Da oltre 4.000 milioni di anni non è cambiata la quantità d’acqua che abbiamo sulla Terra. Il ciclo dell’acqua illustra meravigliosamente la frase di Lavoisier: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Il sistema acquifero guaranì, conosciuto fino ad oggi come il terzo più grande serbatoio sotterraneo di acqua dolce del pianeta, comprende quattro paesi sudamericani (Brasile, Paraguay, Uruguay e Argentina) ed è in grado di fornire acqua potabile all’intero pianeta per i prossimi 200 anni.
Il sistema acquifero guaranì, a causa del suo potenziale socioeconomico e strategico, è stato considerato un fiore all’occhiello dei paesi circostanti e di molte imprese internazionali, che possono beneficiare di grandi affari, e di alcuni paesi sviluppati interessati all’uso di tali acque.
In assenza di una legge specifica per quanto riguarda l’utilizzo delle acque sotterranee, si è palesata una mancanza di controllo e di vigilanza che ha permesso l’uso irrazionale e il rischio di degrado a causa dell’attività umana al di sopra della falda acquifera o tramite l’eccessivo sfruttamento mediante pozzi abusivi. Con ciò aumenta il rischio di contaminazione della falda acquifera.
Occorre ricordate che l’acqua è un bene pubblico, un diritto umano, patrimonio di tutti gli esseri viventi. Cercare di controllare l’acqua vuol dire cercare di controllare la vita, poiché nessun essere vivente può vivere senza di essa.
Diventa essenziale stimolare politiche educative che consentano una maggiore partecipazione della società civile e delle università per favorire una conservazione più efficace di questa ricca fonte di acqua sotterranea e l’attuazione di politiche pubbliche più adeguate per proteggere le acque sotterranee. Si calcola che per gli attuali 6.250 milioni di abitanti del pianeta sarebbe necessario un 20% in più di acqua. L’acqua si profila quale maggior conflitto geopolitico del XXI secolo, visto che oggi è una merce rara in Europa e negli Stati Uniti; si prevede che entro il 2025 la domanda di questo bene sarà del 56% superiore alla sua somministrazione e potrebbe essere oggetto di un saccheggio forzato.
In tale contesto, tra tutti gli scenari possibili gli specialisti ne scelgono due. Il primo è basato sull’appropriazione territoriale attraverso l’acquisto di terre provviste di risorse naturali. Il secondo, per il quale nel futuro e nella peggiore delle ipotesi non si esclude un’ invasione militare.
Questa ipotesi traccia un parallelo con la recente guerra in Iraq e l’attuale appropriazione delle ricchezze irakene da parte delle maggiori società petrolifere statunitensi. Lo scrittore nordamericano Norman Mailer ha aggiunto qualcos’altro: “L’amministrazione di George W. Bush non è stata in Iraq solo per il petrolio, ma anche per l’Eufrate e il Tigri, due fiumi di una delle zone più aride del pianeta”.
La lotta è tra coloro che credono che l’acqua deve essere considerata un bene commerciabile e chi sostiene che è un bene sociale collegato al diritto alla vita.
Dal novembre 2001 la Banca Mondiale, attraverso il GEF (un suo comparto specializzato in questioni ambientali), finanzia le specifiche ricerche e le attività per il raggiungimento dello “sviluppo sostenibile” della falda acquifera. In tal modo i governi coinvolti mettono in mani extranazionali lo studio della risorsa. Organismi tedeschi, olandesi e programmi delle Nazioni Unite hanno partecipato al progetto.
La base giuridica internazionale
Il diritto internazionale ci permette di riconoscere che non esiste un vuoto giuridico nelle norme e se esistono norme giuridiche applicabili alla gestione delle risorse naturali condivise, la falda acquifera guaranì è accomunabile a queste. È vero che non abbiamo regole specifiche create ad hoc per il sistema acquifero guaranì. La conseguenza è che non è vero che non abbiamo alcuna norma giuridica applicabile a questo sistema di acque sotterranee, ma anche che, se non abbiamo regole per questo sistema in particolare, sono applicabili le norme generali del diritto internazionale consuetudinario e le norme convenzionali applicabili tra gli Stati in cui si trova la falda acquifera.
Il fatto che la risorsa appartiene ai quattro Stati non significa che si dispone di un condominio sulla risorsa. Questa è una risorsa nazionale soggetta ad un sistema di sfruttamento e di gestione dal carattere multilaterale limitato agli Stati titolari della risorsa. Non si tratta di un regime di comproprietà, ma di cogestione.
Nell’agosto 2010 i quattro paesi hanno firmato a San Juan, in Argentina, “l’Accordo sulla falda acquifera guaranì”, tenendo conto della risoluzione 1803 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite relativa alla sovranità permanente sulle risorse naturali, della risoluzione 63/124 dello stesso organismo e di altre risoluzioni menzionate nell’accordo.
Articolo pubblicato sul sito dell’ente di studi in relazioni internazionali Equilibrium Global (http://www.equilibriumglobal.com.ar)
Traduzione: William Bavone
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