Fonte: http://lautjournal.info/ 22 Gennaio 2010
Da quando gli Stati Uniti armano ed equipaggiano la Colombia, sembra che questo paese sia pronto a compiere la sua parte del contratto: portare la guerra nel Venezuela di Hugo Chavez e, quindi, a colpire a morte il processo d’indipendenza Latinoamericana, vecchio di appena dieci anni.
Il 30 novembre scorso, l’ex Vice Presidente venezuelano, José Vicente Ranger, ha avvertito che gli alti comandi militari colombiani tiene da parte un piano per bombardare il territorio venezuelano, con il pretesto che ospita i gruppi della guerriglia. Poi, durante la conferenza di Copenaghen, Chavez ha rivelato che il governo dei Paesi Bassi ha lasciato gli Stati Uniti preparare un’aggressione militare contro il Venezuela dalle isole di Aruba, Curacao e Bonaire, tre possedimenti olandesi situati nelle acque territoriali venezuelane. Facendo credere alla popolazione che il Venezuela minaccia di invadere le loro isole, gli Stati Uniti li hanno “armato fino ai denti” e “riempito di aerei da guerra, assassini, spie della Cia e dei servizi segreti Nordamericani”, ha detto Chavez. Allo stesso tempo, il governo colombiano di Alvaro Uribe ha aumento la tensione, aggiungendo alle perenni accuse che il Venezuela sostiene i guerriglieri e i trafficanti di droga colombiani, la paura di un’aggressione da Caracas, per via dei suoi crescenti acquisti di armi. Il 20 e 21 dicembre, l’esercito venezuelano ha abbattuto dei droni che erano entrati nello spazio aereo del paese dalla Colombia e dalle isole olandesi. Gli aerei contenevano materiale fotografico e registrazioni dettagliate sulle autorità venezuelane. Poi, dopo l’incidente di frontiera del 3 novembre 2009, in cui dei paramilitari colombiani hanno ucciso due agenti della Guardia Nazionale venezuelana e l’invio successivo di 15.000 soldati del Venezuela, per “chiudere le frontiere”, il ministro della difesa colombiano ha annunciato la costruzione di una nuova base militare. Sarà eretta nella penisola de La Guayas, a pochi chilometri dal centro petrolifero venezuelano. Nel frattempo, le forze colombiane hanno attivato sei nuovi battaglioni dell’aviazione, due dei quali lungo la frontiera con il Venezuela, e un settimo per le operazioni speciali.
Il confine colombiano-venezuelano è lungo 2.219 km, di cui più della metà è coperta di foreste. Le truppe venezuelane arrivano in ritardo, perché da lungo tempo i paramilitari colombiani attraversano il confine! Ciò ha permesso a questi criminali di stringere un legame forte nel sud-ovest andino del Venezuela. Grazie a loro, dice Wilfredo Baragan, leader del club Bolivariano giovanile, i nuovi gruppi paramilitari colombiani, le Aquile Nere e le Aquile Dorate, controllano politicamente delle reti già esistenti in Venezuela. Per Juan Carlos Tanus, direttore dell’organizzazione ‘Colombiani in Venezuela’, un gruppo di sostegno agli immigrati colombiani, molti paramilitari colombiani entrano in Venezuela dal settore informale, posando da venditori e acquistando delle piccole imprese. Poi si uniscono a piccole bande di criminali che, con il sostegno delle strutture paramilitari e anti-Chavez già in azione, arrivano a controllare il business, il più delle volte il traffico di droga e lo strozzinaggio, che li portano fino alla capitale, Caracas.
José Vicente Rangel ha detto che più di 7.000 paramilitari colombiani sono attivi in Venezuela, e che i loro ‘fronti’, oltre al traffico di droga, sono il sequestro di persona, il riciclaggio di denaro e il traffico di armi. A Caracas, ha detto, i paramilitari operano sui fronti El Hatillo, Miranda, Urbano Petare e Avanzada Chacao. Queste attività, in particolare il traffico di droga e di armi, sono molto pericolosi per il Venezuela, ha detto Alexei Paez Cordero, direttore del Centro Andino di Studi Strategici (CENAE), dal momento che l’asse Washington-Bogotà sta cercando di suggerire che Caracas sostiene i trafficanti di droga e i guerriglieri colombiani. Il governo di Chavez, dice Cordero, deve assolutamente evitare, ad esempio, che armi venezuelane finiscano nelle mani delle FARC.
L’obiettivo degli Stati Uniti è una sporca guerra che, dopo anni di violenza indiscriminata e caotica, corruzione e decadenza delle istituzioni politiche, farebbe crollare il regime di Chavez dall’interno. I paramilitari colombiani sono la strategia principale per un’erosione del processo bolivariano. I principali media ne sono un altro, che mettono espressamente l’accento sugli appelli del Presidente Chavez a prepararsi alla guerra e gli insulti che pronuncia contro gli “Yankees”. Per il direttore della CENAE, questi appelli e insulti sono politicamente inutili. Essi fanno il gioco della strategia imperialista che mira a presentare Chavez come un aggressore, invece di Uribe, che tuttavia è autore di un’alleanza politico-militare con gli Stati Uniti. Cordero ha inoltre osservato che il duo Colombia-Stati Uniti cerca di dividere i suoi vicini per prevenire la formazione di un blocco di difesa e sicurezza collettiva andina o sud-americana. Così, mentre avvelena le relazioni con il Venezuela, il governo colombiano riprendere le relazioni diplomatiche con l’Ecuador. Questo spiega la velocità (anche prima del termine!) e lo spirito di collaborazione straordinario da parte degli Stati Uniti nel ritirare la base militare di Manta, dopo essere stato espulso dal presidente Rafael Correa.
