Continuano in Giappone gli attriti fra due diverse visioni – che a questo punto potremmo definire geopolitiche – del futuro del Paese; dopo la caduta del Primo Ministro Hatoyama e la sua sostituzione con Naoto Kan, i gruppi rappresentati da questi due protagonisti della politica nipponica continuano a scontrarsi. Se la sostituzione era avvenuta per porre in essere una “normalizzazione” della situazione giapponese (vedi nota sul fondo), ora di nuovo saldamente allineata al suo alleato speciale Usa, le scelte poste in essere con questo nuovo adeguamento continuano a creare polemiche.
Tali attriti più che politici, come accennato, sarebbe il caso di chiamarli geopolitici, se non altro perché i due gruppi citati fanno entrambi parte del Partito Democratico del Giappone (DPJ) e quello che li differisce è l’idea su come sviluppare le relazioni giapponesi.
Il Primo Ministro Kan è oggi accusato dai suoi avversari di essere diventato un “fondamentalista economico” tanto da proporre in tempi rapidi e con poco dibattito l’ingresso di Tokio nella Trans-Pacific Partnership (TPP) come azione principale della costruzione della nazione giapponese nel ventunesimo secolo; oltre al rafforzamento dei rapporti con Australia, Corea del Sud ed Unione Europea è l’ingresso in questo partenariato, per ora con lo status di osservatore, il principale obiettivo di Kan che assicura la decisione di una partecipazione vera entro giugno. Hiromasa Yonekura presidente della potente lobby commerciale Keidanren ha definito l’ingresso nella TPP come una delle questioni più urgenti del Giappone, così da avvicinare le Nazioni del Sud Est Asiatico al Pacifico.
Ma l’ingresso in questo tipo di partenariato, quando mancano ancora rapporti solidi con la gigantesca e vicina Cina, producono anche dubbi e problemi: a causa di questo dovranno essere rimosse le barriere tariffarie e non tariffarie producendo forti sconquassi all’economa interna ancora in recessione e soprattutto comporterebbe una scelta precisa su come sviluppare le relazioni con i vicini.
L’ex Primo Ministro Hatoyama ha infatti affermato: “Penso che il signor Kan ed io condividiamo obiettivi molto simili per quanto riguarda il concetto fondamentale di apertura del nostro paese, ma forse abbiamo idee diverse sui metodi da adottare”
E confermando una visione geopolitica alternativa, che aveva potuto sottolineare con le intenzioni di avvicinare il Giappone alle altre nazioni asiatiche e rivedere i discutibili rapporti poco sovrani con gli Stati Uniti, ha aggiunto:
“Il TPP potrebbe avere implicazioni molto forti per l’agricoltura, l’assicurazione, la finanza e il settore dei media”. “Credo fondamentalmente che, piuttosto di aprire improvvisamente e drasticamente le nostre porte, è più naturale e a lungo termine più vantaggioso per il Giappone, mettere a fuoco specialmente il nostro rapporto con l’Asia. Credo che questo sia anche l’approccio che le nazioni asiatiche intendono prendere”.
Inoltre altre critiche puntano l’attenzione sul precedente fondamentalismo economico dei primi anni 2000 (con il Primo Ministro Koizumi), che considerava l’apertura al libero mercato promosso da Washington come la cura per ogni male, ma che, come i giapponesi ricordano bene, non ha prodotto altro che recessione; così oggi una manovra di questo tipo può essere di nuovo vista come allineata agli interessi statunitensi, visto che gli Stati Uniti e il Giappone nel TPP arriverebbero al 90% del Pil complessivo. L’economista Masaru Kaneko ha chiaramente affermato: “Lo scopo nascosto delle riforme strutturali di Koizumi era quello di assistere il governo degli Stati Uniti nelle sue richieste. Ma l’attuale caso è molto diverso. Assistere il governo degli Stati Uniti nelle sue richieste è lo scopo evidente del TPP”. “Questo è più Koizumi di Koizumi stesso”.
Sembra quindi confermarsi che la fazione “atlantista”, dopo la caduta di Hatoyama, continui ad avere il sopravvento e questo è ulteriormente ribadito dalle parole del Segretario della Difesa Usa Robert Gates, che nella recente visita in Giappone, ha avuto parole moderate e concilianti sul problema di Okinawa, dove un anno fa, durante le polemiche con l’ex ministro, sembrava minacciare la popolazione dell’isola e di tutto l’arcipelago nipponico.
Matteo Pistilli è redattore di Eurasia.
Per ricostruire l’evoluzione della politica estera giapponese nell’ultimo anno è utile navigare a ritroso attraverso le note da questo contributo: http://www.eurasia-rivista.org/7469/giappone-nuove-linee-guida-di-difesa-nazionale-dettate-da-washington
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