Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=TRE20110215&articleId=23233
“Se [la gente] presterà poca attenzione agli affari pubblici una volta, io e voi, il Congresso e le Assemblee, i giudici ed i Governatori, diventeremo tutti lupi. Sembra essere la legge della nostra natura, nonostante le eccezioni individuali.” Thomas Jefferson (1743-1826), Terzo Presidente degli Stati Uniti.
“Se il popolo americano permetterà alle banche private di controllare l’emissione della sua valuta, prima con l’inflazione e poi con la deflazione, le banche e le corporazioni che gli cresceranno intorno priveranno il popolo di tutte le sue proprietà, finché i suoi figli si sveglieranno senza casa sul continente che hanno conquistato i loro padri.” Thomas Jefferson (1743-1826), Terzo Presidente degli Stati Uniti
[La corruzione nelle alte sfere seguirebbe dal momento che] “tutta la ricchezza è racchiusa in poche mani, la Repubblica è distrutta.” Abraham Lincoln (1809-1865), sedicesimo Presidente degli Stati Uniti
“Quando la rapina diventa lo stile di vita per un gruppo di uomini che vivono insieme all’interno di una società, col passare del tempo, essi creeranno un sistema legale che la autorizzi ed un codice morale che la glorifichi.” Frederic Bastiat (1801-1850), economista francese
“L’inflazione qui negli Stati Uniti è molto, molto bassa.” Ben Bernanke, Presidente della FED, Giovedì 10 Febbraio 2011
Iniziamo con qualche indicatore di riferimento macroeconomico.
Nell’Ottobre 2010, il valore mondiale della produzione totale (tutti i Prodotti Interni Lordi o PIL) è stato stimato in 61.96 trilioni di dollari al valore nominale corrente. Il PIL degli Stati Uniti è stato stimato a 16.11 trilioni di dollari, ovvero il 26% del PIL mondiale. [http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_future_GDP_(nominal)_estimates ]
I due maggiori mercati finanziari in termini di valori di cambio sono il mercato globale di cambio estero (mercati in tutte le valute), che ha un volume d’affari giornaliero medio in cambi di transazioni globali estere di 4 trilioni di dollari al giorno, ed il mercato mondiale dei derivati, per lo più deregolamentato e con scambi in base a trattative private (tutti i mercati dei derivati) i cui eccezionali contratti sono stati stimati, dalla Banca dei Regolamenti Internazionali in Svizzera, avere complessivamente a livello mondiale un valore nozionale o nominale di circa 791 trilioni di dollari nel 2010. [http://en.wikipedia.org/wiki/Foreign_exchange_market][http://en.wikipedia.org/wiki/Stock_market ]
In termini di ricchezza reale, comunque, i due mercati finanziari più importanti sono il Mercato Mondiale delle Obbligazioni [http://en.wikipedia.org/wiki/Bond_market] ed il Mercato Mondiale delle Azioni.[http://www.world-exchanges.org/news-views/press-releases/-world-federation-exchanges-publishes-2010-market-statistics] Nel 2009 ad esempio, il mercato globale delle obbligazioni ha avuto l’eccezionale valore di 91 trilioni di dollari americani, assieme al mercato U.S.A. delle obbligazioni, del valore di 35.5 trilioni di dollari americani, diventando il più grande mercato interno di obbligazioni. – A metà del 2010, la capitalizzazione del mercato globale delle partecipazioni sugli scambi regolati è stata stimata in 54.9 trilioni di dollari, con il mercato azionario degli U.S.A. del valore di 19.8 trilioni di dollari americani.
Con una tale quantità di beni finanziari, è comprensibile che i cambiamenti nei prezzi ed i tassi di interesse abbiano effetti importanti su ogni mercato. Se i tassi d’interesse a lungo termine salgono, il valore nominale delle obbligazioni scende, e al contrario, quando i tassi d’interesse sono in ribasso, il prezzo delle obbligazioni sale. Per quanto riguarda le azioni, molti fattori, come i rendimenti della compagnia, le prospettive di profitti futuri e le previsioni dell’inflazione, così come le considerazioni politiche e di tassazione, possono influenzare il loro valore. In generale, comunque, tendono ad andare meglio quando i tassi d’interesse a breve termine sono bassi piuttosto che alti.
Qualche volta questi due importanti mercati finanziari si muovono insieme, specialmente in una condizione di disinflazione generale, quando i tassi di interesse tendono a diminuire. Tendono a scendere contemporaneamente quando i tassi di interesse reali salgono, quindi i prezzi delle obbligazioni e delle azioni crollano.[ http://www.investopedia.com/terms/r/realinterestrate.asp ]
A volte comunque, possono muoversi in direzioni diverse, specialmente durante la fase iniziale di un periodo inflazionistico, essendo questa inaspettata inflazione positiva per il mercato delle azioni ma negativa per il mercato delle obbligazioni. E’ stato il caso dell’autunno passato, con il mercato delle obbligazioni in caduta e il mercato delle azioni in salita. La domanda è quanto questo sdoppiamento possa durare.
