Federico Dal Cortivo ha intervistato il ten. Colonnello (ris.) Fabio Filomeni, incursore del 9° Regt. Col Moschin e autore del libro Io come Chavez. Progetto di rivolta ideale per l’indipendenza e la sovranità dell’Italia e dell’Europa.
Colonnello, siamo di fronte a cambiamenti sempre più rapidi sullo scenario geopolitico mondiale. Dopo decenni di mondo unipolare seguiti al crollo del muro di Berlino il multipolarismo non sembra più un’utopia. Come giudica l’attuale situazione?
In effetti il mondo cambia lentamente, ma i cambiamenti si manifestano improvvisamente. Oggi il mondo possiamo già definirlo multipolare con più superpotenze continentali: USA, Cina, Russia, India e, tra non molto, anche l’Africa. Per l’Europa e gli europei l’orizzonte è improvvisamente mutato. In un mondo di superpotenze l’Europa dev’essere a sua volta superpotenza. Ma per farlo deve prima emanciparsi dall’egemonia politica, economica, finanziaria degli Stati Uniti, condizione necessaria per divenire realmente un’Europa Sovrana e Indipendente che, non a caso, è la denominazione dell’associazione di cui sono presidente (ESI). Nel contesto multipolare appena accennato, le nazioni europee prese singolarmente non hanno speranza di rimanere indipendenti. È quella che Jean Thiriart definiva geometria politica dell’Europa, cioè la dimensione minima – in rapporto a una certa epoca – che una Nazione deve avere per poter aspirare a divenire una superpotenza. Essendo la politica essenzialmente un rapporto, un equilibrio di forze, non esiste più, attualmente, né indipendenza effettiva, né progresso possibile, al di fuori dei grandi complessi politici organizzati su scala continentale. E l’Europa possiede nella maniera più ampia tutte le caratteristiche di un agglomerato naturale dato anche il suo alto grado di cultura e di civiltà, per essere il principale fattore di equilibrio nel mondo. Una volta acquisita questa consapevolezza, il passo successivo è quello di guardare ad una Europa politicamente unita, uno Stato federale europeo.
Chavez è odiato dalla destra e ignorato a sinistra; sicuramente non è amato per quel suo essere un socialista latino-americano, non catalogabile secondo il metro “fascismo e antifascismo”, tanto in voga in Italia. Perché richiamarsi proprio a Hugo Chavez Frias?
Con Chávez, presidente venezuelano al quale ho dedicato la copertina del mio ultimo libro, abbiamo molte affinità in comune, di natura politica, professionale e perfino di storia familiare. Senza voler fare paragoni irriverenti con un grande personaggio della storia, Chavez promosse un suo personale modello politico votato all’integrazione dell’America Latina e all’antimperialismo degli Stati Uniti. Inoltre, Chávez era uno strenuo critico della globalizzazione neoliberista e della politica estera statunitense, tutte cose che mi sento di condividere pienamente. Le affinità professionali sono strabilianti: entrambi ufficiali nell’esercito dei rispettivi Paesi, entrambi paracadutisti, entrambi nel grado di tenente colonnello. Le somiglianze familiari riguardano una infanzia con una insostituibile presenza dei nonni materni e, in età adulta, entrambi ci siamo sposati due volte.
Come giudica l’attuale rischieramento dell’Us Navy al largo delle coste venezuelane, Nazione dove per altro Russia e Cina sono presenti da tempo con accordi di cooperazione economica e militare?
La motivazione ufficiale resa nota dall’amministrazione USA è la lotta al narcotraffico. Ma tra il dire e il fare – è proprio il caso di dire – c’è di mezzo il mare. Le sembra credibile spostare una intera flotta con oltre 15.000 uomini tra marines e forze speciali, una potenza di fuoco impressionante che annovera anche oltre un centinaio di missili Tomahawk per andare a intercettare qualche barchino di narcotrafficanti? Gli USA possono dissimulare quanto vogliono, siamo abituati alle loro menzogne diplomatiche. Ci ricordiamo della provetta di borotalco agitata da Colin Powell all’ONU fatta passare per letale antrace prodotto in Iraq. Al tempo serviva per giustificare una guerra, auguriamoci che, nel caso specifico del Venezuela, la droga non serva in via strumentale per giustificare all’opinione pubblica mondiale l’ennesima guerra illegale.
