Alla fine del mandato del proprio governo, Gerhard Schröder esprime il proprio timore per un eventuale ricaduta in negativo delle relazioni proficue avviate con il vicino orientale. Timori senz’altro fondati se si pensa che Angela Merkel, alla guida dell’Unione Cristiano-Democratica, era stata a suo tempo tra i più strenui oppositori alle relazioni con la Russia. Di contro, appena finito il suo mandato politico, Schröder accetta la nomina da parte di Gazprom a capo del consorzio di North Stream AG, quella che si occuperà della costruzione del gasdotto che attraversa oggi il mar Baltico, facendo della Germania il principale distributore di gas russo nella regione europea.
Una volta insediatasi alla cancelleria, tuttavia, Angela Merkel dimostrerà la consapevolezza della svolta politica impressa alla relazione fra i due paesi negli ultimi cinque anni. Cambieranno i toni, cambierà lo stile del rapporto, non più incentrato sull’amicizia diretta dei due capi di Stato, bensì dalla consapevolezza dell’esistenza di alcuni obiettivi a breve termine compatibili, ma non cambierà la sostanza. Il progetto North Stream va avanti senza interruzioni, e così l’interrelazione economica e commerciale fra le due potenze. A testimoniare l’intento di continuità vi è l’affidamento del ministero degli esteri a Frank Walter Steinmeiner, membro del partito socialdemocratico (SPD) e già segretario di Stato durante la presidenza di Schröder. Durante il governo di quest’ultimo, Steinmeiner si era mostrato sin da subito comprensivo nei confronti della politica voluta dal cancelliere, appoggiando anch’egli l’intensa amicizia con il governo di Vladimir Putin.
Il riequilibrio del governo Merkel
Messi in secondo piano, sacrificati sull’altare del pragmatismo politico, i diritti civili e individuali, secondo alcune ONG calpestati in Russia, tornano alla ribalta con l’insediamento della nuova cancelleria. Il 16 giugno 2006 vi è il primo viaggio a Mosca del nuovo capo di Stato tedesco, solo successivamente tuttavia alla visita a Washington. Un messaggio, questo, che scopre subito le carte, lasciando intendere l’intenzione del governo di ricostruire anche un rapporto equilibrato con l’altra sponda dell’oceano, rapporto che con il governo precedente si era andato deteriorando, soprattutto dopo l’opposizione tedesca all’attacco statunitense all’Iraq. All’incontro di Mosca si parla di Cecenia e di Organizzazioni Non Governative. Su quest’ultimo tema tra l’altro Putin si mostra piuttosto seccato, a seguito dell’incontro, dichiarando sarcasticamente che “è sempre un piacere quando i nostri partner si preoccupano per i nostri affari interni”[1]. A differenza di Schröder, Angela Merkel s’incontra più volte anche con l’opposizione, istituzionale e non, il che naturalmente avrà l’effetto di inacidire l’amministrazione russa ma, di contro, alleggerire quella statunitense. Un abile doppiogioco che mostra l’intenzione tedesca di districarsi all’interno di spazi geopolitici prestabiliti, fra l’alleanza militare della NATO, il rapporto politico con gli Stati Uniti, e quello economico ed energetico con la Russia. Il 9 ottobre i rappresentanti dei due paesi si rincontrano, questa volta a Dresda. Qui i toni si fanno più pacati, ed entrambi i capi di Stato si diranno successivamente soddisfatti. Viene ritrovata la vicinanza delle proprie posizioni su varie tematiche allora in auge, tra cui la questione nucleare dell’Iran, su cui entrambi i paesi dichiarano di voler lavorare diplomaticamente e sulla Corea del Nord, il cui allora recente test nucleare viene fermamente condannato da entrambe le nazioni. A migliorare in quegli anni, tuttavia, è soprattutto l’interrelazione economica. Nel 2011 la major tedesca Wintershall ottiene l’ingresso diretto alla produzione di gas in Russia. Al contempo la E. ON acquisisce, per 1,2 miliardi di dollari, il 25% del nuovo consorzio gasifero Juzno-Russkoe, da poco istituito nella Siberia occidentale. Oltre a ciò, E. ON acquista anche il 70% della compagnia OGK-4, nata dalla divisione del gigante elettrico RaoEes, per 6 miliardi, divenendo così il secondo investitore estero nel settore energetico, secondo solo alla BP britannica[2].