La guerra andina è già qui, dice Cordero, ma invece di penetrare le difese dei paesi presi di mira (Venezuela, Ecuador e Bolivia), si cercherà piuttosto d’infiltrarli; i servizi segreti e i responsabili della sicurezza interna di questi paesi sono chiamati a svolgere un ruolo cruciale. Ad esempio, grazie ad elementi corrotti dell’esercito ecuadoriano che, nell’agosto 2008, il bombardamento di un campo delle FARC, in Ecuador, ebbe successo, uccidendo Raul Reyes, il numero due dei guerriglieri, e silurando il processo di liberazione degli ostaggi, che metteva in cattiva luce l’intransigenza del governo colombiano. Secondo la commissione d’inchiesta ecuadoriana su questi eventi, i militari alla direzione dell’intelligence delle forze di terra dell’Ecuador, hanno permesso agli agenti colombiani di avvicinarsi a Reyes, per offrirgli un libro che conteneva un dispositivo di monitoraggio elettronico via satellite, col quale gli aerei colombiani sono stati in grado di identificare il loro obiettivo. Dopo l’operazione, questi stessi elementi in Ecuador hanno agevolato l’accesso al campo bombardato dell’esercito colombiano, e ad hanno tanto tardato nell’allertare il governo ecuadoriano, che ha potuto tranquillamente rimuovere i corpi e gli oggetti che li interessava, come il famoso computer Reyes, che non finisce di rivelare ciò che Washington vuole sentirsi dire.
I cavalli di Troia colombiani in Venezuela, ha detto Cordero, sono numerosi e potenti: i paramilitari, i servizi segreti colombiani supportati dal Mossad israeliano e dalla CIA, i media dei due paesi, i gruppi dell’opposizione venezuelana finanziata dagli Stati Uniti, i governatori e i poliziotti statali, ecc. Al contrario, “i governi Chavez, Correa e Morales non sembrano essere consapevoli della gravità della minaccia. Hanno troppi pochi contatti con le [rispettive] autorità della sicurezza, dell’intelligence e della difesa, e quando lo fanno, “sono caratterizzati da improvvisazione con un candore e una ingenuità sorprendenti.”
Il 30 novembre scorso, l’ex Vice Presidente venezuelano, José Vicente Ranger, ha avvertito che gli alti comandi militari colombiani tiene da parte un piano per bombardare il territorio venezuelano, con il pretesto che ospita i gruppi della guerriglia. Poi, durante la conferenza di Copenaghen, Chavez ha rivelato che il governo dei Paesi Bassi ha lasciato gli Stati Uniti preparare un’aggressione militare contro il Venezuela dalle isole di Aruba, Curacao e Bonaire, tre possedimenti olandesi situati nelle acque territoriali venezuelane. Facendo credere alla popolazione che il Venezuela minaccia di invadere le loro isole, gli Stati Uniti li hanno “armato fino ai denti” e “riempito di aerei da guerra, assassini, spie della Cia e dei servizi segreti Nordamericani”, ha detto Chavez. Allo stesso tempo, il governo colombiano di Alvaro Uribe ha aumento la tensione, aggiungendo alle perenni accuse che il Venezuela sostiene i guerriglieri e i trafficanti di droga colombiani, la paura di un’aggressione da Caracas, per via dei suoi crescenti acquisti di armi. Il 20 e 21 dicembre, l’esercito venezuelano ha abbattuto dei droni che erano entrati nello spazio aereo del paese dalla Colombia e dalle isole olandesi. Gli aerei contenevano materiale fotografico e registrazioni dettagliate sulle autorità venezuelane. Poi, dopo l’incidente di frontiera del 3 novembre 2009, in cui dei paramilitari colombiani hanno ucciso due agenti della Guardia Nazionale venezuelana e l’invio successivo di 15.000 soldati del Venezuela, per “chiudere le frontiere”, il ministro della difesa colombiano ha annunciato la costruzione di una nuova base militare. Sarà eretta nella penisola de La Guayas, a pochi chilometri dal centro petrolifero venezuelano. Nel frattempo, le forze colombiane hanno attivato sei nuovi battaglioni dell’aviazione, due dei quali lungo la frontiera con il Venezuela, e un settimo per le operazioni speciali.
