Federico Dal Cortivo ha intervistato per Eurasia il Colonnello Irving José Guilarte Figueroa, ex pilota dell’Aeronautica Militare ed ex direttore della scuola di intelligence del SEBIN (Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional). Membro dei Circoli Bolivariani, è istruttore del SEBIN e svolge attività di formazione per la polizia venezuelana.

 

D: Colonnello, gli Stati Uniti sembra che non abbiano mai abbandonato l’idea di rovesciare il legittimo governo del presidente Maduro. Cosa pensa del fatto che la IV Flotta ha radunato navi e truppe da sbarco in prossimità delle acque venezuelane?

R: Le affermazioni politiche delle autorità statunitensi confermano tali piani. Dobbiamo ricordare quello che successe nell’aprile 2002, quando fu organizzato un colpo di Stato e il presidente comandante Hugo Chávez fu arrestato e trasferito su un’isola venezuelana nei Caraibi. In quel momento, a Caracas si autoproclamò presidente Pedro Carmona Estanga, il cui governo fu riconosciuto dagli Stati Uniti e da altri paesi. Quella presidenza fu effimera, durò 48 ore ed Estanga fu costretto a lasciare il palazzo di governo dalla pressione popolare, che spinse per il ritorno del comandante Chávez e fargli riprendere la sua funzione di Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Il presidente Nicolás Maduro Moros, adesso, affronta una situazione simile a quella del 2002, con una pressione militare aeronavale statunitense.

 

D: Gli statunitensi Jeffrey Sachs e John Mearsheimer, esperti di politica internazionale, hanno dichiarato che navi russe si apprestano ad arrivare o sono già arrivate nei porti del Venezuela. Più che una visita di cortesia, sembra un ammonimento a Washington in quello che gli Stati Uniti hanno sempre considerato il loro cortile di casa con la “dottrina Monroe” del 1823. Ci può confermare la notizia? E quale peso strategico potrebbe avere la flotta di Mosca?

Esistono diverse informazioni provenienti dai social media che parlano di un dispiegamento navale della Federazione Russa in Venezuela, ma non c’è alcuna notizia ufficiale da parte delle autorità venezuelane o russe. Va sottolineato che, a mio avviso, non ci sarà uno scontro militare diretto tra gli Stati Uniti e la Federazione Russa. Per quanto riguarda la Dottrina Monroe, l’America Latina continua ad essere considerata dagli Usa il loro “cortile di casa”; in termini politici e geografici, è definibile come la loro area di influenza. E attualmente, purtroppo, è una realtà.

 

D: Caracas ha da tempo ottimi rapporti con la Cina, la Russia e l’Iran. Quale sostegno hanno dato in questi anni da un punto di vista militare ed economico?

 Esistono patti di cooperazione militare con Cina, Russia e Iran. In generale si tratta di accordi per la manutenzione dei sistemi d’arma per la difesa aerea, aeromobili, radar, veicoli blindati, ecc. In altri settori vengono attuati piani di addestramento delle forze militari, produzione di munizioni e armi individuali. L’obiettivo strategico del Venezuela è quello di essere preparato per la difesa del territorio nazionale, poiché il Venezuela non ha mai preso in considerazione un’offensiva contro altri popoli.

 

D: Le sanzioni sono da sempre uno strumento degli Stati Uniti contro chi si oppone alla loro egemonia. Basta ricordare le parole pronunciate a suo tempo da John Bolton, consigliere alla sicurezza, il quale senza mezzi termini affermò che le sanzioni servono per realizzare un cambio di regime. Purtroppo le sanzioni colpiscono innanzitutto la popolazione. Come ha reagito in questi anni il governo bolivariano a questo assedio economico?

R: La Repubblica di Cuba è un esempio del fatto che le misure coercitive non cambiano i governi e che il loro obiettivo è quello di attaccare psicologicamente ed economicamente la popolazione, affinché sia essa stessa a richiedere il cambiamento. La reazione del governo bolivariano alle sanzioni, note come misure coercitive unilaterali, è stata quella di promuovere lo sviluppo della produzione interna e di non dipendere totalmente dalle importazioni, aumentando la produzione petrolifera che, in pochi mesi, ha raggiunto un milione di barili al giorno. La produzione agricola, zootecnica, di caffè e cacao ha registrato una crescita che ha generato eccedenze da esportare. Altri settori di sviluppo sono i prodotti marittimi, come il pesce e il gambero blu da esportazione. Il settore minerario – ferro, alluminio e rame – ha registrato un alto livello di vendite all’estero. Alcuni economisti descrivono questo processo di contrasto alle misure coercitive unilaterali come la transizione del Venezuela da paese petrolifero a non petrolifero.

 

D: Infine, uno sguardo al futuro. Se finirà l’assedio imposto da Washington, il Venezuela, prima nazione al mondo per giacimenti di petrolio e ricchissima di materie prime, quali prospettive di sviluppo potrebbe avere in un mondo che si prospetta sempre più multipolare?

Le prospettive venezuelane sono quelle di continuare con la crescita economica, che secondo le parole del presidente Nicolás Maduro quest’anno raggiungerà il 9%. Dobbiamo continuare a diversificare le esportazioni nel quadro della nuova geopolitica di cooperazione, solidarietà e pace e dobbiamo compiere sforzi per mantenere una politica estera orientata al rafforzamento delle alleanze strategiche nel mondo multipolare.


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Giornalista pubblicista, già direttore della testata italiasociale.net. Come inviato di “Rinascita” ha partecipato nel 2011 a Teheran alla II Conferenza Internazionale su Disarmo, Non Proliferazione Nucleare e Armi Distruttive di Massa organizzata dall’Istituto di Studi Politici e Internazionali di Teheran. Ha collaborato con la radio di Stato iraniana Irib e con l’agenzia di stampa Irna.