Per quanto riguarda strettamente la geopolitica, invece, il governo Merkel si mantiene equidistante fra le posizioni di Stati Uniti e Russia, anche approfittando della presidenza del più morbido Dimitrij Medvedev. Nel 2011 tuttavia, con lo scoppio della crisi siriana e l’intensificarsi dell’attività diplomatica mediatrice della Russia, nel tentativo di evitare un aggressione ai danni della repubblica araba, la Germania assume posizioni non troppo accondiscendenti nei confronti di Barack Obama. Il governo tedesco infatti esprime la sua contrarietà per un intervento militare, dichiarandosi invece favorevole a quella che viene considerata l’unica soluzione possibile, una soluzione politica[3]. A dimostrazione dell’incertezza e della timidezza della politica estera del governo Merkel vi è comunque la nuova, recente, presa di posizione. Al G20 di San Pietroburgo di qualche giorno fa infatti, la Germania è stata tra i firmatari dell’appello di Obama per un eventuale attacco alla Siria[4]. Questo a seguito del presunto utilizzo di armi chimiche, della cui responsabilità, pur privi di prove inconfutabili, gli Stati Uniti accusano immediatamente il governo di Bashar Al-Assad. Si tratta tuttavia di un documento, quello firmato anche dall’Italia, che esprime solamente un’astratta volontà di non lasciare impunito l’utilizzo delle armi chimiche. Non vi è nessuna dichiarazione in direzione dell’uso della forza ai danni della nazione siriana, sin dall’inizio avversato dalla Germania e, con più decisione, dalla Russia. La recente proposta russa, quella di porre sotto controllo internazionale l’arsenale chimico del governo siriano, è stata accolta a Berlino con la stessa tiepidezza con cui l’ha accolta Washington. La Germania, insomma, non si è esposta eccessivamente nemmeno nella situazione siriana, non arrischiandosi in dichiarazioni fin troppo unilaterali. Questo, nonostante la preoccupazione espressa proprio dai servizi segreti tedeschi di un ritorno di fiamma del terrorismo, attualmente operante in Siria, in Europa.
Qualche principio di rottura si è notato nella questione dello scandalo dello spionaggio da parte statunitense dei propri alleati. Secondo quanto espresso dal “Guardian”, la Germania è il paese più spiato in Europa[5], questo probabilmente è dovuto soprattutto alla profonda interrelazione economica che il paese sta costruendo non solo con la Russia, ma anche con la Cina e con l’Est in generale, in cerca di mercati su cui espandere la propria offerta produttiva. In tale contesto, tra l’altro, l’opposizione tedesca si è mossa sin da subito per richiedere approfondimenti al riguardo. I toni si sono tuttavia momentaneamente smorzati, anche se appare certo che ad alcuni settori politici del paese lo scandalo non sia assolutamente andato giù.
