo di peggiorare la situazione nella provincia e nella regione ogni volta che i tribuni albanesi valutano che abbia senso. Il terrorismo e l’estremismo albanese, personificato nella cosiddetta ANA, sta rafforzando il suo ruolo grazie soprattutto all’assoluta mancanza di reazione delle strutture politiche e di sicurezza internazionali in Kosovo e Metochia. L’ex capo dell’UNMIK Michael Steiner, si occupava del fenomeno della comparsa dei membri ANA di tanto in tanto, e l’ha proclamata nel 2005 un organizzazione terroristica, dopo il ritrovamento di un apparecchio esplosivo sul ponte a Loziste, nei pressi di Banjska nel Kosovo settentrionale. Un generale francese ha parlato altrettanto nel 2006 dei poligoni terroristici sul monte Bajgora, ma è stato subito zittito. Negli ultimi anni, nessuno nella comunità internazionale ha voluto parlare di questo tema.

 

http://voiceofserbia.org/it/content/rinnovo-dell’estremismo-kosovo


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