Lei cita nel titolo la “rivolta ideale, la sovranità, l’indipendenza” della nostra Patria, la quale però ha perso la sua indipendenza dopo il 1945, con una destra fintamente sovranista e una sinistra antinazionale, senza contare le spinte autonomiste. Lei che ne pensa e cosa propone?
Credo che questa democrazia stipendiata che si basa su una finta contrapposizione destra-sinistra abbia ormai, se non i giorni, i mesi contati. Sono decenni che l’Italia è governata dallo straniero – chiamiamolo per nome: il complesso militare-industriale-politico degli Stati Uniti d’America. Questo muove i fili di un teatrino le cui marionette sono i vari leader politici o tecnici che si alternano sul logoro palcoscenico che è ancora quello del fascismo e antifascismo. Ormai gli italiani l’hanno capito e non esercitano più neanche il diritto di voto. Un italiano su due non crede più a questo sistema marcio e corrotto fino al midollo. Cosa propongo? Questo libro è a tutti gli effetti un manifesto politico. Un manifesto indirizzato a tutti gli italiani che non sono più disposti a subire l’oligarchia dei partiti che pensano solo ai loro privilegi. È un progetto aperto a tutti gli schieramenti, in maniera trasversale da destra a sinistra. Anzi, dobbiamo lasciare nell’armadio i nostri vecchi abiti ideologici e combattere a petto nudo contro il vero nemico, che non è più a destra o a sinistra, ma sopra le nostre teste.
L’Europa di Bruxelles, edificio sempre più instabile costruito sull’euro, sui patti di stabilità, sul Trattato di Maastricht, che ne pensa? Quale Europa prospetta in alternativa a quella attuale e, secondo lei, quali sono le forze politiche che si muovono per un reale cambiamento che privilegi la politica al posto dell’economia/finanza?
L’Europa di Bruxelles è l’Europa dei mercanti e dei banchieri, degli interessi particolari e dei bisogni fittizi, degli egoismi e dei consumi. Non è neppure lontanamente l’Europa dei popoli e delle nazioni di cui parlo io nel libro. L’Unione Europea di Maastricht, non è l’Europa di Atene, di Roma, di Vienna, di Lepanto, di Berlino. È l’Europa degli istituti di credito e delle lobby, quindi il tradimento dell’idea stessa di Europa! Dobbiamo cominciare a pensare all’Europa come ad una comunità di destino, perché ciò che conta veramente è il destino storico che accomuna i popoli che condividono, insistono e vivono su di uno stesso continente, nel nostro caso l’Eurasia. La dimensione dell’Europa è imperiale, è la cultura e la civiltà a dirlo. Dobbiamo scegliere se diventare anche noi una potenza mondiale o se continuare ad essere subalterni, colonia degli USA. In effetti la politica è dominata dall’economia e dalla finanza e questo rapporto gerarchico tossico e malsano va assolutamente ribaltato: la politica deve tornare ad avere il dominio e il controllo sull’economia e sulla finanza.
Colonnello, l’Europa sarebbe pronta a un’ipotetica guerra contro la Russia, quella che i cosiddetti “volenterosi” vorrebbero intraprendere?
Non possiamo sapere esattamente come andrebbe a finire una guerra contro la Russia, Nazione che, giova ricordarlo, ha 6.200 testate termonucleari. Possiamo però immaginare come saranno combattute quelle future: con le clave e un gonnellino in vita fatto di pelli di coniglio.
Questo articolo è coperto da ©Copyright, per cui ne è vietata la riproduzione parziale o integrale. Per maggiori informazioni sull'informativa in relazione al diritto d'autore del sito visita Questa pagina.
