Come può inserirsi in una simile condizione di inflazione imminente, la politica monetaria della FED, e cosa dovrebbe fare?
Lo scorso 3 novembre, il giorno dopo le elezioni di medio termine del 2010, la Fed di Bernanke ha annunciato che si sarebbe imbarcata in un secondo turno di alleggerimento quantitativo (QE2) [ http://www.globalpost.com/dispatch/the-americas/101105/federal-reserve-600-billion-banking ] una parola sofisticata che significa stampare nuova moneta in cambio di obbligazioni governative – in altre parole, monetizzare il debito pubblico. Sembra che il Presidente Bernanke ed il consiglio di amministrazione della FED abbiano sentito che mesi di prestiti di trilioni di dollari alle maggiori banche americane a tasso d’interesse quasi zero, pagando lo 0.25% per tenere le loro riserve in eccesso sui suoi libri, non fosse abbastanza. Hanno annunciato che la Fed avrebbe acquistato obbligazioni del Tesoro del valore di 600 miliardi di dollari fino a giugno 2011, reinvestendo circa 300 miliardi dei principali pagamenti dal proprio portfolio azionario di titoli garantiti da prestiti ipotecari.
Facendo questo, la Fed ha dichiarato di seguire due obiettivi in qualche modo correlati; 1- abbassare i tassi d’interesse reali così da stimolare l’attività economica e creare impiego; e 2- aumentare contemporaneamente le aspettative sull’inflazione per poter evitare gli effetti della deflazione sul rapporto di indebitamento degli USA.
Si dovrebbe ricordare che dal 1913 al 1977, la Fed ha avuto un solo obiettivo da raggiungere, cioè la stabilità dei prezzi. Al momento, comunque, la Fed ha ufficialmente un mandato doppio. Difatti, dal 1977, la rettifica al Federal Reserve Act del 1913 [ http://www.answers.com/topic/federal-reserve-act ] stipula che la banca centrale americana deve determinare la sua politica monetaria in modo da promuovere l’occupazione mantenendo la stabilità dei prezzi. Riporta che la Fed deve promuovere “la massima occupazione, prezzi stabili, e modesti tassi d’interesse a lungo termine.”
Di certo, una banca centrale in un sistema monetario a corso legale può sempre creare inflazione attraverso una politica monetaria e
la stampa di banconote ma, in un’economia di mercato, questo ha poca influenza nella creazione di posti di lavoro e sui tassi d’interesse a lungo termine. L’occupazione dipende dagli investimenti, dall’innovazione e dalle opportunità di mercato nazionali ed estere, mentre i tassi d’interesse a lungo termine dipendono dall’aumento dei risparmi disponibili, dalle offerte di investimento e dalle aspettative d’inflazione a lungo termine, tutti fattori che sono più o meno fuori dalla portata della banca centrale. E’ facile illudersi pensando l’opposto, ma la realtà è questa.
Ciò che la Fed può certamente fare, comunque, è creare inflazione espandendo la base monetaria [http://en.wikipedia.org/wiki/Money_supply ] e la scorta di denaro; può anche imperare nell’inflazione drenando liquidità dal sistema. Se si esagera per un verso o per l’altro, si possono anche creare bolle speculative [http://en.citizendium.org/wiki/Asset_price_bubble] mantenendo i tassi prefissati d’interesse a breve termine troppo bassi troppo a lungo, oppure si può creare una stretta del credito [ http://en.wikipedia.org/wiki/Credit_crunch ] frenando troppo sulla creazione di credito, solitamente nella fretta di correggere l’errore precedente.
Questi movimenti della politica monetaria a breve termine sono molto destabilizzanti per l’economia reale, a volte creano un boom temporaneo; a volte un ribasso economico. Sono anche accompagnati da ingenti trasferimenti di ricchezza tra creditori e debitori.
Innanzitutto, quando la Fed (o qualunque banca centrale se è per questo) crea troppo denaro comprando beni finanziari e scrivendosi assegni, ne derivano inflazione e aspettative di inflazione. Questo abbassa i tassi di interesse a breve termine e alza quelli a lungo termine (innalzarsi della curva di rendimento) [ http://en.wikipedia.org/wiki/Yield_curve ] ed il prezzo dei buoni del Tesoro trentennali scende, con l’effetto di imporre una tassa d’inflazione [http://en.wikipedia.org/wiki/Inflation_tax ] su di tutti i titolari di moneta legale. Questa tassa d’inflazione porta ad un trasferimento di benessere tra ignari possessori di dollari e obbligazionisti che vedono il valore reale dei pacchetti scendere, mentre i debitori e gli azionisti vedono il peso del loro debito venire ridotto dall’inflazione e salire il valore della maggioranza delle azioni nel mercato.