Il confine colombiano-venezuelano è lungo 2.219 km, di cui più della metà è coperta di foreste. Le truppe venezuelane arrivano in ritardo, perché da lungo tempo i paramilitari colombiani attraversano il confine! Ciò ha permesso a questi criminali di stringere un legame forte nel sud-ovest andino del Venezuela. Grazie a loro, dice Wilfredo Baragan, leader del club Bolivariano giovanile, i nuovi gruppi paramilitari colombiani, le Aquile Nere e le Aquile Dorate, controllano politicamente delle reti già esistenti in Venezuela. Per Juan Carlos Tanus, direttore dell’organizzazione ‘Colombiani in Venezuela’, un gruppo di sostegno agli immigrati colombiani, molti paramilitari colombiani entrano in Venezuela dal settore informale, posando da venditori e acquistando delle piccole imprese. Poi si uniscono a piccole bande di criminali che, con il sostegno delle strutture paramilitari e anti-Chavez già in azione, arrivano a controllare il business, il più delle volte il traffico di droga e lo strozzinaggio, che li portano fino alla capitale, Caracas.
José Vicente Rangel ha detto che più di 7.000 paramilitari colombiani sono attivi in Venezuela, e che i loro ‘fronti’, oltre al traffico di droga, sono il sequestro di persona, il riciclaggio di denaro e il traffico di armi. A Caracas, ha detto, i paramilitari operano sui fronti El Hatillo, Miranda, Urbano Petare e Avanzada Chacao. Queste attività, in particolare il traffico di droga e di armi, sono molto pericolosi per il Venezuela, ha detto Alexei Paez Cordero, direttore del Centro Andino di Studi Strategici (CENAE), dal momento che l’asse Washington-Bogotà sta cercando di suggerire che Caracas sostiene i trafficanti di droga e i guerriglieri colombiani. Il governo di Chavez, dice Cordero, deve assolutamente evitare, ad esempio, che armi venezuelane finiscano nelle mani delle FARC.
L’obiettivo degli Stati Uniti è una sporca guerra che, dopo anni di violenza indiscriminata e caotica, corruzione e decadenza delle istituzioni politiche, farebbe crollare il regime di Chavez dall’interno. I paramilitari colombiani sono la strategia principale per un’erosione del processo bolivariano. I principali media ne sono un altro, che mettono espressamente l’accento sugli appelli del Presidente Chavez a prepararsi alla guerra e gli insulti che pronuncia contro gli “Yankees”. Per il direttore della CENAE, questi appelli e insulti sono politicamente inutili. Essi fanno il gioco della strategia imperialista che mira a presentare Chavez come un aggressore, invece di Uribe, che tuttavia è autore di un’alleanza politico-militare con gli Stati Uniti. Cordero ha inoltre osservato che il duo Colombia-Stati Uniti cerca di dividere i suoi vicini per prevenire la formazione di un blocco di difesa e sicurezza collettiva andina o sud-americana. Così, mentre avvelena le relazioni con il Venezuela, il governo colombiano riprendere le relazioni diplomatiche con l’Ecuador. Questo spiega la velocità (anche prima del termine!) e lo spirito di collaborazione straordinario da parte degli Stati Uniti nel ritirare la base militare di Manta, dopo essere stato espulso dal presidente Rafael Correa.
La guerra andina è già qui, dice Cordero, ma invece di penetrare le difese dei paesi presi di mira (Venezuela, Ecuador e Bolivia), si cercherà piuttosto d’infiltrarli; i servizi segreti e i responsabili della sicurezza interna di questi paesi sono chiamati a svolgere un ruolo cruciale. Ad esempio, grazie ad elementi corrotti dell’esercito ecuadoriano che, nell’agosto 2008, il bombardamento di un campo delle FARC, in Ecuador, ebbe successo, uccidendo Raul Reyes, il numero due dei guerriglieri, e silurando il processo di liberazione degli ostaggi, che metteva in cattiva luce l’intransigenza del governo colombiano. Secondo la commissione d’inchiesta ecuadoriana su questi eventi, i militari alla direzione dell’intelligence delle forze di terra dell’Ecuador, hanno permesso agli agenti colombiani di avvicinarsi a Reyes, per offrirgli un libro che conteneva un dispositivo di monitoraggio elettronico via satellite, col quale gli aerei colombiani sono stati in grado di identificare il loro obiettivo. Dopo l’operazione, questi stessi elementi in Ecuador hanno agevolato l’accesso al campo bombardato dell’esercito colombiano, e ad hanno tanto tardato nell’allertare il governo ecuadoriano, che ha potuto tranquillamente rimuovere i corpi e gli oggetti che li interessava, come il famoso computer Reyes, che non finisce di rivelare ciò che Washington vuole sentirsi dire.
I cavalli di Troia colombiani in Venezuela, ha detto Cordero, sono numerosi e potenti: i paramilitari, i servizi segreti colombiani supportati dal Mossad israeliano e dalla CIA, i media dei due paesi, i gruppi dell’opposizione venezuelana finanziata dagli Stati Uniti, i governatori e i poliziotti statali, ecc. Al contrario, “i governi Chavez, Correa e Morales non sembrano essere consapevoli della gravità della minaccia. Hanno troppi pochi contatti con le [rispettive] autorità della sicurezza, dell’intelligence e della difesa, e quando lo fanno, “sono caratterizzati da improvvisazione con un candore e una ingenuità sorprendenti.”
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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