Conclusioni
In conclusione, sin dalla guerra fredda, appare evidente come l’epicentro su cui ruota la politica estera europea, in primis quella tedesca, rimanga senza dubbio oltreoceano. Certo è che l’espansione economica della Germania richiederà ben presto un ripensamento in senso geopolitico. Le alleanze tattiche saranno sufficienti finché si tratterà di scambi commerciali o di interdipendenze energetiche, ma, per continuare a guardare ai mercati dell’Est, alla Germania non sarà più sufficiente districarsi in maniera equidistante fra i due poli, al momento in duro contrasto, soprattutto per quanto riguarda la regione mediterranea. La Germania, già potenza geoeconomica indiscutibile, continua a rimandare sine die la sua strutturazione come polo geopolitico di riferimento, in particolare per l’Europa[6]. Il tempo stringe e la decisione della cancelleria tedesca non può più essere rimandata a lungo. Di contro, la Russia sembra sulla via di recuperare una decisa identità geopolitica, pur limitata ad un contesto regionale e meramente difensivo, di contrasto all’unipolarismo declinante degli Stati Uniti. Per ora insomma, il vero partner strategico della Germania rimane Washington, nonostante gli alti e bassi registrati negli ultimi anni e, senz’altro, il paese continua a guardare a Bruxelles come punto focale della propria politica, dettata in primis dalle esigenze economiche. Tuttavia, non è sicuro che la posizione tedesca rimanga a lungo questa. Innanzitutto poiché un sistema economico del genere, con l’arricchimento centrale a spese di un impoverimento eccessivo della periferia europea, non è a lungo sostenibile. Porta certamente benefici a breve termine, ma si ripercuote nella crescita e nell’equilibrio futuri. In secondo luogo, perché gli interessi geopolitici delle tue potenze telluriche sono senz’altro concomitanti in numerosi punti ed ad impedirne la convergenza è più che altro la contingenza storica e politica. Essendo entrambe potenze continentali ed eurasiatiche, è inevitabile d’altronde che geograficamente i due paesi siano destinati ad un riavvicinamento. Il prezzo di un mancato riequilibrio in tale direzione è sicuramente alto, per entrambi. Concretamente, inoltre, i punti di contrasto finora oscurati in maniera egregia tra Stati Uniti e Germania sono numerosi. A dimostrarlo vi è l’opposizione da parte tedesca, a suo tempo, dell’ingresso di Georgia e Ucraina nel patto militare della NATO. A conferma dell’intenzione tedesca di non provocare eccessivamente l’eventuale reazione russa, vi è la tiepida reazione all’indomani della rivoluzione arancione che portò al mutamento di regime ucraino in senso anti-russo, una reazione in profondo contrasto con l’entusiasmo euro-atlantico. Persino il governo Merkel, come già notato molto più tiepido nei confronti della Russia, si è mostrato freddo in occasione della guerra dei cinque giorni, che ha opposto la Russia alle truppe georgiane che avevano aggredito l’Ossezia del Sud. Un altro esempio chiarificatore è il tentativo della Germania di includere la Russia nel progetto Nabucco, un inclusione che avrebbe intaccato il senso stesso del progetto, costituito proprio per contrastare l’influenza energetica russa. Va ricordato inoltre che, a suo tempo, la Germania si era messa da parte in occasione dell’intervento occidentale contro la Libia[7].
Sono tutti piccoli segnali positivi che, messi insieme, danno l’idea delle anime contrastanti che condizionano la politica tedesca. Certo la storia, la geografia e in particolare l’economia sembrano spingere il paese verso la Russia, ma l’ancoraggio al sistema di sicurezza occidentale, che dura sin dal 1952, e alla struttura europea, risalente sempre al dopoguerra (la dichiarazione Schuman, cui seguirà l’istituzione della CECA, è del 1950). Sistemi in cui la Germania è stata volutamente inserita sin dal dopoguerra, al fine di eliminarne l’iniziativa politica ed inserirla con sicurezza nel sistema euroatlantico. L’unico modo che ha la Germania di uscirne è la piena collaborazione con la Russia e con i BRICS per costruire i “mattoni per un mondo multipolare”, parafrasando le parole di Putin. Un multipolarismo che lascerebbe lo spazio sufficiente alle potenze regionali e ridarebbe respiro alla politica estera tedesca ed europea in generale. Ma per far questo occorrono la consapevolezza e la volontà.
*Marco Zenoni è laureando in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia
[1] “Limes”, 6, 2006, Non solo saune. Mosca e Berlino sono partner veri
[2] “Limes”, 4 , 2011, L’asse Berlino-Mosca è più solido che mai
[3] http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/24/siria-obama-convoca-consiglieri-sul-tavolo-anche-azione-militare-come-in-kosovo/691144/
[4] http://www.blitzquotidiano.it/politica-mondiale/siria-germania-firma-appello-usa-12-paesi-con-obama-se-attacchera-1659226/
[5] http://www.linkiesta.it/nsa-obama-berlino
[6] http://www.eurasia-rivista.org/i-mercati-e-la-questione-tedesca/18214/
[7] http://www.balkanstudies.org/blog/beyond-strategic-partnership-neo-bismarckian-paradigm-german-russian-relations
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