In secondo luogo, può accadere il contrario se l’economia è affamata di liquidità: la curva di rendita si inverte con tassi d’interesse a breve scadenza, in salita in confronto ai tassi d’interesse a lungo termine. Generalmente ne conseguono il crollo del mercato azionistico e una recessione economica.
– Questo è più o meno ciò che la Fed ha fatto nei suoi quasi 100 anni di esistenza, mantenendo i tassi d’interesse a breve termine troppo bassi per troppo a lungo, creando insostenibili bolle speculative, e poi applicando i freni monetari per eliminare le previsioni d’inflazione che ha creato da sé. A volte, la Fed ha mantenuto la stabilità dei prezzi ed il valore del dollaro americano; ma altre volte, ha volontariamente agito per distruggere il potere di acquisto del dollaro, stampandone troppo.
Come principio generale, se le aspettative d’inflazione crescono più velocemente dei tassi d’interesse nominali a lungo termine, i tassi d’interesse reali, cioè il costo reale del capitale per gli investitori ed i compratori di immobili, dovrebbero diminuire e, si spera, stimolare l’attività economica e l’occupazione.
Sfortunatamente per la Fed, l’annuncio fatto il 3 novembre si è tradotto in un’importante perdita di fiducia nella sua abilità di escogitare e perseguire una politica monetaria appropriata, ed è stata immediatamente screditata dalle altre banche centrali e dal più grande creditore dell’America, la Cina, come uno sfacciato tentativo di creare ed esportare inflazione. Il prezzo delle obbligazioni ha iniziato immediatamente a crollare e quello delle rendite delle obbligazioni a crescere. Sembra che gli obbligazionisti abbiano iniziato a vendere i buoni del Tesoro a lunga scadenza ad a ritmo più veloce di quanto la Fed potesse comprare.
Il presidente Ben Benanke ed il suo consiglio d’amministrazione sembrano aver dimenticato che gli U,.S.A. ora sono una nazione debitrice [ http://www.investopedia.com/terms/d/debtor_nation.asp ], non una creditrice. Una nazione creditrice potrebbe cavarsela con un’esplicita politica di creazione d’inflazione – ma non una nazione debitrice. Soltanto nel 2010, gli U.S.A. hanno registrato mezzo trilione di dollari di deficit negli scambi con il resto del mondo. Questo dev’essere finanziato, ed è fatto con i prestiti stranieri. Per estensione, i creditori stranieri decidono il risultato finale della politica monetaria americana.
La rendita decennale del Tesoro [ http://www.treasury.gov/resource-center/data-chart-center/interest-rates/Pages/TextView.aspx?data=yieldYear&year=2010 ] che ha raggiunto il minimo del 2.40% nell’ottobre 2010, era al 2.63% il giorno prima dell’annuncio della Fed del 2 novembre 2010. Alla fine, venerdì 11 febbraio ha chiuso al 3.64%, dopo aver raggiunto un picco del 3.75% l’8 febbraio. Lo stesso vale per la rendita trentennale del Tesoro che ha raggiunto il picco del 4.76% l’8 febbraio, avvicinandosi così alla pericolosa soglia del 4.90%. Quest’ultimo era al 3.93% il 2 novembre 2010.
Ovviamente, la politica monetaria ultra liberale della Fed è stata controproducente. L’intenzionale politica di stampare soldi in eccesso rispetto alle richieste dell’economia è risultata in un aumento dei tassi d’interesse a lungo termine, non nel loro abbassamento. Infatti, con i tassi nominali a lungo termine in salita mentre l’inflazione avrà bisogno di molti mesi per rialzarsi, l’effetto immediato dell’annuncio di novembre della Fed è stato l’aumento dei tassi d’interesse reali a lungo termine del Tesoro, non il loro abbassamento. Le rate dei mutui si sono alzate minacciando di posticipare il tanto atteso recupero del mercato immobiliare.
– E’ di certo possibile che si stia entrando in un periodo in cui il già osservato rialzo dei tassi d’interesse reali può far deragliare il rialzo del mercato azionario che prosegue dagli inizi di marzo 2009. In seguito comunque, ci si può aspettare un rallentamento dell’economia, che insieme alle riduzioni fiscali, faccia ribassare i tassi a lungo termine. Queste montagne russe non sono vantaggiose per i tassi d’interesse.
L’attuale consiglio d’amministrazione della Fed sembra credere che questa sia più di una banca centrale, che sia una sorta di governo interno che può allo stesso tempo controllare le condizioni monetarie e risolvere i problemi strutturali nell’economia reale, senza rispetto per ciò che pensa il resto del mondo. Questo sembra essere meno realistico. Forse una dose d’umiltà sarebbe salutare questa volta, prima che vengano fatti danni irreparabili.
(Traduzione di Valentina Bonvini)
* Rodrigue Tremblay è professore emerito di Economia all’Università di Montreal.
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